Home > Famiglia e Bambini > Coppie > Assegno di mantenimento in caso di divorzio in una famiglia espatriata
cittadinanza italiana

Con questa rubrica intendiamo fornire un orientamento su temi che toccano aspetti di interesse legale per le famiglie espatriate. Se avete un dubbio o un quesito, non esitate a scriverci. Ogni richiesta verrà trattata nel massimo rispetto della privacy ed inoltrata a uno studio legale di nostra fiducia, che elaborerà una risposta al vostro quesito.

Il team di Expatclic

 

Il quesito di questo mese:

 

Sono italiana e anni fa ho lasciato il mio lavoro in Italia per seguire mio marito per il mondo. Abbiamo cambiato quattro paesi per il suo lavoro, e ho sempre svolto impeccabilmente il mio incarico di moglie di rappresentanza, e costituito una presenza fissa e amorosa per i nostri due figli, adesso di 13 e 15 anni. Di punto in bianco, verso lo scadere dell’ultimo contratto, mio marito mi annuncia che si è innamorato di una ragazza del posto, e ha deciso di trattenersi lì, con un contratto di lavoro locale. Mi rispedisce al mittente con i due figli, impegnandosi naturalmente a provvedere a loro. E io? Mi sembrerebbe giusto avere qualche risarcimento che vada al di là della semplice pensione (probabilmente da fame) che viene attribuita in questi casi. Insomma, un divorzio quando si è espatriati ha delle caratteristiche diverse che uno che si fa quando la famiglia ha sempre vissuto in Italia. Io ho rinunciato a tutto per garantire a lui continuità nel lavoro. Chi mi riprende a lavorare in Italia ora, dopo quasi vent’anni di inattività vissuta all’estero? La mia questione dunque è semplicemente capire se in virtù del mio, chiamiamolo sacrificio, posso cercare un risarcimento soddisfacente. Non perchè io sia avida, ma perchè vorrei evitare, oltre al danno, anche la beffa”.

Lo studio legale risponde:

 

“Gentilissima Signora,

prima di rispondere al Suo quesito specifico, La informo che dovrà affrontare prima il procedimento di separazione e poi il divorzio da Suo marito.
In particolare, la separazione potrà essere consensuale nel caso in cui Lei e Suo marito riusciate a trovare un accordo prima di recarvi dal Giudice oppure la separazione sarà “giudiziale”.
La Legge 6 maggio 2015 n. 55 ha introdotto il c.d. “divorzio breve”, consentendo ai coniugi di pervenire allo scioglimento definitivo del vincolo matrimoniale entro un anno in caso di separazione giudiziale oppure, addirittura, entro sei mesi in caso di separazione consensuale.

Ciò premesso, per quanto riguarda il Suo quesito relativo all’assegno di mantenimento in caso di scioglimento del matrimonio, e dell’eventuale Suo diritto ad un “risarcimento” dobbiamo distinguere le due fasi della separazione e del divorzio.

SEPARAZIONE

Per quanto riguarda la separazione, in linea di principio in Italia sono pochissime, ma esistono sentenze che permettono alla moglie di avere una sorta di “risarcimento” per aver rinunciato alla propria carriera, favorendo con il proprio “sacrificio” alla crescita professionale del marito, seguendolo in giro per il mondo ed occupandosi dei figli.
L’assegno di mantenimento in sede di separazione viene quindi stabilito a favore della moglie prendendo in considerazione tutta una serie di fattori, quali i rispettivi redditi dei coniugi (se esistenti), cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui ciascun coniuge possa disporre, il tenore di vita goduto dai coniugi durante la vita matrimoniale, e il fatto che la moglie abbia appunto di comune accordo con il marito rinunciato alla propria carriera per il bene della famiglia.
L’assegno di mantenimento in linea di principio tenderà a far sì che la moglie possa conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, comprendendo quindi, se il Giudice lo riterrà opportuno, valutate le circostanze del caso concreto, una sorta di risarcimento per le occasioni lavorative perdute dalla moglie.

DIVORZIO

Per quanto riguarda il divorzio, invece, il quadro è diverso.
Fino a poco tempo fa, i criteri per la determinazione dell’assegno divorzile erano tesi al ripristino delle precedenti condizioni economiche godute in costanza di matrimonio a favore del coniuge più debole. Quindi, la funzione dell’assegno divorzile era di natura assistenziale/solidaristica e serviva ad evitare che, a causa del divorzio, si deteriorassero le condizioni del partner economicamente più debole. La moglie che non aveva mai lavorato durante il matrimonio per seguire il marito e per accudire i figli, rinunciando dunque alla possibilità di guadagnare un reddito proprio, ma fornendo comunque a tempo pieno un proprio contributo personale alla famiglia, aveva fino a pochi mesi fa il diritto di percepire dall’ex marito un assegno adeguato per mantenere (come abbiamo visto per la separazione) lo stesso tenore di vita goduto durante la vita matrimoniale.
In questo caso, l’assegno veniva quantificato tenendo in considerazione vari fattori, oltre al contributo personale ed economico di ciascun coniuge alla conduzione della vita familiare e patrimoniale, quali le condizioni dei coniugi, le ragioni del divorzio e la durata del matrimonio.

Bene, il quadro sopra descritto è stato però totalmente rivoluzionato da una sentenza storica, destinata a cambiare le sorti del diritto di famiglia in Italia, in particolare in tema di assegno divorzile di mantenimento :
la Prima sezione civile della Cassazione con la sentenza del 10.05.2017, n. 11504, ha infatti superato il precedente consolidato orientamento, che collegava la misura dell’assegno al parametro del tenore di vita matrimoniale, indicando come nuovo parametro di spettanza dell’assegno, avente natura assistenziale, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede, in base al principio di “autoresponsabilità”.

Ora, questo non vuol dire che l’assegno divorzile verrà d’ora in poi eliminato, ma senz’altro la sua funzione cambia radicalmente.
Non verrà più considerato come una “rendita a vita”, ma come un aiuto concreto verso l’indipendenza economica del coniuge più debole solo quando sia davvero necessario. Quindi, l’assegno non sarà più calcolato per far sì che la moglie possa godere dello stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, ma per far fronte alle sue reali necessità e quando questo sia davvero necessario.
Il nuovo parametro di riferimento fondamentale ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile si fonda pertanto sul giudizio di “adeguatezza-inadeguatezza” dei «mezzi» dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla “possibilità-impossibilità «per ragioni oggettive»” dello stesso di procurarseli.  Quindi, come ha affermato la Cassazione, bisognerà verificare l’ “indipendenza economica” del richiedente: se si accerta che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto all’assegno divorzile.

E’ chiaro che se Lei, per una vita, ha rinunciato alla carriera ed indipendenza economica per sostenere di comune accordo Suo marito, e riesce a dimostrare la difficoltà (o impossibilità) a reintrodursi nel mondo del lavoro dopo decenni, il Giudice non potrà non tenere in considerazione questi e altri fattori in merito alla possibilità e necessità di ottenere un adeguato assegno di divorzio per Lei. Molto difficilmente, invece, per tutto quanto sopra descritto, l’assegno divorzile potrà essere “maggiorato” per riconoscerle una sorta di risarcimento per la Sua rinuncia alla carriera.

Resto, qualora lo desiderasse, a Sua disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.

Cordiali saluti.

Avv. Silvia Bottino
Studio Legale Pogliani
Milano

 

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