Giuliettaexpat ha intervistato per noi due amici che stanno facendo il giro del mondo in barca a vela. Intervista a rischio di alto contagio!
Anna e Paolo sono due carissimi amici torinesi che da un anno ormai sono partiti per uno spettacolare giro del mondo a bordo di Zoomax la loro splendida barca di 16 metri.
Un altro modo di espatriare e di scoprire il mondo, una scelta di vita non facile come spesso è l’espatriare in sè, una scelta che implica rinunce ma che regala sicuramente tantissimo.
Ho seguito Anna e Paolo dagli inizi della loro avventura, da quando Zoomax era solo un lontano progetto per questi due appassionati di vela e mare….
Eravamo in vacanza in Australia diversi anni fa con loro (estate 2009) quando nelle loro teste il progetto ha preso forma; eravamo al salone nautico di Parigi nel 2010 quando il loro cigale 16 è stato presentato, ci siamo stati nella messa a punto in giro per il Mediterraneo (una splendida vacanza veleggendo tra le isole greche) e infine abbiamo fatto un pezzo di giro del mondo anche noi raggiungendoli quest’estate nelle splendide isole Tuamotou in Polinesia.
Cosa vi ha spinti a partire?
Soprattutto l’amore per il mare, naturalmente accompagnato dal desiderio di avventura. Infine la curiosità di visitare ‘angoli’ di mondo difficilmente raggiungibili con altri mezzi di trasporto.
Quando è nata l’idea di un giro del mondo?
Era il sogno che accomunava me e Paolo da sempre. Lo stimolo a trasformarlo in realtà è nato nel 2009, mentre eravamo in vacanza in Australia insieme a voi. Ti ricordi quando, alle isole Whitsundays, abbiamo incontrato una barca battente bandiera italiana, arrivata fin lì attraversando gli oceani Atlantico e Pacifico? Ecco quello è stato l’incontro fatale! Paolo ed io ci siamo detti, all’unisono: anche noi! Così abbiamo cominciato a lavorare concretamente al progetto. La fase preparatoria è durata 3 anni.
Il programma di viaggio come l’avete pianificato? Come ci si prepara concretamente al giro del mondo?
Innanzitutto abbiamo fatto due conti! Poi ci siamo dati un tempo, 4 anni, e abbiamo immaginato un percorso di massima, sulla rotta degli alisei, con deviazioni dalla fascia tropicale solo in occasione delle stagioni degli uragani, o per evitare zone di pirateria. Last but not least, la barca: innanzitutto la scelta, poi l’acquisto, la costruzione, ed infine la preparazione vera e propria.
Quali sono stati i sentimenti da pre-partenza, le ansie e i dubbi della vigilia?
In realtà siamo stati così travolti dalle cose pratiche, interrompere il lavoro, chiudere casa, gestire le questioni burocratiche, etc, che abbiamo provato la reale consapevolezza della rottura del cordone ombelicale che ci legava alla vita di terra solo dopo aver mollato gli ormeggi. E per un attimo il senso di incertezza e forse anche di paura è stato forte. Ma il mare, come avremmo presto imparato, ti impone di guardare avanti, e così ci siamo subito immersi nella nostra nuova vita.
Non deve essere facile lasciarsi alle spalle una vita “normale“, il lavoro, la famiglia…
Molta gente con cui abbiamo parlato di questa decisione di cambiare vita per un periodo, ci ha detto: beati voi che potete. Non è così, bisogna innanzitutto volerlo, volerlo veramente, e pagarne lo scotto… la distanza dalla famiglia, dagli amici, dalla vita lavorativa, che fino a ieri ci ha dato grandi soddisfazioni. La motivazione deve essere altissima, altrimenti il progetto è destinato al fallimento.
Pensi che essere stata una bambina expat ti abbia dato il gusto dell’avventura?
Si, senza dubbio, l’aver viaggiato per i primi dodici anni della mia vita, cambiando continuamente contesto, abitudini, quotidianità, ha contribuito a darmi la forza per fare questo grande salto. Inoltre, l’aver vissuto in paesi così diversi l’uno dall’altro ha costituito la base del mio grande desiderio di conoscere un altro pezzo di mondo.
Dopo un anno dalla partenza che sguardo avete sui 12 mesi passati?
Lo sguardo è quello di un bambino che scopre la vita, con occhi pieni di stupore, di curiosità, di ammirazione verso le cose nuove e sconosciute. E più miglia passano sotto la nostra chiglia, più questo sentimento aumenta. Penso che il detto ‘la fame vien mangiando’ calzi a pennello!
Cosa provate ogni volta che toccate terra in un nuovo paese?
Solitamente si arriva in nuovo paese dopo una navigazione più o meno lunga, quindi l’avvistamento è sempre un momento di gioia. La prima discesa a terra invece è poco romantica, perché dedicata a sbrigare le pratiche doganali e di immigrazione. Poi inizia la scoperta del luogo, della gente, della natura e della civiltà. Arrivando dal mare, spesso tocchiamo terra in aree remote e poco turistiche, quindi cerchiamo sempre di avere un approccio discreto e rispettoso, un po’ come bussare alla porta e chiedere il permesso.
Nel vostro itinerare avete incontrato gente come voi che viaggia, quali sono i legami che si creano? Che tipo di persone avete incontrato, qual è il profilo della gente che viaggia, se profilo c’è?
Si, ci sono molte persone che vivono in barca gironzolando per il mondo. Sono coppie, famiglie con bambini, oppure amici (questi ultimi più rari).
Non esiste un profilo standard del tourmondiste, abbiamo incontrato davvero di tutto: famiglie con bambini piccoli, addirittura nati durante il viaggio, e famiglie con figli adolescenti che fanno il percorso di studio seguendo i programmi a distanza (come il CNED francese, ad esempio); coppie di pensionati, o di giovani che hanno appena finito gli studi, altre di mezza età che si prendono un periodo di pausa dalla vita lavorativa (come noi). Gruppi di amici che fanno il giro del mondo, normalmente in un arco di tempo piuttosto ristretto, 2 anni al massimo. Anche i tipi di barche sono dei più variegati, dal piccolo mini-transat di 6,5 metri, senza nemmeno wc o frigorifero a bordo, alle barche home-made che danno l’impressione di stare insieme per miracolo; dalle barche di serie, ai one-off di gran lusso.
In Pacifico il gruppo di barche che ha passato il canale di Panama nello stesso periodo si è abbastanza compattato, abbiamo fatto più o meno lo stesso tragitto, incontrandoci alle Galapagos, oppure alle Marchesi, o negli atolli delle Tuamotu e ora siamo quasi tutti in giro per le Isole della Società. La provenienza degli equipaggi è in prevalenza europea, nord-americana e australiana/neo-zelandese. Ci sentiamo spesso via radio per scambiarci informazioni, si organizzano talvolta dei barbecue sulle spiagge, o delle escursioni a terra. In questi incontri i mix linguistici sono ricchissimi, inglese, francese, spagnolo ed italiano si intrecciano creando una babele festosa. Con alcuni nascono delle vere e proprie amicizie.
Come sono state le due grandi traversate, atlantica e pacifica, cosa si prova quando si è soli circondati dal mare, lontano da tutto?
Ci sono alcune parole che costituiranno le fondamenta dei nostri ricordi sulle traversate oceaniche:
Il blu: tra cielo e mare, crediamo di aver visto tutte le tonalità di blu che la natura possa offrire.
L’immensità: non è solo la sensazione data dalla consapevolezza di avere la terra più vicina a migliaia di chilometri. E’ un senso di vertigine che viene al pensiero della profondità del mare sotto di noi, al cielo infinito che ci sovrasta, alla terra così lontana.
La stanchezza: Le traversate non sono riposanti. 18-20 notti con i turni di guardia e il sonno irregolare, il rollio che spesso rende complicata qualsiasi attività a bordo. E’ faticoso!
L’amore: si manifesta nel desiderio, anche nei momenti più difficili, di non essere da nessuna altra parte se non qui, noi due, in mare, su ZoomaX.
La pace: difficile da spiegare. Non è che le inquietudini spariscano. Questa immersione totale nella natura ha però un effetto benefico sulla capacità di accettazione.
La solitudine: un po’ l’abbiamo sentita. Si provano sensazioni molto personali, quindi difficili da condividere. Solitudine anche reale. Durante le traversate abbiamo incontrato soltanto una barca in Atlantico e due in Pacifico.
Come vi organizzate a bordo nelle lunghe traversate?
La quotidianità è scandita da ritmi diversi rispetto a quando ci si sposta lungo costa. La navigazione appunto, cominciamo da quella: durante il giorno si cerca di ‘far camminare la barca’, scegliendo le vele adatte alle condizioni di vento e regolandole al meglio. Ogni tanto ci mettiamo anche al timone, per divertirci o per dare il cambio al povero Ambrogio (il nostro pilota automatico) che durante le lunghe navigazioni è in servizio 24 ore su 24.
Tutti i giorni, poi, facciamo un controllo dell’attrezzatura e se necessario provvediamo alle riparazioni. Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria della barca, cerchiamo di fare tutto il possibile in navigazione: lucidiamo gli acciai, trattiamo i legni, etc.
Si passa anche molto tempo in cucina… in oceano non ci sono gastronomie, panetterie o ristoranti, ma noi restiamo delle buone forchette. Così ci sbizzarriamo nella preparazione di piatti sfiziosi e creativi, di cui spesso il pesce è protagonista.
In traversata si leggono molti libri, ed è un gran piacere! Anche guide nautiche e turistiche, per preparasi all’arrivo nel nuovo paese. Si scrive anche molto, il diario di bordo, tutti i giorni, le mail alle famiglie, il blog, un buon esercizio. Guardiamo spesso dei film ed ascoltiamo buona musica.
Quando viene sera cominciano i turni di guardia che coprono 12 ore tra le 20.00 e le 8:00, con 4 turni alternati di 3 ore ciascuno.
Questo è in sintesi cosa facciamo mentre traversiamo un oceano. Il bello è che l’urgenza di arrivare diminuisce con il passare dei giorni, e subentra il piacere di navigare a vela, al punto che quasi quasi non ci vorremo più fermare!
Difficoltà incontrate in questi 12 mesi?
La maggiore difficoltà è rappresentata dalle avarie a bordo, in quanto rimediare pezzi di ricambio in questi paesi così lontani dalle industrie produttrici è spesso un’odissea. Ci prendiamo cura di ZoomaX con costanti interventi di manutenzione, e ci affidiamo alla magnanimità di Ganesh, prezioso dono di Giulietta! (il Gansh indiano protegge la casa e in questo caso la barca, l’ho comprato apposta in uno dei miei viaggi in India, ndr)
Cosa consigliereste a chi vuole partire?
In un anno di esperienza di navigazione oceanica abbiamo imparato e continuiamo ad imparare dagli errori commessi. Condivideremo volentieri questi insegnamenti con futuri ‘colleghi’. Sono però aspetti molto pratici, legati all’allestimento della barca e alla navigazione, per questo forse noiosi per chi non direttamente interessato. Restiamo a disposizione qualora qualcuno ne volesse sapere di più.
I posti belli, fantastici, che consiglieresti fino qui anche solo a chi prevede di farci una vacanza? (anche se visti dal mare hanno di sicuro un altro sapore)?
Difficile, ogni paese ha i suoi gioielli e la sua polvere più o meno nascosta sotto il tappeto. Lato marino, siamo rimasti incantati dalle isole San Blas a Panama e non avremmo più voluto andar via dalle Tuamotu. Ora siamo a Bora Bora, che ai nostri occhi conferma la sua fama di perla del Pacifico!
Giuliettaexpat, intervista raccolta da qualche parte tra Rangiroa e Moorea!!!
Settembre 2013
Anna e Paolo – S/Y ZoomaX
potete seguire Anna e Paolo e veleggiare con loro qui: www.sy-zoomax.blogspot.com