Home > Asia > Giappone > Jon in Giappone, tra cultura, creatività e immaginazione

Claudiaexpat ci presenta Jon, un canadese che vive a Hamamatsu, in Giappone, dove ha creato un interessantissimo progetto.

Incontrai Jon a un seminario di comunicazione interculturale ad Amsterdam nel 2004. Era un seminario che raccoglieva nella capitale olandese persone da tutto il mondo, tutte in qualche modo interessate o connesse alla gestione di relazioni interculturali. Come sempre accade in situazioni di gruppo, alcuni attirarono la mia attenzione più di altri, alcuni mi restarono impressi nella memoria e con altri addirittura mi rividi da qualche parte del mondo dopo il seminario. Jon è una persona che non si dimentica facilmente: un canadese dal sorriso aperto e luminoso e una comunicatività calda e immediata. Il suo contributo al seminario fu notevole; Jon vive ad Hamamatsu, in Giappone, dove ha fondato Imagination Ink, training ed eventi creativi e capite quindi che la sua esperienza in comunicazione interculturale non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Mi sono risentita con Jon lo scorso anno e ho deciso di intervistarlo per questo aggiornamento speciale sul Giappone. Tutto sommato mi rendo conto che è stato un vantaggio aspettare qualche anno prima di ricontattare Jon. In questo periodo, infatti, Jon ha raggiunto, inventato, creato, realizzato e pianificato talmente tante cose interessanti e stimolanti, che non oso immaginare cosa sarà intervistarlo ad esempio da qui a cinque anni!!!! Leggere per credere…
Jon nasce e cresce a Nelson B.C, in Canada, in una famiglia che già di per sè è un po’ un mosaico di culture: sua madre viene da un contesto famigliare svedese/canadese, il padre è originario della Croazia. Inoltre la sua città ospita una vasta comunità di giapponesi di seconda o terza generazione. Una delle sue maestre delle elementari era giapponese (Jon ammette che si era preso una cotta per lei!), e tutto questo ci aiuta forse a capire da dove arriva l’attrazione che Jon prova da sempre per il paese del Sol Levante.

In effetti, a università finita, Jon decide di andare a trovare un amico che vive in Giappone, per vedere coi suoi occhi com’è il paese. Ci trascorre un mese, in primavera e decide quindi di tornarci per trovare lavoro e installarsi. Ad ascoltarlo, sembra che sia la decisione che il processo siano stati estremamente lisci e di fronte alla mia sorpresa mi spiega che “a quei tempi non era difficile come adesso. Come straniero che insegnava l’inglese, trovavi sempre qualcosa da fare. In Canada io stavo già insegnando e dunque era questo ciò che mi piaceva fare. In Giappone hanno le Juku schools, cioè scuole che gli alunni frequentano dopo le ore di lezione normali e io ho cominciato da lì.
Mi sono installato subito ad Hamamatsu. Dato che la città si trova esattamente nel centro del Giappone, mi immagivo che da lì avrei facilmente viaggiato per tutto il paese”.

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Pensare al giovane Jon che non parla una parola di giapponese e arriva ad Hamamatsu per cominciare una vita completamente nuova è piuttosto intrigante. Ma la cosa più sorprendente è scoprire l’affascinante progetto che Jon ha creato, quanto è riuscito a realizzare e come si è integrato nello stile di vita giapponese. Gli chiedo come ha deciso di diventare “indipendente” nel suo lavoro: “Insegnare mi piaceva moltissimo, ma ad un certo punto ho capito che sarei stato molto più creativo se mi fossi messo in proprio. Mi sono guadagnato la mia indipendenza anno dopo anno, ho incontrato mia moglie (giapponese) e insieme abbiamo deciso di creare un business. A quel punto avevo lavorato 3 anni nel dipartimento di insegnamento linguistico della National Panasonic, che aveva disegnato il programma Excel Gold per l’insegnamento linguistico, definito dal Wall Street Journal come uno dei migliori per la formazione in ambito impresariale. E’ qui che è cominciata la mia avventura come formatore interculturale. Mi hanno affidato un gruppo di giapponesi che doveva andare a lavorare in Repubblica Ceca e io dovevo formarli in relazioni lavorative interculturali oltre che sul paese stesso. Quindi eccomi lì, un insegnante di lingue che insegnava a un gruppo di giapponesi cos’è la Repubblica Ceca!”. Che inizio !!!! Che però si è rivelato utile. Jon si è goduto a fondo l’esperienza, e ha deciso di continuare nella direzione della formazione interculturale.

hamamatsuE’ qui che entra in gioco Imagination Ink. Jon ha creato una compagnia che fornisce insegnamento creativo e corsi di formazione in combinazione con eventi interculturali. Fornisce insegnanti di lingua alle imprese e alle scuole della zona, soprattutto per la lingua inglese ma anche per il cinese, il francese e il portoghese. Fanno traduzioni, interpretariato, e organizzano ogni tipo di eventi. “Questa è la parte più divertente”, dice Jon. “Per un certo periodo in Canada avevo lavorato nell’organizzazione di eventi, ed è questo che mi piace fare anche qui: usare la creatività e la fantastia in eventi interculturali, fiere gastronomiche, in tutti i tipi di feste e festival, che in Giappone abbondano”.

In effetti ho l’impressione che il campo di attività di Imagination Ink sia vastissimo e la cosa che mi affascina ancora di più è che questo tipo di lavoro apre a un ventaglio incredibile di opportunità per esprimere la propria fantasia. Ed è esattamente quello che Jon ha fatto negli ultimi anni. Con creatività, ottimismo e passione, e continuando a “cambiare varie volte il cappello”, come dice lui stesso, Jon ha sviluppato un buon numero di interessanti progetti interculturali nella zona in cui vive. In particolare mi parla di “The world in my neighbourhood” (“Il mondo nel mio quartiere”): “Con questo progetto sto ideando un corso per quindicenni in una scuola pubblica superiore. Tento di aumentare la loro sensibilità interculturale e avvicinarli alla diversità che trovano nella loro comunità. Ad esempio ci sono moltissimi brasiliani che vivono insieme ad altre nazionalità e che rendono Hamamatsu un posto unico in Giappone. Uno dei mezzi che ho usato per ampliare il mondo degli studenti è stato il Progetto Ocha-ken. Ocha vuol dire tè verde, e quest’area è famosa per il suo tè verde; ken vuol dire cane, ma anche prefettura. Ho contattato la Sega Toys spiegando la mia idea e loro ci hanno fornito un gruppo di cani di pezza. Ogni studente ha ricevuto due cani e se li è portati a casa simulando quindi un periodo di ospitalità, durante il quale doveva scrivere un diario (in inglese, naturalmente, non dimentichiamoci che si tratta di un corso EFL – English as Foreign Language). Il cane è stato poi riportato in classe e gli studenti hanno riassunto il loro diario in una sola pagina, aggiungendo un paio di foto. Hanno poi dovuto preparare il cane per farlo viaggiare, preparargli uno zainetto con dentro un souvenir e una lista di istruzioni su cosa fare con il cane. Ho messo tutti i cani in una valigia e li ho portati all’Istituto di Comunicazione Interculturale di Portland, Oregon, dove andavo per un corso estivo di Comunicazione Interculturale. Pensavo che questa fosse la piattaforma ideale per spiegare il progetto. Ho distribuito i cani tra la gente del seminario e adesso riceviamo foto, lettere e cartoline sugli Ocha-ken da tutte le parti del mondo. Ogni volta che arriva un’informazione sui cani, la mettiamo su una parete che abbiamo a scuola dedicate al progetto e l’aggiungiamo nel gruppo Facebook che abbiamo creato“.

 

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Gli studenti del progetto Ocha-ken

Facciamo anche un sacco di altre cose interessanti; invitiamo oratori, organizziamo escursioni… Recentemente ho organizzato un giro in città con lo scopo di mostrare agli studenti cosa vuol dire essere stranieri e trasferirsi ad Hamamatsu e poi cosa implica per loro viaggiare fuori dal Giappone: prima abbiamo visitato il centro immigrazione, poi il municipio, dove gli stranieri devono andare per avere una tessera di iscrizione che devono sempre portare con sè. Poi siamo andati a una fondazione locale che aiuta gli stranieri nel processo di installazione, con consigli legali gratuiti, traduzioni, informazioni, etc. Sono stati tutti estremamente gentili e hanno spiegato tutta la procedura che gli stranieri devono seguire quando si installano. Poi volevo che vedessero il contrario: siamo andati all’ufficio passaporti per fargli avere il passaporto e subito dopo abbiamo fatto un simulacro di viaggio a un ristorante indonesiano. Mi sono deciso per questo dopo aver fatto un’indagine tra i miei studenti e aver scoperto che nessuno di loro aveva mai provato questa particolare cucina etnica. E’ stato molto simpatico, hanno provato le ricette indonesiane (che alcuni di loro hanno trovato troppo piccanti….), parlato un po’ della cultura indonesiana, etc.

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La moglie e il figlio di Jon

Io vedo Imagination Ink come un enorme tetto sotto il quale ogni momento è connesso a un genuino interesse interculturale. Chiedo a Jon se è stato difficile montare tutto ciò e mantenerlo, pur essendo molto occupato in una serie di altre attività e sviluppando in continuazione nuove idee: “Per far partire il progetto abbiamo dovuto fare un sacco di documenti richiesti dalla burocrazia giapponese, ma la parte più delicata è il costruire dei rapporti con le persone, ci vuole un sacco di tempo e di fiducia. Mia moglie cura la parte amministrativa. E’ lei che si incarica della tenuta dei libri contabili e delle varie procedure burocratiche. Il mio sogno è di avere un lavoro flessibile, per poter continuare a muovermi da una sfera all’altra”. Vedo comunque che l’ambito nel quale Jon si muove più felicemente è quello della comunicazione interculturale al suo stadio più puro di creatività. Infatti oltre a tutte le attività interculturali che porta avanti con Imagination Ink, Jon sta anche studiando per un Master in Comunicazione Interculturale a distanza con l’Istituto di Comunicazione Interculturale di Portland. Oltre a ciò, comincerà presto a dar lezione in due università giapponesi, insegnando cultura in inglese.

Anche senza questi due ultimi accenni al suo sviluppo come formatore interculturale, la mia ammirazione per la capacità di Jon di generare continuamente nuove idee (e di metterle in pratica !) era alle stelle. E adesso Jon mi dice che dopo un recente cambiamento nella politica giapponese verso gli stranieri, si è sentito ispirato per un altro “piccolo” progetto, che sta minuzionsamente sviluppando: Il progetto “Yokoso Japan 11/20 Commemorative T-Shirt”. L’idea gli è venuta dopo che la revisione dell’Immigration Control and Refugee Recognition Act (Legge sul Controllo dell’Immigrazione e del Riconoscimento dei Rifugiati) è entrata in vigore il 20 novembre 2007. Secondo questa legge, adesso, tutti gli stranieri nazionali (inclusi i residenti) che arrivano o tornano in Giappone, devono lasciare le loro impronte digitali e venire fotografati. Jon ha deciso di attivarsi politicamente e di protestare contro questo ingiusto trattamento dei residenti stranieri.

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Ha disegnato una t-shirt, che vedete nella foto, che dice “Yokoso Japan” (Benvenuti in Giappone). “Incoraggiamo la gente a indossarla quando passa per le procedure di immigrazione alla dogana giapponese e al controllo, per mostrare la nostra indignazione verso questa misura, che mi ha dato molto fastidio. Ho appena ottenuto la mia residenza permanente, sono sposato con una giapponese, e ho una famiglia qui. Voglio dire, questa è casa mia !!! Ti piacerebbe passare per questa umiliante procedura ogni volta che torni a casa? Per me corrisponde a una trattamento di seconda classe”.
Mi fa molto piacere sentire Jon riferirsi al Giappone come a casa sua. Mi interessa molto conoscere i suoi sentimenti verso questo paese. “Sono qui da un sacco di tempo”, mi dice. “E’ un posto interessante. Tentare di entrare nella forma mentale giapponese è interessante in sè. Ho sempre avuto un rapporto di amore/odio verso questo paese. Adesso ho dei legami famigliari, mia moglie e mio figlio sono giapponesi, i suoi nonni vivono qui. E tuttavia l’interculturalista che c’è in me vorrebbe spostarsi, un giorno. Per un fanatico della comunicazione interculturale sarebbe fantastico affrontare una nuova cultura. Stiamo pensando a un paese arabo, ma anche l’Europa ci attrae molto”.

Ovunque tu decida di andare, Jon, conta sull’appoggio di Expatclic. Grazie per il tempo che ci hai dedicato e per questo interessante racconto della tua vita e delle tue attività.

Intervista raccolta da Claudiaexpat
Gennaio 2008

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