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Ho cambiato paese nove volte, e a parte un’occasione, in cui me ne sono andata contenta, ho sempre sofferto in maniera molto profonda. Col passare del tempo, però, mi sono accorta che anche col cambio paese interviene una certa saggezza e l’esperienza aiuta a prendere la cosa in maniera diversa.

Claudiaexpat

Per quanto riuscita e positiva possa essere l’esperienza in un paese straniero, arriva sempre il momento di andarsene, o per rientrare in patria o per un nuovo cambio paese.

Nel caso in cui l’esperienza sia stata ricca e soddisfacente, il momento dell’addio può diventare molto complesso, e smuovere sentimenti a volte addirittura devastanti.

Vivere un pezzo di vita in un paese significa non solo imparare ad apprezzarlo, rispettarlo ed amarlo, o comunque ad accettarlo, ma anche regalargli qualcosa di noi che è unico e irripetibile, e fa parte della nostra vita: un’esperienza di crescita, un’esperienza traumatica, un momento fondamentale della nostra esistenza, magari l’incontro col grande amore, la nascita del primo figlio, o la perdita di una persona amata.

Qualsiasi evento nasca e si sviluppi in un determinato paese, nella nostra memoria resterà per sempre legato a quel luogo, e questo lo sappiamo bene nel momento in cui facciamo le valigie, e impacchettiamo molto di più che non i bagagli con i quali eravamo arrivate, qualche tempo prima.

Per molti un cambio paese non significa nulla di più che lasciare una bella casa che non ci si può permettere in patria, o uno stile di vita comodo e lussuoso. Per altri significa lasciare delle persone che si sono amate e che fanno ormai intrinsecamente parte di noi. Per altri ancora significa soprattutto mettere la parola fine a un’esperienza lavorativa soddisfacente, e salutare dei colleghi di lavoro con i quali si è condiviso molto più di una semplice routine giorno per giorno.

Per un bambino, lasciare un paese dove ha vissuto magari tre o quattro anni, può significare un dramma dalle proporzioni che un adulto neanche riesce ad immaginare.

where is homeL’aspetto più duro, quando si lascia un paese nel quale si è stati felici, è proprio il fatto che non si chiude solo con il luogo e con i suoi abitanti, ma anche con una fase della propria vita: è questo un momento delicato nella vita degli espatriati, perchè mentre chi è sedentario sa che potrà sempre ritrovare, se lo vuole, gli ambienti che han fatto da sfondo ai suoi momenti più importanti, e sa che i cambiamenti in tali ambienti saranno graduali e comunque avverranno sotto al suo sguardo, l’espatriato sa che nel 99% dei casi la casa dove il suo bambino ha mosso i primi passi non sarà più così facilmente raggiungibile in un futuro.

Se avete partorito ad Addis Abeba, e affrontare un cambio paese per altre destinazioni o per rientrare in Italia, sapete da subito che la casa dove avete vissuto i primi mesi col vostro bebé molto probabilmente resterà per voi unicamente un ricordo, o un’immagine fissa nelle fotografie e nei filmati.

Una persona che vive in un posto a lungo è cosciente di tutto questo, quando insieme a una casa chiude anche un capitolo di vita.

Rassicuratevi: anche la gestione dell’addio diventa, col tempo, una questione di esperienza. La prima volta che si lascia un paese dove si è stati felici e si hanno vissuto esperienze importanti, ci si sente come se ci avessero amputato un arto, e la difficoltà nell’adattarsi ad un altro paese è resa ancora più acuta dal confronto costante che, per motivi affettivi, facciamo col paese appena lasciato.

addio e espatrioMa già la seconda volta sappiamo perlomeno cosa aspettarci; sappiamo che il distacco è doloroso, ma che si aprono davanti sempre e comunque nuove esperienze e nuove fasi di vita; impariamo che il dolore nel lasciare i luoghi e le persone alle quali ci siamo legati è sempre controbilanciato dalla gioia di buttarci ad assaporare una nuova avventura. E col tempo impariamo a vivere l’addio in maniera più matura e cosciente, e a non dare al nuovo paese la colpa della nostra malinconia.

Capita, infatti, soprattutto dopo le prime esperienze all’estero, di far continuamente confronti tra il paese appena lasciato, e quello nuovo. Meccanismo, questo, umano e comprensibile, ma che a volte aggiunge fatica alla fatica. Soprattutto se l’esperienza precedente è stata positiva, la tendenza intima sarà quella di ricercare la stessa emozione, o lo stesso benessere, in un tipo di situazione analoga: se ci sentivamo felici e ci piaceva il rapporto che si era creato tra noi e la scuola e i professori dei nostri figli, difficilmente riusciremo ad accettare di buon viso un regime scolastico differente (magari meno permissivo, meno intimo, oppure, al contrario, più libero e fantasioso).

Se molti dei nostri ricordi più belli sono legati al clima del posto che abbiamo lasciato, non sopporteremo il clima differente del nuovo paese. E via di questo passo.

Ripeto, è un meccanismo normale e umano quello di prendere come riferimento l’esperienza appena lasciata alle spalle, e ci si renderà conto ben presto che il continuo riferirsi al paese passato è più che altro un modo per elaborarne la perdita, che un reale e obiettivo confronto tra culture differenti. Quando si sarà trovata la propria collocazione e la propria personale soddisfazione nel paese nuovo, si smetterà automaticamente di pensare al paese passato come metro di misura insostituibile.

E’ comunque bene, soprattutto se ci sono figli coinvolti nel cambio, sapere quello che si affronta, e organizzarsi per ridurre al minimo gli stress affettivi legati al cambio paese.

Lasciare un paese significa soprattutto dire addio alle persone con le quali, magari per qualche lungo anno, si hanno condiviso momenti importanti, e verso le quali si ha sviluppato un profondo affetto. Un paese, in fondo, è fatto dalla sua gente, e quanto più profondo e positivo sarà il rapporto che siamo riuscite ad instaurare con le persone locali, o con le persone che in quel posto vivono, tanto più duro sarà il distacco.

Cercate dunque di concentrarvi in anticipo su quello che vorrà dire lasciare queste persone. Con l’avvento di internet mantenere i contatti è diventato molto più facile, e ci si può quindi consolare con l’idea che anche se non si sarà più fisicamente vicini, si potranno comunque mantenere contatti frequenti e intensi.

Anche se siete prese dal caos del trasloco, vendita mobili e oggetti, trafile burocratiche, etc., cercate di dedicare più momenti possibili alle persone con le quali vi va di stare: prendere distanza perchè si sa che si parte è doloroso e inutile; al contrario, gioire e “costruire” il più possibile con le persone che vi hanno accompagnato nel vostro soggiorno contribuisce a consolidare il rapporto, facendovi vivere il distacco con meno ansia.

Preparate per tempo una lista delle persone con le quali volete restare in contatto e assicuratevi di avere i loro indirizzi di posta elettronica, indirizzi postali e numeri di telefono.

Cercate dei regali da fare alle persone che più amate: generalmente avviene il contrario, ovvero che chi se ne va dal paese riceve dei regali di addio, ma è importante anche il meccanismo inverso. Un regalo a una persona che vi ha accompagnate nel vostro soggiorno vi permette di “concretizzare” almeno in parte l’affetto che provate per lei, e di lasciare un oggetto che richiamerà la vostra immagine ogni volta che la persona lo usa.

Pianificate o immaginate futuri incontri: nel 90% dei casi non avvengono, ma crederlo anche solo nel momento del distacco aiuta. Vagliate con le persone le possibilità di rivedersi ad esempio nel vostro nuovo paese, o in altri punti del globo.

Fate una bella festa d’addio: dovete congedarvi dal paese in maniera piena e soddisfacente.

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Lima, Perù
Giugno 2006

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