Ringraziamo di cuore Paola, espatriata ad Alençon, per queste belle riflessioni nate nel suo espatrio in Francia ai tempi del Coronavirus.
Vorrei avere l’innocenza dei tulipani che sto vedendo fiorire in giardino da un paio di settimane (ignari di ciò che sta accadendo nel mondo). Pressappoco lo stesso lasso di tempo da quando è iniziato il confinement in Francia, a causa del Coronavirus.
Espatrio in Francia da quasi un anno
Sono italiana, ho 51 anni e risiedo in una piccola cittadina della Normandia, Alençon, da quasi un anno. Il mio compagno è francese e non parla alcuna altra lingua straniera. Il nostro grado di comunicazione verbale pertanto dipende molto dalle mie competenze linguistiche e dal mio impegno nel migliorarle. Fino a due/tre mesi fa il mio adattamento al luogo in cui abitiamo e alle persone è stato piuttosto graduale ma incostante per il fatto che per lavoro siamo spesso via in viaggio per varie città della Francia. Quindi in un certo senso l’approccio culturale e umano verso i francesi è stato “itinerante” e facilitato dalla mediazione del mio compagno e dalle mie conoscenze basilari della lingua.
In questa fase attuale di clausura nel mio espatrio in Francia, è vero che sento la mancanza dello spostamento, della partenza e dei preparativi di viaggio ai fini lavorativi, che ho nostalgia della mia famiglia d’origine e degli affetti lasciati in Italia, ma non detesto la lentezza con cui passano i giorni e il tempo del quale si può usufruire per dedicarsi a tante attività.
La lingua come chiave di adattamento alla situazione
Dal momento che la mia conoscenza del francese deriva dalla scuola superiore, dall’ascolto di radio e tv, dai film e ovviamente dalla pratica quotidiana di conversazione col mio compagno (e solo occasionalmente con altre persone del luogo) ho deciso di approfondire lo studio della lingua per conto mio. Ogni mattina gli dedico almeno due ore e ciò mi fa sentire costruttiva con l’obiettivo di fare poi un esame da privatista (appena sarà consentito) e ottenere una certificazione C1. Tempo valorizzato! Ed è proprio grazie a dei documenti di studio (test campioni d’esame) pubblicati on line dal Centre International d’Etudes Pédagogiques, che sono venuta a conoscenza di Expatclic.com e della storia della sua fondazione. Veramente un caso, ma è stata la mia curiosità di saperne di più su questo sito a spingermi a fare delle ricerche.
La valorizzazione del tempo
Vorrei soffermarmi sul concetto di valorizzazione del tempo e sul saper mettere a frutto le proprie risorse e i propri interessi. Si rimane isolati nel vero senso della parola se non si fa leva su sé stessi, se non si coltivano interessi, se non ci si sforza di aprire la mente per apprendere altri argomenti, se non si è curiosi! Oggi, grazie soprattutto alle potenzialità di internet, è impossibile non trovare uno stralcio di materia che stimoli il nostro intelletto o la nostra creatività o che risvegli dei saperi sopiti.
Alle 18:00 ho il mio appuntamento con la lezione di pilates o di aerobica tramite dei video tutorial disponibili on-line, questo per sentirmi a posto con la coscienza di fare un po’ di attività fisica! Penso che oggi è solo/sola davvero chi non ha possibilità di connettersi a internet, chi non ha un parente o un amico/a con cui scambiare due parole in casa o al telefono, chi non ha un libro da leggere o musica da ascoltare, chi non si sforza di pensare o di immaginare anche nel silenzio assoluto…
Socializzare
Siamo penalizzati nella nostra libertà di movimento, nel non poter passeggiare tranquillamente all’aperto, nel non poter incontrare i nostri cari o socializzare.
Già, socializzare… Ma non eravamo già isolati in questo senso nelle nostre cene al ristorante, ciascuno col proprio telefonino sul tavolo a leggere messaggi di chissà chi invece di parlare con chi ci stava di fronte e leggere nei suoi occhi?
Io credo che questo tempo presente sia un’occasione per conoscere meglio sé stessi, per rimettere in gioco le proprie risorse e in discussione le modalità di relazione col proprio partner: una nuova conoscenza a volte, pur se il rapporto dura da svariati anni. Forse se ci fossero più spesso questi periodi di contenimento forzati, saremmo educati ad una maggiore consapevolezza e a valorizzare il tempo interiore oltre a quello oggettivo.
Tornando ai tulipani in giardino, ho scoperto che questo fiore, per come lo conosciamo attualmente, è originario della Turchia e fu importato in Europa nel 1554 e inviato in Olanda per abbellire i giardini reali. Ecco, non mi interesso mai di fiori, ma ora so che l’immagine stereotipata dei tulipani come simbolo dell’Olanda è un’attribuzione indebita.
Curiosità, attenzione alle piccole cose e amore per la conoscenza mi aiutano a vivere meglio questo periodo e a valorizzare il tempo.