Home > Sudamerica > Guatemala > Un incendio – una finestra su San Juan La Laguna

Marinella è italiana e vive a San Juan de la Laguna, Guatemala. Oggi apre la sua finestra e ci parla di un incendio che si è verificato nel suo luogo di accoglienza.

 

Ieri è bruciata la casa dei vicini, tre case dopo la nostra, così, seccamente, inaspettatamente come lo scrivo. Tornavo a casa, di corsa ma serena, coi bambini, un cielo meravigliosamente azzurro, Giulio che contava le cacche di cane per la strada, ed io al telefono a preparare le ultime cose per la vendita del pomeriggio. Giriamo l’angolo per entrare nella colonia in cui viviamo, e lo scenario cambia immediatamente. Prima fumo nero, poi fiamme alte quattro metri avvolgevano la casa dei vicini; i bambini mi si sono aggrappati alla gonna, e, mentre le priorità della giornata si ribaltavano nella mia testa come una clessidra, intorno a noi decine di persone a correre in tutte le direzioni, ed un vento incredibile, che avvicinava sempre più le fiamme alle altre case.

Ho guardato Elia dritto negli occhi e gli ho detto di andare al centro facendo attenzione a suo fratello. Lui mi ha risposto “sì però tu bada a te“, con una faccia da adulto che mi ha impressionata, prima di sparire con Giulio per mano. E sono rimasta io, in mezzo alla gente subito impaurita, frastornata, ed un secondo dopo eroicamente determinata a spegnere l’incendio. “L’organizzazione e la tenacia dei poveri” pensavo, mentre guardavo formarsi la catena di uomini che tiravano acqua e terra; ancora una volta non c’era spazio per la disperazione, l’azione solidale era l’unica via di scampo.

Un’ora dopo era tutto finito, nessun morto, nessun ferito, e la campanellina del gelataio a celebrare il ritorno della calma ed offrire un po’ di dolcezza dopo tanta paura.

marinellaCome sempre io guardavo, ed ascoltavo, senza pensare troppo, chè tutto quello che ho creduto fosse vero e giusto in 38 anni di vita nel mondo ricco, qui viene scardinato granello a granello. Sentivo profondamente il senso del bello, la capacità e la volontà di cercarlo, la grazia, la gioia, la semplicità anche e soprattutto nei momenti più drammatici; forza e capacità di lottare per la vita, non contro la morte. Ecco, questo quello che mi si è incorniciato nel cuore in questo giorno tanto speciale.

Al pomeriggio poi, a vendere, come scrivevo sopra, a San Marcos, nell’hotel di un’amica che ci sta aiutando molto. E devo dire che in generale le cose stanno andando molto molto positivamente. Partecipiamo ad almeno una fiera a settimana, con un coinvolgimento sempre più consistente dei ragazzi anche nella vendita, tanto del pane come dell’artigianato. Piano piano sempre più realtà ci conoscono, e chi entra nel taller ne esce innamorato.

Questo ci aiuta a mettere a fuoco la parte positiva del lavoro che stiamo facendo, che il quotidiano a volte, trabocca di complessità. Disabilità e povertà estrema sono un binomio spesso esplosivo, e non ho vergogna ad ammettere che ci sono sere in cui Marco ed io ci chiediamo se ce la possiamo fare.

Ho viaggiato molto nell’ultimo mese; una organizzazione svedese ha finanziato un progetto di microcredito a madri di bimbi con disabilità che vivano in condizioni di povertà, inviando per le interviste preliminari due volontarie dalla sede centrale. Le due povere, ventenni, armate delle migliori intenzioni, non erano però assolutamente in grado di destreggiarsi nel caos di questo paese dai mille colori, così mi è stato chiesto di accompagnarle. Scarponi ai piedi, e su e giù per le montagne, a scoprire angoli di povertà che mai avrei immaginato: famiglie di 8, 10 persone che sopravvivono con 2 euro al giorno, guadagnati con 12 ore di lavoro, la totale ignoranza sui metodi di pianificazione famigliare, case di cartone e lamiera, assenza di acqua; e nessuna traccia di rabbia, di rivendicazione, solo la timida speranza di essere selezionati dal programma. Angoli di mondo dimenticati, di cui nessuno sa, di cui nessuno parla, le cui immagini scorrono nella testa, alla sera, mentre leggo le notizie sulla “crisi economica”; non voglio essere facilona, men che meno irrispettosa e giammai retorica; ciò che però sostengo con forza è l’urgenza etica di non voltare la testa, non ignorare, perchè il contrasto tra i vissuti di chi sta nella parte più ricca del mondo  e di chi sopravvive a stento è lo spazio nel quale credo si nasconda la chiave di svolta della folle epoca che stiamo attraversando.

Marinella lavora in Guatemala per uno splendido progetto per l’inclusione lavorativa e sociale di giovani diversamente abili. Potete visitarlo qui: https://www.almadecolores.org/

 

Questo articolo è parte di un progetto che chiamiamo “Una finestra su…”. Scriviamo articoli brevi su un aspetto molto specifico del nostro paese d’accoglienza. Come se aprissimo la finestra di casa nostra e vi raccontassimo quello che vediamo. Saremmo felicissime di pubblicare anche quello che vedete voi. Scriveteci!

 

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