Home > Asia > Bangladesh > Sono sopravvissuta (o meglio, sto sopravvivendo) a Dhaka, Bangladesh

Paola, da Dhaka, ci parla delle sue strategie di sopravvivenza in uno dei paesi d’espatrio più complessi al mondo. Grazie di cuore, Paola!

 

Dhaka, dove vivo, è la città meno vivibile al mondo tra le centoquaranta incluse in un recente sondaggio. Secondo la classifica dell’Economist Intelligence Unit’s Summary of Liveability, siamo scesi di un posto nel 2012. O meglio, il nostro punteggio è rimasto invariato, ma Port Moresby in Nuova Guinea è migliorato, posizionandosi a secondo posto peggiore, e lasciandoci indietro.

Lo studio valuta città di tutto il mondo, per determinare quali forniscono le migliori o peggiori condizioni di vita. Vengono misurati trenta fattori, all’interno di cinque grandi categorie: stabilità, sanità, cultura e ambiente, istruzione e infrastrutture.

Ad esempio la prima città al mondo, Melbourne, raggiunge 100 punti per la sanità (100 è “ideale”); Dhaka ne ha 29.2. Mentre Melbourne si classifica come “accettabile” nella maggior parte dei trenta fattori e “tollerabile” in alcuni, il punteggio di Dhaka si inserisce nelle categorie di “indesiderabile”, “spiacevole” e “intollerabile”.

E in questo preciso momento, marzo 2013, stiamo passando attraverso la peggiore rivolta politica e un picco di violenza che non si vedevano dalla Guerra di Liberazione del 1971.

Tuttavia sopravvivo. E sopravvivo bene.

SurvivingDhakaCi siamo trasferiti qui più di due anni fa, con un contratto da tre a quattro anni.

Naturalmente prima di venire sapevamo che non sarebbe stato facile.

Due mesi prima di lasciare Bruxelles sono venuta a Dhaka per una settimana, per dare un’occhiata: ero felice, eccitata da tutti i nuovi colori, sapori e odori, affascinata dai bei sari, dai rickshaw brillanti, e dalla gentilezza della gente.

Gli espatriati mi guardavano con aria scettica, con quello sguardo da “imparerai presto”.

Ma la decisione di fare un giro di ricognizione è stata ottima, e lo raccomando a chiunque stia per lanciarsi in un grande trasloco; andate prima a raccogliere le impressioni sul posto.

In quella settimana ho conosciuto alcune delle mogli dei futuri colleghi di mio marito, che mi hanno fatto vedere i negozi, i club di espatriati, e i ristoranti. Mi hanno anche avvisata di tutti i problemi e i disagi che avrei dovuto affrontare. Ma soprattutto, erano lì ad aiutarmi quando sono arrivata due mesi dopo.

All’inizio ero piena di entusiasmo e voglia di nuove avventure. Ma ovviamente sono umana. E trovo che lo shock culturale non diminuisca man mano che aumentano gli spostamenti: anzi, mi sembra che avvenga il contrario.

Sono passata attraverso tutte le fasi classiche dello shock culturale, esacerbato dal fatto che abbiamo dovuto cambiar casa dopo sei mesi (quando ero già nella più profonda disperazione), e andare in un posto ancora non finito (bisognava rifare tutta la cablatura e la cucina e i bagni erano stati sventrati e rifatti dopo che ci eravamo installati, giusto per menzionare un paio di problemi…).

Quali sono state le sfide più grandi?

Il traffico, il rumore, il traffico, il traffico, l’inquinamento, il traffico, il traffico, le folle, i mendicanti, il traffico, il caos, il traffico… ma soprattutto la mancanza di libertà. La mancanza di libertà nel poter guidare, passeggiare, fare quello che voglio quando voglio, indossare quello che voglio, essere anonima.

SurvivingDhaka4Cosa mi ha aiutato a resistere?

Credo fermamente che i paesi più duri siano i più soddisfacenti. Tutti gli espatriati sono sulla stessa barca, e si stringono uno all’altro. Dhaka è piena di gente avventurosa e amichevole. E ci sono fantastiche opportunità per tenersi occupate.

Come sopravvivo?

Le mie strategie personali

Credo che la vita sia un gioco di destrezza ovunque ci troviamo, e che dobbiamo sempre impegnarci per far funzionare i nostri numeri da giocolieri. Penso spesso alla mia vita come se fosse composta da otto palle da giocoliere: famiglia, amici, forma fisica, avventura, scrittura, lavoro professionale, lavoro sociale e dovere. Per me è importante mantenerle tutte in equilibrio.

Come si rapporta tutto questo alla mia vita a Dhaka?

Lasciatemi prendere in considerazione le mie palle da giocoliere una per una.

Famiglia:

questa è una parte dura: ho tre figli (due in Scozia e uno in Sudafrica), due nipotini e un altro in arrivo, e dei genitori molto anziani (a Roma). Ci manteniamo regolarmente in contatto via Skype e telefono (a proposito, le mie fatture mensili del cellulare in Bangladesh ammontano a circa dieci euro, con decine di chiamate e messaggi internazionali).

Purtroppo nessuno dei nostri figli è venuto a trovarci qui (chissà come mai?), ma io vado a trovarli due volte all’anno, e negli ultimi due anni ci sono state delle bellissime riunioni famigliari.

Ho avuto lunghi periodi lontana dal Bangladesh, ad esempio quando mia madre si è rotta un’anca o quando mia figlia ha avuto il suo bambino. Il tempo che si passa in famiglia è intenso e meraviglioso quando si vive lontani.

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Amici

sono piuttosto fortunata perchè sono estremamente estroversa. Non aspetto che gli amici vengano a me: vado a cercarmeli. Ero a Dhaka da pochi giorni quando una mattina mi sono svegliata prima delle cinque, con la chiamata del muezzin, e ho scritto un post nel mio blog, e in un paragrafo dico:

Questa mattina mi stavo proiettando nel futuro: due mesi, sei mesi, un anno da oggi…da qualche parte, probabilmente nel mio bel quartiere di Gulshan – il principale “quartiere di expat” della città – ci sono persone che stanno ancora dormendo e che presto diventeranno mie amiche. Magari le ho sfiorate in strada, o viste in un negozio. Ci sono persone che tra poche settimane diventeranno importanti nella mia nuova vita, che hanno tanto da insegnarmi, da condividere, così come hanno fatto molti di voi nel corso degli anni in posti diversi.

E naturalmente, mi sono fatta degli amici. Tantissimi. Amici in gruppi sociali, in gruppi di sport, amici che ritrovo in vari gruppi… e come sempre, quando sei espatriata, gli amici vanno e vengono. Io tendo a non attaccarmi troppo alla gente nei contratti all’estero; altrimenti dire addio diventa troppo doloroso.

Mi mantengo in contatto anche con i miei amici di Bruxelles, che è la mia base, e alcuni amici speciali nel mondo, a cui scrivo e parlo in Skype regolarmente. Le vacanze in Europa sono un momento stupendo per ritrovarci.

Poi ci sono gli amici virtuali, che ho incontrato su siti web come Expatclic e Writers Abroad (vedi oltre).

Forma fisica

Mantenermi in forma fisicamente mi mantiene sana. Qui a Dhaka è troppo caotico per camminare o andare in bici (almeno per me). Ma ci sono molti club di espatriati che offrono attività sportive.

Frequento un corso di yoga, e nuoto due o tre volte a settimana. A casa abbiamo un nastro camminatore e una cyclette e li usiamo regolarmente. Mangio cose sane e evito di bere troppo alcohol. Mi impegno molto per mantenere sotto controllo il peso.

SurvivingDhaka5Avventura:

per me avventura significa uscire: provare la vita “al di là della bolla”. Ho parlato con le gente negli slums, visitato dei posti dove si parcheggiano i rickshaw di notte, incontrato lavoratori bambini e visitato fabbriche di sari…

Le avventure che preferisco sono quelle che mi portano a visitare dei progetti fuori Dhaka con mio marito: purtroppo queste uscite sono state bloccate a causa della situazione politica.

Scrittura

scrivere è diventato un hobby serio per me un paio di anni fa. Ho fatto qualche corso online, e adesso i miei articoli vengono pubblicati regolarmente. Sono quasi tutti articoli di viaggi e vita.

Partecipo attivamente a un gruppo di scrittori espatriati online, Writers Abroad, dove inviamo regolarmente i nostri scritti per una critica tra noi, e partecipiamo a concorsi. Ogni anno produciamo un’antologia: l’ultima è intitolata Foreign Encounters. Creare l’antologia è un grandissimo lavoro, ma dà una soddisfazione immensa.

Scrivo anche un blog. E’ il racconto della mia vita qui, una specie di diario, pieno di momenti delle mie avventure e dei miei viaggi, la situazione politica, la mia vita di tutti i giorni, e qualsiasi altra cosa che ho voglia di scrivere. Forse un giorno diventerà parte di un libro…

Lavoro professionale

quando sei all’estero, è facile perdere la propria identità. All’improvviso vieni definita come la moglie di tuo marito (ancora di più in Bangladesh – qui “Nome del Marito” si trova su tutti i formulari che van riempiti). Per me è fondamentale mantenere la mia identità e avere una ragione nella mia vita qui, al di là dell’essere una moglie.

E arrivo a questo attraverso il mio lavoro. Non ho un permesso di lavoro, ma continuo la mia attività professionale su base volontaria: do corsi di Tecniche di Presentazione e di Inglese per espatriati. Sono anche esaminatrice al British Council.

Oltre a darmi un’identità staccata da quella di mio marito, mi mantiene in contatto con la sfera per la quale ho studiato. Mi fa sentire una professionista, e penso che mi aiuterà a reinserirmi in una “normale” vita lavorativa una volta tornata in Europa.

 

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Lavoro sociale

quando sei bloccata nel traffico per ore, con i mendicanti che bussano costantemente al finestrino della macchina, è facile perdersi d’animo. La mia politica è di non dare mai niente ai mendicanti (la maggior parte lavora per dei padroni e mi rifiuto di partecipare a questo tipo di estorsione).

Ma per alleggerirmi la coscienza in questo paese dove c’è una povertà estrema, faccio un po’ di lavoro sociale. In realtà più che alleggerire la coscienza, questo lavoro mi dà un’immensa soddisfazione – e esperienza in aree delle quali non sapevo nulla. Oltre a fare un po’ di volontariato nell’insegnamento, formazione di insegnanti, organizzazione di corsi e correzione di documenti, visito progetti e slum, ospito eventi artistici, e faccio quello che mi chiedono se ne ho il tempo. So che tutto quello che faccio è una goccia nell’oceano, ma se non ci fossero gocce, non avremmo neanche gli oceani.

Dovere

come moglie di un diplomatico, ho vari doveri ufficiali, come organizzare cene ed eventi a casa mia, andare a eventi esterni, e gestire la mia casa e lo staff. All’inizio trovavo tutto più grande di me, ma ho degli impiegati domestici eccezionali, e molto aiuto dall’ufficio di mio marito. E’ stata un’enorme esperienza formativa, che mi tornerà molto utile in futuro. E ho scoperto che gran parte di tutto questo può essere divertente (specialmente indossare i sari!).

Consigli per chi va a vivere a Dhaka

  • Leggete l’ottimo articolo di Claudia sullo shock culturale. Essere cosciente, secondo me, ci porta già a metà strada
  • Identificate le vostre “palle da giocoliere” e impegnatevi a mantenerle in equilibrio
  • Assicuratevi di essere sulla lista di messaggi di testo della vostra ambasciata sulla situazione politica
  • Unitevi alla pagina Facebook Deshperate in Dhaka, e non esitate a postare qualsiasi domanda. Di solito vi rispondono nel giro di pochi minuti. Da dove trovare una donna di servizio, macchina o appartamento a dove fare lezioni di canto o di tango, o trovare un sarto o liquido per le lenti a contatto, Deshperate in Dhaka ha le risposte
  • Unitevi appena potete a un club di espatriati
  • Mentre scrivo questo articolo, si sta creando un nuovo Club Internazionale di Donne. Sembra essere aperto, amichevole e dinamico. Scoprirete di più su Deshperate in Dhaka quando arrivate
  • Ma soprattutto, mantenetevi impegnate e sorridenti!

 

Paola
Dhaka, Bangladesh
Marzo 2013
Tradotto dall’inglese da Claudiaexpat
Photo Credit ©Paola

 

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