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lingue straniere

Valeriex si è trovata a dover imparare una lingua straniera considerata difficile e molto lontana dalle nostre lingue latine ben due volte nella vita, con l’arabo e il giapponese. In questo interessante articolo, ci racconta la sua esperienza. Grazie Valérie!

Traduzione dal francese a cura di Claudiaexpat

La partenza verso un nuovo paese di residenza è spesso accompagnata da interrogativi relativi al problema della lingua locale, perchè la comunicazione è un dato importante della nostra vita quotidiana. Se si tratta di un paese anglofono, o la cui lingua ci è familiare (in ogni caso che ci sembra più facile da imparare), l’angoscia è meno forte perchè abbiamo l’impressione che saremo più facilmente autonome in questo universo diverso che dovremo imparare a conoscere. Ma cosa succede in un paese la cui lingua è molto lontana dalla nostra ?

Sono stata espatriata in Libano, Algeria e Marocco e vivo attualmente in Giappone. Con i miei genitori, in Libano e in Algeria, ho imparato l’arabo in maniera « naturale ». In Libano, scolarizzata al liceo franco-libanese durante gli anni della scuola materna, l’insegnamento era impartito per metà in francese e per metà in arabo. E anche al di fuori della scuola, la naturale frequentazione di un ambiente cosmopolita ha ovviamente rinforzato la pratica di queste due lingue. Poi in Algeria, l’apprendimento dell’arabo letterario è continuato a scuola, ma solo per qualche ora alla settimana, dato che andavo alla scuola francese.

Nel quotidiano la gente parla l’arabo dialettale, piuttosto diverso dall’arabo letterario, ma facile da praticare al mercato o con le persone per strada usando delle piccole frasi, qualche parola, anche senza parlare correttamente la lingua. Di ritorno in Francia per una decina d’anni, non ho purtroppo avuto l’occasione di continuare l’arabo letterario in classe perchè le opzioni dei miei vari licei non includevano questa lingua. L’ho dunque dimenticato, e non l’ho ripreso che al Centro Culturale Egiziano di Parigi durante i miei anni di studi superiori, rendendomi conto che mi era impossibile ritrovare la fluidità d’espressione, ma comunque con una certa facilità per la riproduzione di suoni inesistenti nella lingua francese e un certo dominio del tratto nella scrittura.

Qualche anno dopo, espatriata a mia volta in Marocco, ho inizialmente ripreso dei corsi d’arabo letterario, poi sono passata all’arabo dialettale perchè volevo privilegiare l’espressione orale per poter comunicare nel quotidiano. Questi corsi mi hanno sicuramente aiutata a ritrovare delle parole, a poter ricominciare a leggere, a comporre delle piccole frasi, ma dato che c’era sempre qualcuno che parlava francese da qualche parte, non ho fatto dei veri e propri progressi nella lingua. Detto ciò, qualche parola in arabo quando siete al mercato o quando discutete il prezzo negli acquisti è sempre ben accolta e stimola un modo simpatico di socializzare, dato che i marocchini sono persone molto accoglienti e sempre pronte al dialogo. Non ho però mai avuto l’occasione di utilizzare questa lingua direttamente nel mio ambiente professionale, dove la regola era sempre il francese o l’inglese, cosa che non mi ha spinta a consacrare più tempo alle lezioni d’arabo letterario.

D’altro canto alla fine dei miei anni di studio, ho trascorso due anni in una scuola di lingue a Tokyo, dove ho imparato a leggere e scrivere in giapponese. All’epoca la mia pratica orale è stata favorita dal fatto che non vivevo in un ambiente d’espatriati, e dovevo sbrigarmela da sola nella vita quotidiana, il che mi ha obbligato ad imparare e soprattutto a utilizzare il vocabolario, dato che potevo contare solo su me stessa per esprimermi.

Rispetto alle mie amiche cinesi o coreane, ammetto di aver messo molto più tempo a crearmi delle basi solide in questa lingua. Forse era dovuto al metodo d’insegnamento, che usava unicamente il giapponese, e nessuna traduzione in inglese. Ma col senno di poi mi rendo conto che questo metodo mi ha permesso di riflettere direttamente in giapponese senza passare per le traduzioni nella mia testa, e lo consiglierei oggi a chi ha un po’ di tempo  per impararlo.

Il giapponese è una lingua piuttosto facile da pronunciare per un francese, la difficoltà per me sta piuttosto nel comprendere i vari livelli di lingua (a seconda che parliate al vostro superiore gerarchico, al vostro amico, etc.) e nella costruzione della frase. Ripartita dal Giappone per lavorare in altri paesi, i miei contatti costanti con la comunità espatriata giapponese mi hanno permesso di mantenere e addirittura di sviluppare le mie capacità orali. Grazie a ciò, tornata a Tokyo da quattro anni, mi sono sentita a mio agio molto più rapidamente nella vita quotidiana.

In ufficio uso principalmente l’inglese, ma le riunioni settimanali sono in giapponese e le seguo senza problemi, anche se mi esprimo in inglese. Se no all’orale comunico nelle due lingue coi miei colleghi. Il fatto di parlare e comprendere il giapponese mi permette di non essere spiazzata da terzi in un universo competitivo. Detto questo, non mi considero una specialista della lingua giapponese, e so che non potrò mai scrivere un testo corretto in questa lingua, ma la mia prossima ambizione è di riuscire a leggere meglio i quotidiani giapponesi, perchè questo mi serve nel mio lavoro. Dopo tutto, ci si può perfezionare a qualsiasi età !!!

Quello che ricavo oggi dall’aver imparato queste due lingue abbastanza differenti è l’impressione di aver sviluppato, grazie ai segni scritti molto diversi dai nostri, le mie attitudini memotecniche : anche se per la lingua araba il sistema è abbastanza simile alle nostre lingue latine, con delle consonanti sulle quali si aggiungono dei punti o dei trattini per le vocali, bisogna imparare dei segni che cambiano a seconda che siano posizionati all’inizio, in mezzo o alla fine della parola. Per il giapponese, è semplicemente un modo completamente diverso di pensare, e bisogna memorizzare degli ideogrammi che non hanno niente in comune con l’alfabeto latino.

A me sembra che sia molto facile da bambini imparare qualsiasi lingua, dato che il cervello è come una spugna prima dei dieci anni. Ma le lingue si dimenticano anche altrettanto rapidamente se non vengono esercitate.

Quando si è adulti, e si ha veramente bisogno di usare una lingua nella vita quotidiana e professionale, si possono ancora fare dei progressi. Ma se l’inglese è di rigore, tutto il personale dell’ufficio lo parla e c’è magari anche un’assistente devota che ci aiuta nella vita quotidiana, abbandoniamo presto i nostri sforzi, anche perchè sappiamo che un giorno che ne andremo dal paese…..

Valériex
Tokyo, Giappone
Gennaio 2011

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