Home > Famiglia e Bambini > Coppie > Coppie senza frontiera: l’esperienza di Mercedes
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Mercedes, una carissima amica di Expatclic, è spagnola, sposata ad un italiano, e vive da tanti anni a Milano. In questo articolo riflette sulla sua coppia mista e ci racconta come si sente. Grazie Merche !!!

Mi presento: mi chiamo Merche Mas, sono madrilegna, e sono sposata da quasi 20 anni con Guido, italiano di Milano. La nostra esperienza non è troppo significativa di quello che è un vero matrimonio misto, in quanto entrambi condividiamo alcune cose fondamentali: una cultura simile, una lingua latina, uno status sociale, economico e culturale simile, un credo religioso comune, una concezione. Anche se non sembra, questi elementi fan sì che l’incontro tra due stranieri sia meno traumatico. E dico traumatico perchè, dopo aver idealizzato in un primo momento l’incontro interculturale in se stesso e nella sua totalità, credo di essermi resa conto (per quanto ho visto in alcune coppie miste) del fatto che ciò che può sicuramente costituire una ricchezza, un’occasione meravigliosa e blablabla, può anche diventare un lutto, un conflitto di interessi, quando non un vero scontro religioso o ideologico.

IL RICATTO AFFETTIVO DELL’EMIGRAZIONE

La psicanalista con la quale ho lavorato alcuni anni mi diceva, e io l’ho capito tardi, che dietro a tutte le coppie nate dall’emigrazione di uno dei due, esiste una specie di ricatto affettivo. Come se chi ha lasciato “tutto” per seguire l’altro avesse un grande potere sul secondo e come se questo non fosse mai completamente sicuro di quanto definitiva possa essere l’opzione del primo. Credo che durante i miei primi anni di vita in Italia mio marito si sia spesso chiesto “quanto avrei resistito” in Italia, forse perchè lui stesso non si immaginava lontano dalle sue origini. Credo che si tranquillizzò completamente solo quando mi candidai alle elezioni municipali del nostro paese: se decide di essere consigliera, la cosa va per le lunghe… (deve aver pensato).

SCEGLIERE DOVE VIVERE

A volte mi chiedono cosa ci ha spinto a decidere di vivere in Italia e non in Spagna (cosa che ha costato una depressione a mia madre, fondatrice di A.M.C.F.I.: “Associazione di Madri Colpite da Fidanzati Italiani”, della quale solo lei è membro, presidente e tesoriera). La decisione è stata più facile di quanto pensassimo, da una parte perchè io potevo chiedere un’aspettativa nel mio lavoro di maestra e Guido non poteva assentarsi dalla facoltà di telecomunicazioni dove stava ancora facendo un dottorato. Quindi da un lato si trattava di una decisione temporanea, che si poteva riconsiderare. La definitiva però arrivò quando ci rendemmo conto che per i nostri caratteri, se avessimo vissuto nel “mio contesto”, mi sarei mangiato Guido con contorno e lui avrebbe dovuto arrancare dietro di me per tutta la vita, cosa inaccettabile per l’equilibrio di tutte le coppie. Al contrario, lo sforzo di adattarmi al “suo contesto” mi ha fatto rallentare il ritmo (un pochino…), mentre lui si muove al suo ritmo nell’ambiente che conosce e domina. Questa scelta, dal punto di vista dell’equilibrio della coppia, si è rivelata azzeccata. Anche se ha implicato un costo enorme dal punto di vista della relazione con la famiglia “abbandonata”.

CONFLITTO DI LEALTA’

Uno degli aspetti che più mi pesano nell’aver deciso di sposarmi con uno straniero è il fatto di essermi allontanata (tanto) dalla mia famiglia di origine, oltretutto essendo l’unica figlia femmina con tre fratelli. La paura di mia madre era: gli uomini non coltivano i legami famigliari, non invitano, non riuniscono la famiglia, non scrivono, non chiamano… quindi senza la figlia femmina la famiglia con il tempo si disfa. So che per mia madre il mio allontanamento ha significato un lutto enorme, che le è costato (e ci è costato) una lunga depressione. Tanto è il peso di questa distanza che quando qualcuno mi dice: “sai che ho un fidanzato?”, il mio riflesso è di vomitare invece che rallegrarmi per lei. Poi vedo tutto quello che succede dopo il matrimonio e in particolare nelle coppie miste: il copione delle vacanze (noi, ad esempio, per pagare il debito della lontananza trascorriamo quasi un mese intero con i miei genitori), quello dei Natali, la difficoltà di aiutarsi mutuamente in caso di bisogno, di seguire la vita dei nipotini, dei nonni, degli zii e dei nipoti… E questo pur essendo solo a 2.000 chilometri e vedendosi a Natale e in estate. E questo pur esistendo la posta elettronica, il telefono e tutto il resto. Non voglio pensare a cosa succede alle coppie nei quali uno è latinoamericano e l’altro europeo o tailandese, o filippino… La sofferenza che c’è dietro a oguna delle parti, quando già non c’è più molto romanticismo nella coppia, è enorme. Di fatto io noto che quando torno in Italia, pur essendo passati 20 anni, ho bisogno di un paio di giorni per tagliare il cordone ombelicale. Mi sento confusa, triste… a volte piango senza ragione. Fino a quando la nostra casa, la nostra famiglia, i nostri progetti mi strappano a forza la tristezza e mi fanno nuovamente innamorare della vita che ho scelto.

I nostri conflitti di lealtà non sono forti, però ho visto coppie amiche nelle quali il Natale era l’occasione per affermare la di lei identità (musulmana), esigendo al suo partner che se ne andassero dal paesino per evitare che i figli fossero sommersi nella cultura ebreo cristiana. Un’altra coppia mista del mio quartiere, invece, lei cattolica e lui musulmano, afferma di non aver problemi perchè, come dice lui, “io non sono molto praticante”.

IL BILINGUISMO

Tra gli aspetti della mia identità che io ho reclamato con maggiore forza c’è quello della lingua. Già prima di aver la nostra prima figlia ci informammo e decidemmo di parlare lo spagnolo in casa, dato che l’italiano l’avrebbe imparato nell’ambiente circostante. Adesso Irene è perfettamente bilingue e addirittura dà lezioni di spagnolo per tirar sù due soldi. Rosy parla molto bene entrambe le lingue, però essendo stata adottata a 6 anni, la sua storia linguistica è diversa. Il merito di tutto questo, oltre che alla mia testardaggine, va a Guido, che ha accettato di parlare spagnolo in casa. Questa è la variabile fondamentale per la quale i figli di altre coppie miste del quartiere non sono bilingue: il fatto che uno dei due parla la lingua straniera. Riconosco di irritarmi molto quando scopro un tale spreco di opportunità, e continuo a rimproverare il padre/madre in questione dicendo loro: ma se i tuoi figli non imparano la lingua, non possono parlare con i nonni, con i cugini e con gli zii! Non possono chiamarli al telefono o neanche scriver loro! Loro sembrano rassegnati… e io mi rattristo molto pensando al dolore dei nonni che non riescono a capire nè a comunicare con i propri nipotini.

LA NAZIONALITA

Tra Italia e Spagna non c’è un accordo per cui io possa conservare entrambe le nazionalità, quindi devo decidermi per una delle due. Per fortuna con l’Unione Europea la mia situazione con l’una o l’altra non cambia di molto, a parte la possibilità di votare e candidarmi a elezioni generali, regionali e provinciali. Ho dunque scelto di tenermi la spagnola (che mi permette di votare e candidarmi alle elezioni municipali), perchè mi costerebbe moltissimo rinunciarci. Anche se so che è un’idea un po’ romantica….

Merche 
Milano, Italia 
Marzo 2009

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