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Claudiaexpat ci racconta, tra il serio e il faceto, come muoversi con i bus israeliani a Gerusalemme.

Quando arrivo in un nuovo paese una delle cose più importanti per me è il potermi muovere autonomamente quanto prima, poter andare dove mi aggrada e quando ne ho voglia e bisogno io, senza dover dipendere da un marito che non c’è mai o da amiche auto dotate. Senza contare che una macchina diventa in molti paesi un elemento indispensabile nel caso di incidenti domestici.

Finora ho sempre avuto la fortuna di vivere in paesi dove i taxi erano abbondanti, a portata di mano e soprattutto per niente cari. A Bissau, in Congo, in Honduras e a Lima non ho mai avuto problemi a spostarmi con questo sistema, che peraltro reputo interessantissimo perché dà la possibilità di chiacchierare con gli autisti (sempre che si parli la lingua del luogo), e attraverso di loro scoprire una miriade di cose sulla realtà del posto. Nell’attesa di trovare una macchina, o di ricevere la propria via container, i taxi possono essere il sistema ideale per avere da subito una certa indipendenza.

Arrivata a Gerusalemme ho dunque applicato il mio solito schema: ricerca immediata di un’auto e nel frattempo trovare un modo per muovermi autonomamente. I taxi ho dovuto subito scartarli, le tariffe sono infatti molto elevate, quasi quanto quelle europee, e la comunicazione con gli autisti è difficile. Pochi parlano inglese e quelli che lo fanno hanno in genere un livello che consente loro giusto di capire dove volete andare e di dirvi quanto costerà la corsa.

E già che ci sono vi dico come funziona la cosa qui: il tassametro non viene accesso automaticamente. In genere vi chiedono se lo volete, e sono obbligati ad attivarlo in caso lo richiediate. Vi consiglio di esigerlo solo se avete già una certa conoscenza dei percorsi della città, onde evitare, come mi è successo un paio di volte, che facciano il giro dell’oca per far salire la tariffa. Tassametro o no, è sempre meglio accordarsi prima che inizi la corsa perché in caso contrario le sorprese possono essere amare.

Per muovermi mentre ero sprovvista di macchina ho dovuto dunque ricorrere agli autobus, e per due mesi abbondanti tutti i giorni ho fatto avanti e indietro per andare a riprendere mio figlio a scuola. Ritengo dunque di aver accumulato sufficiente esperienza per comunicare alcune informazioni/impressioni rispetto ai viaggi in bus a Gerusalemme.

bus israelianiInnanzitutto bisogna sapere che qui ci sono due tipi di autobus, quelli israeliani, che coprono la parte ovest della città, e quelli comunemente chiamati “arabi”, che percorrono la zona est della città, parte dell’ovest ed escono anche dalla città, sono ad esempio questi che dovete prendere se volete andare a Betlemme o a Ramallah.

Gli autobus israeliani si chiamano “Egged” (https://www.egged.co.il/eng/), sono dei grandi bus verdi articolati, e costituiscono una vera esperienza di vita.

Innanzitutto, nel caso non conosciate qualcuno che vi orienta (e tenete presente che la maggior parte degli espatriati evita di usare questi bus per ragioni di sicurezza,) dovete capire i percorsi da voi. Non contate sui cartelli delle fermate, perché riportano esclusivamente il numero del bus, ma nessuna indicazione sul percorso. Sul sito web dei bus c’è la possibilità di leggere i percorsi dei vari numeri, dovete cliccare su “find a bus route”, scrivere Jerusalem nella casella “city”, e nella casella “Route” vi appariranno tutti i numeri dei bus in circolazione. Questo sistema non funziona il sabato perché durante lo Shabbath i bus non circolano. Selezionate un numero e vedrete tutte le fermate che fa.

Il problema è che all’inizio questi nomi astrusi non vi diranno proprio niente, ma vedrete che col passare dei giorni (e accumulando viaggi in bus) comincerete a memorizzare il nome di certi quartieri, di certi luoghi, e la nebbia andrà lentamente diradandosi.

Fino a quando non conoscete a sufficienza la città per poter distinguere i nomi dei luoghi, e quindi i percorsi dei bus, dovete chiedere intorno a voi. Io ho fatto uno studio abbastanza approfondito al riguardo, perché per la prima volta in vita mia ho avuto l’impressione che in generale la gente alle fermate avesse paura di me. O quantomeno non fosse particolarmente entusiasta del fatto che venisse a lei rivolta la parola. I signori (uomini) anziani o i giovani (di entrambi i sessi), possibilmente con un ipod o un telefonino, insomma, che manifestino un qualche interesse verso la comunicazione in generale, sono i più loquaci (sempre che parlino inglese, il che non è assolutamente detto). Per chiedere loro se state per prendere l’autobus giusto, o che numero di autobus dovete prendere per recarvi dove volete arrivare, dovete sempre fare in modo di conoscere qualche luogo molto noto – ad esempio un ospedale, una via molto conosciuta, un parco, etc. – nelle immediate vicinanze della vostra destinazione. In casi eccezionali i guidatori dei bus possono essere d’aiuto, sempre che non pretendiate di impiegarli in conversazioni che vanno al di là di “sì”, “no”, “destra”, “sinistra”, “va bene”, “non va bene”. Il resto è lasciato alla vostra fantasia e al vostro spirito.

bus israeliani

Già che ci sono, permettetemi di spendere qualche parola sugli autisti dei bus, perché dopo averne incontrato un discreto campionario posso garantirvi che meritano un’attenzione particolare. Sono infatti capaci di:

1. chiudere le porte facendole sbattere con violenza (non sapevo che si riuscisse a produrre tale evento con delle porte di bus, ma qui ho scoperto che si può) mentre c’è ancora una folla che tenta di salire, e viene colpita in pieno;
2. grugnire invece di rispondere, fosse anche con un buongiorno, grazie o prego;
3. ripartire a tutto gas quando la gente è appena salita sul bus, senza dar modo di afferrarsi ad alcunché – e, scherzi a parte, vi consiglio di fare il diavolo a quattro per attaccarvi a qualcosa, fosse anche il manico del carrellino della spesa della vostra vicina, altrimenti rischiate di rompervi un osso;
4. affrontare le curve a velocità da rally, provocando così uno spostamento umano di proporzioni incontrollabili;
5. aprire le porte alla fermata e richiuderle nella frazione di un secondo, e chi non era pronto a scendere affari suoi, va alla prossima fermata perché è molto raro che l’autista le riapra;
6. inchiodare, anche se il bus procede in coda alla velocità di tre chilometri orari, shakerando tutti i passeggeri in simultanea.

Una volta comunque che riuscite a salire sul bus, relativamente sicure circa il fatto che state andando nella giusta direzione e sapendo dove scendere, dovrete pagare il biglietto. Il biglietto si fa a bordo e si paga all’autista. E’ molto importante avere sempre con sé delle monete. L’autista è dotato di una pittoresca macchinetta che vi fornirà il biglietto e preparerà il resto da darvi (nel caso non abbiate l’importo giusto). Per calcolare l’importo dovete sapere dove scenderete. Basterà dirlo all’autista, e lui vi calcolerà la tariffa.

Il biglietto dura un’ora e mezza (l’ora di scadenza è riportata chiaramente) e potete utilizzarlo su più autobus, finché è valido. Una volta che avete imparato quanto vi costa andare da un punto all’altro, potete semplicemente mostrare all’autista le monete corrispondenti al vostro biglietto, o dirgli l’importo in inglese. Esistono anche delle tessere cumulative (credo per dieci viaggi) ma non so dirvi quanto costano, comunque si comprano, anche loro, a bordo, e a ogni viaggio le presentate all’autista, che le punzona.

bus israelianiEd eccoci finalmente a bordo, biglietto pagato. Il bus israeliano è un po’ come una casa, nel senso che la gente ci fa di tutto: parla (poco), prega (abbastanza), litiga (molto), legge, dorme, guarda fuori dal finestrino, controlla il contenuto della borsa della spesa, accudisce i bebè, parla al cellulare, e sicuramente molto altro che  devo ancora scoprire.

La cosa veramente simpatica è che i bus sono dotati di radio, che emette sopra alla testa dell’autista, e quindi i vostri viaggi saranno accompagnati dalle notizie (e beate voi se capite la lingua) o da qualche musichetta, generalmente allegra, in contrasto con l’umore quasi sempre glaciale degli autisti. I sedili sono comodi, foderati di velluto, e c’è anche un piccolo cestino della carta straccia, nel caso voleste approfittarne per svuotarvi le tasche.

E’ molto importante ricordarsi di prenotare la fermata, premendo l’apposito tasto rosso incastrato lungo il corrimano giallo. Se non lo fate non potete essere sicure che il bus si fermerà – se nessuno lo attende alla fermata, e se nessuno sul bus ha prenotato la discesa, tira dritto.

Da un paio di settimane ho finalmente una macchina mia, un tesoro prezioso, e ho dunque abbandonato gli autobus (che un po’, a dire il vero, a volte mi mancano). In compenso mi sto facendo una grande cultura sui parcheggi a Gerusalemme, e soprattutto sui comportamenti umani dentro al parcheggio – ma questo è un altro articolo, e mi riservo di scriverlo quando avrò parcheggiato ancora un po’ !

 

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Gerusalemme
Aprile 2010
Foto principale: Levi Meyer Clancy su Unsplash
Le altre ©ClaudiaLandini

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