Home > Oceania > Australia > Intervista ad Elisa, un espatrio “in grande”
famiglia numerosa

Finalmente mi siedo a bere un caffè con Elisa! Ci incontriamo sempre con piacere, ma ogni volta siamo di fretta, ogni volta l’occhio dà uno sguardo veloce all’orologio, le nostre “piccole imprese famigliari” ci tengono entrambe impegnate. Elisa è la prima persona che ho conosciuto quando due anni fa sono approdata a Perth. Ricordo ancora la sua primissima mail: in modo chiaro e sintetico, mi aveva saputo dare quelle quattro informazioni che sono riuscite subito a risolvermi un sacco di problemi e che, all’inizio di un nuovo espatrio, sono sempre una manna dal cielo! E ancora oggi, il nostro scambio di notizie sul mondo che ci circonda è quotidiano. L’espatrio di Elisa è del tutto particolare, per due motivi. Elisa ha infatti una famiglia numerosa: è la bellissima mamma di cinque bimbi, Francesco (12 anni), Andrea (9 anni), Chiara (7 anni), Matteo e Benedetta (4 anni). Una bella truppa, che le riempie le giornate di attività e cose da fare. Tra di loro, la piccola Benedetta, una dolcissima bambina dagli occhi turchesi ed i capelli rossi, è in particolare seguita passo passo da Elisa. Benedetta è nata con delle disabilità e quindi ha costantemente bisogno di attenzioni. Grazie Elisa per il tempo prezioso che hai dedicato a questa intervista!!!!

Intervista raccolta da Aleexpat
Perth
Maggio 2009

 

Da quanto tempo sei espatriata?

Da dodici anni ormai. Siamo partiti quando Francesco aveva otto mesi, nel 1997. Abbiamo vissuto per tre anni e mezzo ad Aberdeen, in Scozia, poi siamo tornati in Italia. Due anni a Ravenna e un anno a Salsomaggiore, il nostro paese d’origine. Da lì siamo ripartiti in seguito per l’Olanda, Den Haag, dove abbiamo vissuto per altri tre anni. Questo è il nostro terzo anno a Perth, in Australia.

Quali sono i problemi di una famiglia numerosa che si sposta così di frequente?

Sono i problemi di una famiglia normale, ma amplificati. Penso subito alla casa e alla scuola. Per me è importante trovare una casa che sia “casa”, non un posto transitorio in cui stare e, ovviamente, deve essere adatto alle esigenze di sette persone. Deve essere un luogo in cui mi sento a mio agio, tra le mie cose e che non mi comunichi un senso di provvisorietà. Questo per i bambini è importantissimo.

Come sei riuscita e riesci a gestire le esigenze di tutti i bimbi, vista anche la loro differenza d’età?

Il fatto di avere tanti figli non è semplice. Cerco di trattarli ognuno come dei “figli unici”, ma il tempo da dedicare a ciascuno va diviso. E negli spostamenti sono i più grandi a risentirne ed è dunque loro che cerco di seguire nella fase iniziale. Quello che provo a comunicare loro è la positività dell’espatrio, gli dico che conoscere un nuovo paese è sempre molto bello ed interessante, che papà deve cambiare sede di lavoro ed è dunque importante seguirlo e stare insieme. La partenza dall’Olanda per l’Australia è stata tanto traumatica soprattutto per i più grandi, Matteo e Benedetta erano ancora piccoli. Francesco ed Andrea ne hanno sofferto molto. Francesco ha pianto per tanto tempo. Nello stesso periodo, quando stavamo per lasciare Den Haag, anche alcuni loro amichetti del cuore si stavano trasferendo in altri paesi (Bulgaria, Canada, Italia, Nigeria) e questo ci ha permesso di spiegare ai bimbi che anche se fossero rimasti là questi amichetti se ne sarebbero andati. Abbiamo comunque cercato di confortarli, dicendo loro che avremmo mantenuto i contatti via mail. Cosa che stiamo facendo. La scuola è punto di riferimento importante per loro, conoscono subito nuove persone ed io nuove mamme a cui chiedere informazioni, avere notizie del nuovo posto… i piccoli seguono quello che fanno i grandi. Insomma cerco di rassicurarli.

Che cosa ti preoccupa di più di questa vita itinerante?

Il fatto di sentirmi “in prestito”, un po’ come se non appartenessi davvero a nessun posto. Mi trovo bene qui, ma quando mi succede di frequentare le mamme della scuola, beh, spesso mi sento un po’ a disagio. Tra loro ci sono gruppetti, amiche dall’infanzia, compagne di scuola…dopo la curiosità iniziale del chi sei, da dove vieni, poi loro ritornano alle loro confidenze, alle loro frasi in codice… ed io mi sento “aggregata”, non davvero parte del gruppo!

Lo so Elisa, è la stessa cosa che provo anche io…

… tanto che alla fine è più semplice fare amicizia con altre espatriate che con persone “locali”.

Il fatto di avere una famiglia numerosa ti ha favorito o limitato nell’inserimento nei nuovi paesi, è più facile fare amicizie quando si hanno più figli o il tempo da dedicare alla famiglia e alla casa non permette di fare altro?

Fare amicizie è più facile quando si hanno bambini, c’è spesso un’altra mamma al parco o a scuola con la quale parlare, un amichetto da invitare o che invita i bambini per giocare. Io ho sempre trovato delle amiche nelle mamme degli amichetti. Senza bambini non ho idea, ad essere sincere non mi sono mai trovata nella situazione… I bambini sono un buon tramite per le amicizie e le altre mamme un buon aiuto per conoscere l’ambiente…

Ritorniamo alla famiglia. Mi hai detto che in Italia ti viene spesso rivolta la domanda “Tutti vostri?”. Si sa, le famiglie numerose sono considerate come dei casi a parte, frutto di scelte dissennate. Come ti sei sentita vivendo all’estero?

Un po’ meglio! Le persone chiedono lo stesso, ma in modo più gentile e meno “acido”. In Italia mi è capitato di persone che mi fermavano anche sulle strisce pedonali per chiedere e far domande. Mi è stato anche detto “Non ti vergogni?”… ma di cosa mi dovrei vergognare? Devo dire che sono rimasta delusa anche dagli italiani incontrati qui. “Ma non avete la televisione?” mi è stato chiesto… ma insomma le persone riescono ad essere davvero offensive…ed anche la mia educazione nel rispondere ha raggiunto il limite. Qui famiglie numerose ce ne sono parecchie, e quindi nessuno si stupisce più di tanto. Solo una volta mi è capitato di ricevere un commento del tipo “e sì, sono le famiglie cattoliche ad avere sempre tanti figli!”… ma ho lasciato cadere la cosa…

Quindi, qual è il paese in cui come “famiglia numerosa” ti sei sentita più a tuo agio?

Ma direi sia qui sia in Olanda.

Con 5 figli e lontana dalla famiglia di origine, forse la mancanza d’aiuto si sente di più, oppure sei in grado di organizzarti da sola?

Sono in grado di organizzarmi da sola e preferisco fare da sola. Talvolta, quando c’è un’emergenza, un bimbo malato per esempio, ecco in quei casi, rimpiango la presenza di una nonna a disposizione. Qui mi arrangio con le amicizie, mi appoggio a loro , come a te, a Dee, a Gabriella.

Tuo marito ti aiuta con casa e figli o i ruoli sono ben distinti?

I ruoli sono ben distinti, sono io che mi occupo prevalentemente di casa e figli, ma mio marito è molto collaborativo. Il pranzo al sabato lo prepara sempre lui, se c’è bisogno di dare una pulita alla casa non ci sono problemi.

La nascita di Benedetta ha cambiato il tuo modo di vedere l’espatrio?

La nascita di Benedetta è stato un grande shock per tutti. Aspettavo due gemelli, i medici mi avevano detto che Benedetta era piccola, ma nulla aveva fatto pensare che Benedetta potesse nascere con dei problemi. Devo dire che l’approccio dei medici e delle infermiere è stato molto freddo. Non so se sia stato un problema di lingua. Eravamo in Olanda, abbiamo passato dei giorni terribili e quello che più mi ha lasciato l’amaro in bocca è che i medici fossero tutti concentrati a esaminare la bimba e a capire quanto rara fosse la sua anomalia, senza fornire alcun supporto psicologico ai genitori. Mi ci sono voluti mesi per accettare la cosa….E pensare che a casa i fratelli non vedono nulla di strano in Benedetta. Ma no, la sua nascita non l’ho vissuta come un ostacolo alla nostra vita da espatriati. L’espatrio è una grande opportunità per tutti, in special modo per gli altri quattro e con Benedetta ho trovato sempre medici validi che mi hanno saputo aiutare. Anche la lingua non sembra essere un problema. Benedetta non parla e va ad un asilo inglese, eppure si fa comunque capire e capisce.

A livello sociale hai notato se vi sono delle differenze di atteggiamento nei vari paesi che hai vissuto verso la disabilita’? Benedetta è ancora piccola e magari molta gente non si accorge di nulla….

No, a dire la verità ho sempre trovato molta comprensione. Quando Benedetta quest’anno ha iniziato il kindy (l’asilo australiano), molte mamme si sono chieste che cosa ci facesse lì una bimba così piccola che non sapeva camminare nè parlare. Anche gli altri bimbi se lo sono chiesti. Ma mi è molto piaciuto l’approccio della maestra che ha spiegato a tutti la situazione in questi termini: Dio ci ha fatto tutti diversi, magri, grassi, chi con i capelli neri e chi biondo, e Benedetta è così. La scorsa settimana ero dal dottore con Benedetta e Chiara. Una bimba della stessa età di Chiara guardava Benedetta e diceva: è tua sorella? Ma perchè non apre bene gli occhi? Chiara guardava Benedetta attentamente, ma per lei non c’era nulla di strano… e dopo un po’, scocciata dalle domande che le sembravano strane, ha preso Benedetta e si è spostata!

L’Australia è un paese di grandi opportunità a livello medico, soprattutto per quei bambini che rientrano nella categoria “special needs”. Eppure per rinnovare il visto temporaneo alla Benedetta ci hanno impiegato mesi ed hai dovuto fare visite e visite, portare incartamenti, esami… non ti pare che siano un po’ “razzisti” da queste parti?

E’ vero, abbiamo recentemente rinnovato il visto per altri due anni. Era arrivato a tutti tranne che a lei, perchè disabile. So che questo paese, per i bambini che necessitano di cure, è straordinario… ma credo che non vogliano sobbarcarsi spese extra di persone “malate” che desiderano entrare nel paese e dunque sono molto rigidi e attenti. Sì, puoi considerarli razzisti, ma io mi sono sempre detta “questa è casa loro, ed io mi devo adattare alle loro regole”…

Anche se queste possono sembrare un po’ inumane! E cosa ti attendi adesso, per il tuo futuro?

Di stare qui il più possibile. Espatrio sì, ma continuare a girare con questa frequenza mi sta pesando molto, soprattutto adesso che i bimbi stanno diventando grandi. E poi vorrei avere la possibilità anche io di avvicinarmi a tutte le opportunità offerte da questo paese ai bimbi disabili per poter offrire a Benedetta nuove chance.

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