Home > Africa > Costa d'Avorio > L’evacuazione di Marine dalla Costa d’Avorio
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Marine da qualche anno vive in Costa d’Avorio, in una situazione politica che tutti conosciamo. Questo articolo, nel quale ci racconta delle sue più recenti vicissitudini, è una bella fonte di coraggio e determinazione.

Traduzione dal francese a cura di Silviaexpat

Salve! Mi presento: sono Marine e ho 26 anni. Ecco la storia della mia evacuazione.

La prima volta che ho messo piede in Costa d’Avorio è stato nell’agosto 2001. Avevo appena conosciuto il mio compagno in Francia quando, dopo due mesi di perfetto amore, mi ha annunciato che doveva trasferirsi per lavoro in Costa d’Avorio. Io sono rimasta sorpresa e intristita dalla notizia perché, nonostante fossimo insieme da poco, sentivamo di essere comunque innamorati.

Alla fine, lui partì a giugno e io lo raggiunsi ad agosto per tre settimane di vacanze. Non essendo mai stata prima in Africa nera, la sensazione di spaesamento fu enorme. Ad ogni modo mi piacque molto, malgrado all’epoca le condizioni di sicurezza fossero già abbastanza difficili (furti, rapine, ecc …)

Una volta rientrata a Parigi, mi sono licenziata e ho avvertito il proprietario che avrei lasciato l’appartamento in cui abitavo. Tutti allora hanno cercato di dissuadermi, perché come si può lasciare il proprio paese per un uomo che si conosce solo da qualche mese e per andare a vivere in Africa nera!! La gente rimaneva scioccata all’idea!!! Ma io all’epoca avevo 22 anni e dunque niente mi scoraggiava, anzi. Inoltre avevo sempre sognato d’incontrare un uomo che mi portasse con sé in capo al mondo.

Dopo 2 mesi – il tempo di dare il preavviso – tornai in Costa d’Avorio e questa volta per viverci.
Mio marito gestisce una compagnia di viti e bulloni per conto di suo cugino. Io, a Parigi, lavoravo come responsabile di una piccola boutique di biancheria intima femminile. Di lì a poco suo cugino mi ha proposto di occuparmi del settore vendite per loro. Così, dopo aver venduto per anni capi di intimo fine ed elegante, eccomi ad Abidjan ad andare in giro con l’autista a vendere bulloni e martelli alla grosse ditte del posto.
Tutto ciò mi ha permesso di scoprire abbastanza in fretta usi e costumi degli Ivoriani!!!! Ho fatto questo per più di due anni, ma poi, a causa della crisi del 2002, gli affari hanno iniziato ad andare sempre peggio !! E così ho avuto diritto al licenziamento economico.

Dopo di ciò con mio marito abbiamo deciso di creare una piccola società. Ci facevamo fabbricare delle borse di paglia che dovevano poi essere vendute in Francia. Avevo davvero voglia di aiutare quegli artigiani e pensavo che a lungo termine il tutto sarebbe diventato un’attività legata al commercio equo. Avevo trascorso due mesi nel sud della Francia per trovare dei negozi interessati già per la stagione seguente. In generale queste borse piacevano perché erano simpatiche, originali e per niente care!! Eravamo finalmente pronti ad inviare un primo carico, quando il nostro rifornitore di paglia (nostra materia prima) ci ha piantati in asso trasferendo le sue macchine all’estero. La cosa mi scoraggiò moltissimo perché era ormai più di un anno che mi battevo perché questo progetto si realizzasse e ora i miei artigiani si ritrovavano senza lavoro e io senza più possibilità di porre in essere il progetto stesso.

Dopo questa avventura sono rimasta senza lavoro per qualche mese fino a che, nell’ottobre 2004, ho trovato un posto che mi avrebbe fatto entrare a lavorare presso la Samsung nelle migliori condizioni possibili.

Ma i fatti di novembre hanno ancora una volta mandato all’aria i progetti allora in corso …

Il rimpatrio

Il 6 novembre siamo a casa quando sentiamo su Radio France International – RFI – che é stata bombardata la base militare francese e che ci sono stati 9 morti. Qualche ora dopo, l’aviazione francese distrugge degli aerei di Laurent Gbagbo.

A quel punto, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti : “qui va tutto per aria!!!”

Qualche ora dopo abbiamo ricevuto un colpo di telefono dalla responsabile UFE, molto preoccupata e che ci dice di non uscire di casa, anche se questo l’avevamo già capito da soli, visto che già da 2 anni le manifestazioni contro la Francia si erano fatte sempre più violente. Dunque ci siamo barricati in casa con come sola fonte di notizie la stessa RFI e le telefonate con gli altri espatriati. E’ un momento di grande angoscia, perché per due giorni viviamo in un’atmosfera di paura e di insicurezza con una colonna sonora fatta di canti di manifestanti furiosi e di kalashnikov e di bombe assordanti dell’esercito francese.
Non accendiamo il climatizzatore per poter sentire meglio quello che succede di fuori e di sera utilizziamo solo della candele, per paura che ci scoprano. Ci sono più di 28 gradi. Abbiamo messo il materasso vicino alla finestra ma non riusciamo a prendere sonno dopo che RFI ha dato la notizia di patrioti che attaccano appartamenti privati e che danno fuoco ai negozi. In seguito si parla di stupri!! E infine la radio c’informa che migliaia di giovani stanno arrivando da tutte le parti del paese per venire in aiuto ai patrioti. Un’angoscia terribile !!

Credo di aver dormito tutta vestita per quasi una settimana per paura che cento o duecento persone arrivassero a casa e mi violentassero.

Abbiamo anche montato la scala ed eravamo pronti a salire sul tetto nel caso arrivassero.

Infine, dopo tre giorni di totale isolamento, decidiamo di essere evacuati, dapprima verso la sede dell’ONU. Una macchina ci viene a prendere di notte e ci porta via. Io mi copro la testa con un foulard per non farmi riconoscere dalla gente del quartiere e perché non sappiano che abbiamo lasciato la casa.

Quella notte che scopro cosa ne é di Abidjan, a pezzi, messa a fuoco e capisco allora la violenza di quei 2 giorni. E’ tutto distrutto. !!!

Infine arriviamo alla sede dell’ONU dove regna un’anarchia totale dal momento che nessuno si aspettava quanto era successo. Sono tutti come smarriti e le testimonianze sono impressionanti. Una donna mi dice: “Siete arrivati solo ora ?”

Non ci sono letti né abbastanza cibo e vediamo delle persone anziane e dei bambini dormire sul prato o sul pavimento di mattonelle. Dormiamo da 2 notti per terra ma almeno con la sensazione di essere un po’ più al sicuro.
In quei giorni ci sono molti furti all’ONU perché anche in casi come questi c’é sempre qualcuno senza scrupoli che ne approfitta.

Poiché la zona in cui abitiamo é ora protetta dall’esercito francese, dispiegato ovunque, abbiamo deciso di tornare a casa.
Ogni giorno qualcuno tra i nostri conoscenti e amici si fa rimpatriare sicché presto ci ritroviamo soli .

Quando il 14 ci annunciano che l’indomani ci sarà l’ultimo volo di rimpatriodecidiamo finalmente di prenderlo, perché dopo aver parlato con alcuni Ivoriani ci rendiamo conto di che bel lavoro abbia fatto la televisione legata alle forze governative in quanto a propaganda e manipolazione, e in più le nostre famiglie in Francia sono davvero angosciate ! Un amico ivoriano ci porta al mattino presto presso la sede del 43esimo Bima. Sara’ una giornata molto lunga e una stessa domanda incessante : partire o no ?

Quando alle 18h00 sentiamo chiamare i nostri nomi per accedere all’autobus che ci porterà all’aeroporto mi si serra il cuore.
Abbiamo avuto anche molta fortuna perché non hanno asssalito né la nostra casa, né la sede della società e questo grazie ai giovani del nostro quartiere e alle nostre misure di sicurezza.

Finalmente atterriamo a Roissy, con i suoi 5 gradi mentre alcuni fra noi hanno ancora pantaloni corti e infradito. Ci lasciano prendere le coperte dell’Air France mentre la Croce Rossa già ci attende sullo scalone con delle coperte più calde.
Siamo tra i primi a uscire e rimaniamo sorpresi nel vedere l’organizzazione per il nostro arrivo.
La cosa mi ha emozionato, certo, ma é stato allora che mi sono resa conto che eravamo dei rifugiati !!!!

Avevamo solo valuta CFA e non sapevamo dove andare a dormire perché non avevo potuto chiamare la mia migliore amica prima di salire in aereo. Erano le 2h00 del mattino.

Ma con mia grande sorpresa lei era lì, lei che doveva venire a trovarmi in Costa d’Avorio il 20 novembre.
Aveva chiamato il numero d’emergenza che l’aveva dunque informata sull’ora del nostro arrivo. Gettandomi tra le sue braccia sono scoppiata a piangere per la prima volta, credo per esorcizzare lo stress di quegli ultimi giorni !!

Tornare, d’accordo, ma dopo ?

Dopo aver fatto il giro di tutti gli amici e parenti Yann ha deciso di rientrare a Abidjan, perché passati 15 giorni il suo capo avrebbe pensato che si volesse licenziare .

Insomma, ecco un riassunto della mia storia. Io stessa sono rientrata da tre settimane perché non riesco più a vivere in Francia. Da una parte mi sento molto cambiata rispetto alle persone di qui e dall’altra non potrei e non voglio vivere lontano dal mio compagno. Mi dico che non avendo figli se vado incontro a dei rischi, almeno questo non riguarda che me !!
_ Certo la vita non é più la stessa, non ho ancora trovato lavoro e tutti i miei amici, anche gli ivoriani, sono andati via.

Come dicono qui, non si sa più chi siamo. A causa della povertà crescente ci sono molte rapine e milizie armate pattugliano tutti i quartieri di Abidjan. Ho ancora paura che riprendano le violenze contro la Francia e i francesi ma sono già 4 mesi che tutto é calmo.

Mi piacerebbe che il mio compagno trovasse un lavoro simpatico in un altro paese africano francofono dato che è diplomato (DESS), io poi qualcosa da fare la troverei.

Al momento non abbiamo nulla di concreto, quindi abbiamo deciso di restare qui e di vedere come evolvono le cose.

Spero che il 2005 riporti la pace

Marine
Abidjan, Costa d’Avorio
Febbraio 2005

Già che sei qui ...

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