Home > Africa > Egitto > Lettera d’un ex cairota durante i tumulti al Cairo

Vivere in espatrio vuol dire anche, a volte, legare il proprio destino a paesi politicamente instabili. A molte di noi è capitato di dover fuggire dal proprio paese d’accoglienza, magari anche precipitosamente e senza poter prendere congedo in maniera adeguata. Ma, come ci spiega bene Gabriella in questa toccante lettera di un ex cairota, anche assistere da lontano ai tumulti, spesso violenti, che agitano un paese che abbiamo amato e col quale abbiamo condiviso parte della nostra vita, ci scuote nel più profondo e risveglia in noi sentimenti di difficile gestione.

Io l’ho provato con la Guinea Bissau, il mio paese d’accoglienza dal ’92 al ’94 e che mi è rimasto profondamente nel cuore: quando, nel 1998 c’è stata una sanguinosa sollevazione popolare, ho vissuto la terribile ansia data dal non sapere se le persone che ho amato erano al sicuro e cosa ne era stato di loro. E’ anche difficile spiegare lo struggimento nell’assistere alla violenza distruttrice che spesso accompagna i cambiamenti politici.

Gabriella, carissima amica di Expatclic, che da sempre appoggia il sito con interessanti articoli, informazioni e contatti, ha vissuto a lungo all’estero e l’Egitto è stato il suo ultimo paese d’accoglienza prima di rientrare in Italia. La ringraziamo per aver deciso di condividere i suoi sentimenti con noi. E naturalmente ci auguriamo che la situazione in Egitto si stabilizzi il più rapidamente possibile e con il minor costo di vite umane.

Claudiaexpat

In queste settimane tutto il mondo assiste al risveglio politico di interi popoli: Tunisia, Algeria, Yemen, soprattutto Egitto; è l’89 del Medio Oriente, come alcuni giornalisti l’hanno definito, e anche se una spallata ai vecchi regimi era condizione necessaria per un futuro di crescita e libertà, nessun cambiamento avviene in modo pacifico e incruento.

tumulti al cairoPer noi espatriati lo spettro di una rivoluzione e di una conseguente evacuazione di massa è senza dubbio la “bestia” peggiore di cui bisogna tener conto quando si va in certi paesi, e molte di voi l’hanno drammaticamente vissuta in prima persona; ma anche per coloro che sono tornati da anni e se stanno al sicuro in Italia, come la sottoscritta, vedere in televisione le immagini di una città come Il Cairo in preda al caos, con sparatorie, morti, feriti e saccheggi, è una prova molto dolorosa e stressante.

Ma quali sono i sentimenti e le emozioni che ti scuotono dentro e non ti fanno dormire? Prima di tutto scatta un senso di appartenenza: io sono stata là, ho abitato, vissuto, passeggiato in quelle strade e in quelle piazze, in quei caffè e negozi devastati, insieme a quella folla urlante; e allora continui a guardare le immagini che TV e internet ti propongono ininterrottamente, cercando di riconoscere ogni singolo luogo, di vedere se in mezzo alla gente c’è qualche viso amico, magari il tuo ex-vicino di casa, o l’autista, o l’ambulante di frutta e verdura. Non passa giorno che tu non segua l’evolversi della situazione, e anche se non hai più interessi nel paese, soffri per gli incendi, le devastazioni, e sei in pena per le persone che conosci e che stanno laggiù.

C’è poi un grande senso di impotenza: vorresti chiamare ma i telefoni non funzionano, scrivi ma i messaggi non arrivano; immagini le famiglie nel caos dell’aeroporto che cercano di partire, e quelle che non possono comunque lasciare il paese. Vorresti comunicare con le persone che tornano per saperne di più, e ti piacerebbe dare un aiuto concreto a chi ne ha bisogno; tutto questo con l’intima consapevolezza che non ti puoi recare sul posto, e che la tua voglia di fare qualcosa rimarrà disattesa.

Un’altra sensazione netta che senti dentro è la comunanza con tutti coloro che sono stati insieme a te in quel paese, con i quali hai condiviso esperienze, lavoro, vita, conoscenze, amicizie: anche se non sei più in contatto da tempo e non sai nemmeno dove si trovano adesso, se in Italia o in un altro estero, sai per certo che loro come te sono incollati al televisore e come te seguono le notizie con la stessa ansia, gli stessi sentimenti di condivisione, di affanno, di rimpianto e nostalgia.

Le emozioni e i sentimenti che mi animano in queste giornate di estrema tensione generano uno stress che deve essere scaricato in qualche modo, e l’unica via di uscita è scrivere, buttar fuori i pensieri e le sensazioni che si agitano nella testa e nel cuore; affido a Expatclic il mio piccolo sfogo, e prego ogni giorno che tutto si plachi e che ogni uomo di questa terra possa vivere libero nel proprio paese, con dignità e rispetto.

 

Gabriella
Milano, gennaio 2011

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