Home > Africa > Sudan > Emma’s war, la biografia di una cooperante inglese in Sudan

Claudiaexpat ci parla di Emma’s war, l’ultimo libro letto nel book club di Expatclic

 

Avevo sentito parlare della storia di Emma McCune tanto tempo fa, ma in maniera molto generale. Sapevo sostanzialmente che si era innamorata di un “warlord” in Sudan e l’aveva sposato, scandalizzando l’opinione pubblica. La sua storia, Emma’s war, raccontata dalla giornalista statunitense Deborah Scroggins, è stata scelta come lettura del nostro book club virtuale. Immergendomi nel libro, ho innanzitutto scoperto che Emma era arrivata in Sudan per restarci (aveva fatto qualche breve viaggio anche prima, ma sempre per periodi brevi) proprio quando ci arrivavo io, nell’89. Questo mi ha permesso di inquadrare subito l’atmosfera e il contesto politico nel quale Emma si è trovata. A differenza di me, però, lei è andata a lavorare nel martoriato sud, e si è trovata direttamente a contatto con una situazione catastrofica. Stessa situazione che viene del resto descritta ampiamente dall’autrice, approdata in Sudan più o meno nello stesso periodo, per scrivere articoli per il giornale Atlanta.

emma's warLa prima cosa che mi ha colpito nella scelta di Deborah Scroggins è stata la minuziosità con la quale ha descritto la storia del Sudan prima, durante e dopo il passaggio di Emma. Per me che ci ho vissuto e lavorato, è stato molto interessante leggere alcuni passaggi che mi han rivelato cose che neanche immaginavo, ma per le co-lettrici del book club, il lungo racconto precedente all’entrata in scena di Emma è risultato un po’ pesante. A tratti ci si chiede se la biografia riguarda la cooperante britannica o il Sudan, tante e tanto dense sono le pagine che descrivono le tragedie che si sono susseguite nel paese durante quel periodo (e prima e dopo). Si arriva all’entrata in scena di Emma in Sudan con un’aspettativa esasperata dalla lunga contestualizzazione, ma fino a oltre la metà del libro, la curiosità non viene placata. L’autrice la menziona infatti con pochi tratti, lasciando intuire che il meglio deve venire, e torna a dedicarsi al Sudan.

Chi ha la pazienza di leggere ed elaborare tutte le informazioni che il libro fornisce, si renderà conto che ha di fronte un’opera unica sul Sudan: non ho mai trovato altrove un certo tipo di informazioni, e con un taglio così realista e obiettivo. Però ripeto: la storia di Emma si fa desiderare. La spiegazione che mi sono data è che probabilmente non si poteva approfondire più di tanto, vista la brevità della sua vita (Emma è morta in un incidente stradale a Nairobi nel ‘93, incinta del suo primo figlio) e in particolare del suo passaggio in Sudan. Ed è un peccato perché il ritratto che l’autrice ce ne fa, è quantomeno intrigante. Emma ci viene presentata sotto sfaccettature differenti: l’autrice non manca mai di mettere in risalto il suo coraggio, la sua caparbietà nell’immergersi nella realtà sudanese come a volersi fondere con essa, la sua capacità di sopportazione di condizioni, fisiche e psicologiche, a volte realmente estreme. Al contempo però, ci racconta gli effetti disastrosi che la scelta e il comportamento di Emma hanno avuto sui cooperanti che in quel periodo tentavano disperatamente di salvare vite giostrandosi tra infinite negoziazioni tra le parti, opera che richiedeva una dose di diplomazia e sangue freddo non indifferenti. Emma ci è presentata sotto le molteplici sfaccettature che componevano la sua personalità: ci troviamo dunque a volte di fronte a una donna coraggiosa, energica, idealista, aperta e determinata, altre a una persona insicura, avventata, incosciente, emotivamente instabile. Probabilmente Emma era un po’ di tutte queste cose, e l’autrice è brava a mantenere in equilibrio il caleidoscopio di risorse a cui Emma ricorre nei vari momenti del suo soggiorno in Sudan.

 

emma's war

 

C’è una cosa che mi ha lasciata perplessa alla fine del libro: la Scroggins sostiene che il momento in cui Emma ha perso la vita non era dei più felici per lei. La sua scelta di sostenere il marito, da molti considerato responsabile di più di una strage di innocenti, l’aveva isolata, in molti avevano preso le distanze da lei; aveva scoperto che il marito Riek Machar, durante una visita a Londra, aveva riallacciato i rapporti con la sua prima moglie. Aveva perso il lavoro ed era in grandi difficoltà economiche. Tuttavia Sally Dudmesh, una delle migliori amiche di Emma, in un’intervista rilasciata qualche anno dopo la sua morte, ha dichiarato: “Aveva finalmente trovato l’equilibrio perfetto tra la sua vita in Sudan e quella con suo marito; aveva trovato una bella casa da dividere con lui, e oltretutto era incinta. Emma non sarebbe potuta essere più felice. Ed è stato in quel momento che la morte ha deciso di prendersela” (la traduzione è mia).

Il libro ci lascia dunque con tante domande – Emma era veramente felice della sua scelta? Ne era ancora convinta? Non stava, come molti avevano immaginato, rimpiangendo di essersi buttata tutto alle spalle per seguire un guerrigliero? Sia come sia, il 24 novembre Emma è rimasta coinvolta in un terribile incidente a Nairobi e ha perso la vita, con il suo bambino in grembo. I suoi resti riposano a Ler, in Sud Sudan, il villaggio natio del marito, in una tomba che è l’unica cosa rimasta intonsa nel compound della famiglia di Riek Machar dopo un attacco delle milizie Nuer al villaggio.

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Jakarta, Indonesia
Aprile 2015

 

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