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vita mobile

Claudiaexpat ci spiega da dove arriva secondo lei l’ebbrezza della vita mobile.

 

Che sia difficile, se non impossibile, per qualcuno che non ha mai vissuto la mobilità, capire quali sono le difficoltà insite in questo tipo di vita, è un fatto ormai assodato. Le incomprensioni tra chi – in patria – vede solo il bello della vita expat, e tra chi – all’estero – tenta di far capire che la vita mobile non è tutta rosa e fiori, non si contano più.

Ma avete mai provato a spiegare davvero da dove viene l’ebbrezza di questa vita mobile, e perché è così intossicante? Cosa c’è al di là dei luoghi comuni del conoscere nuove culture, incontrare nuove persone, imparare nuove lingue? Provo a mettere insieme i miei sentimenti e ad analizzare quello che da sempre piace a me di questa vita raminga:

vita mobileSi han più case:

non tutti hanno la fortuna di poter conservare in patria una casa dove possono approdare per le vacanze o per i periodi in cui bisogna per forza rientrare. Io ce l’ho, e godo tantissimo della sensazione di poter chiamare casa più di un luogo nel mondo. Per me casa, peraltro, è anche la dimora della mia cara amica o del parente che mi ospita alla bisogna, dove mi sento accolta, coccolata, e dove posso indugiare sui miei sentimenti e lavorare sulle mie faccende anche per un periodo breve. Non ricordo com’era in gioventù, prima di lanciarmi in questa folle vita raminga, ma so per certo che chiudere una porta per aprirne un’altra, e avere più di un luogo a cui tornare mi piace immensamente.

Ci sono più ritorni:

tornare, appunto. Io adoro i ritorni, siano questi in patria che nel paese d’accoglienza temporaneo, che nel paese d’accoglienza di un figlio o figlia, o in posto dove amiamo andare o dove magari abitano persone che amiamo, e a cui facciamo dunque ritorno spesso. Ovviamente vivendo all’estero il numero dei ritorni si moltiplica.

Tornare significa ricordarsi che si può amare tanto e appartenere a tanti luoghi, che il mondo è grande e bello, e che c’è sempre qualcosa per cui vale la pena di spostarsi.

La vita è ritmata in maniera speciale:

invece di avere Pasqua, Natale e le vacanze estive come grandi spartiacque nell’anno, e che si ripetono sempre uguali, noi expat leghiamo le fasi della nostra vita ai vari paesi in cui viviamo, e spesso anche ad avvenimenti particolari che ci succedono: il prima e dopo evacuazione, il periodo in cui abbiamo sofferto di malaria, la stagione invernale a Lima, con quell’odore di umidità che si sente solo lì. Non so se sia comodo o particolarmente agevole o benefico a livello psicologico, ma a me piace. A volte, quando guardo indietro alla mia vita, mi sembra che sia ordinata, ben cadenzata, e la rivedo con chiarezza, perché ogni fase è caratterizzata dalle particolarità proprie di quel paese, e solo sue.

Ci si fanno più amici:

che più si viaggi più si incontrino nuove persone è naturale e assodato. Il punto è che in espatrio il farsi amici è un processo che diventa spontaneo e molto necessario, Inoltre la quantità di persone nuove è tale da includere, nella maggior parte dei casi e se si è sufficientemente aperti, una pletora di nazionalità, provenienze, personalità, situazioni, etc., da rendere veramente eccitante l’esperienza globale del farsi amici e mantenerli.

vita mobileSi ampliano i propri orizzonti:

in tutti i sensi. Non solo si dà un volto a nomi che magari avevamo solo letto sul libro di geografia (sempre che esistano ancora i libri di geografia!), si passa dall’immaginario al reale con estrema naturalezza, e spesso con luoghi che per la media delle persone che ci stanno attorno non hanno né mai avranno significato alcuno, ma si impara a esistere in situazioni/climi/lingue/latitudini spesso diversissime tra loro. L’esposizione ad altri stili di vita, anche se magari non ce ne accorgiamo subito, lavora a livelli molto profondi e ci rende più flessibili e più…ampi!

Sembra che il mondo ci stia in una mano:

ricordo che una volta, in Toscana, stavo raccontando a degli amici un aneddoto che ci era successo in Perù, e ad un certo punto, per il beneficio della storia, ho accennato rapidamente al fatto che mio marito, che era in viaggio, mi aveva chiamata per dirmi che invece di rientrare a Lima, avrebbe dormito a Bogotà. La risata che è arrivata da uno degli amici, e lo sguardo sbalordito di un altro mi han fatto capire che mentre per noi la geografia diventa una cosa famigliare, e non abbiamo alcun problema a muoverci – mentalmente e fisicamente – tra un confine e l’altro, per chi non fa questa vita alcune cose sono assolutamente impensabili.

Si sviluppano dei rituali forti e costanti:

non so se chi è stanziale ha lo stesso numero di rituali che abbiamo noi expat, ma penso di no.

Un rituale dà struttura a una vita movimentata, ci aiuta a ritmarla, ci da un senso di appartenenza, e se si hanno figli, li aiuta a essere positivi in tutti gli spostamenti.

Una vita all’estero, con tutto il “surplus” di situazioni, luoghi e persone che offre, è anche il terreno ideale per inventare sempre nuovi rituali, soprattutto in arrivo.

Sembra di giocare:

non so se anche voi la vivete come me, forse dipende dal tipo di cultura straniera nella quale siamo immerse, ma quando io vado in giro nelle mie città d’accoglienza, mi sembra di giocare. Perché nel guidare, nel pagare nei negozi, nell’interagire coi passanti, etc., applico una serie di regole che imparo man mano…come si fa nei giochi di società.

Ci si sente diversi:

se si ha la fortuna di vivere in culture in cui la differenza tra noi e chi ci ospita è palesemente marcata (nel modo di vestire, nell’apparenza, etc.), si proverà sulla propria pelle cosa vuol dire sentirsi diversi, con tutto ciò che di positivo e negativo questa esperienza – innegabilmente arricchente – può portare.

Probabilmente ci saranno altre cose interessanti da analizzare, e mi piacerebbe che ognuna mi raccontasse quali sono i punti speciali di una vita mobile per lei. Ho cercato di uscire dall’ovvietà e di rifarmi alla mia esperienza personale, e nello scrivere mi sono nuovamente convinta di quanto inebriante sia questa vita attraverso i confini.

Buoni espatri a tutte!

 

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Jakarta, Indonesia
Ottobre 2016

 

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