Home > Sudamerica > Guatemala > Daniela in Guatemala, una zingara nel cuore e di fatto

Daniela, un’italiana originaria di Trento, si definisce “zingara nel cuore e di fatto”. Vive tra l’Italia e il Guatemala. Io l’ho conosciuta a Lima, e ho voluto intervistarla per voi. Ancora una donna italiana, una donna forte, fantasiosa, che non ha paura di sfidare i cliché culturali, ma soprattutto che fa dell’incontro con altre culture un leitmotif nella sua vita. Vediamo come.

Partiamo dall’inizio. Da dove nasce questa “zingara nel cuore e di fatto” ?

Zingara nel cuore lo sono da sempre, di fatto lo sono diventata un po’ dopo…Sono nata a Trento, e ai sette anni mi sono trasferita a Milano per il lavoro di mio padre. Lì sono rimasta fino al terzo d’anno di università, facoltà di medicina. E’ stato in quel momento che ho deciso che solo lavorando con le mani mi sarei potuta salvare dalla disperazione della città. Mi sono dunque trasferita a Ibiza, dove ho imparato a fare l’artigiana.

Spiegaci meglio…perchè sei andata ad Ibiza per imparare a fare l’artigiana?

Per il semplice motivo che in quel momento (era il 1979) ad Ibiza c’era tantissima gente.

zingara nel cuoreC’erano soprattutto moltissimi argentini espatriati (erano gli anni terribili della dittatura militare in Argentina), e questo mi ha permesso di entrare in contatto con le loro realtà, di cui in Italia non si parlava proprio. Veramente c’era mezza America Latina ad Ibiza, in quel periodo, la maggior parte della gente era scappata dal proprio paese e aspettava che cambiassero le cose per rientrare. Per me questo è stato interessantissimo, è stato come un viaggio nel viaggio…

Comunque, a Ibiza ho cominciato a fare le bambole doppie, quelle con una gonna fino ai piedi, che quando la si rovescia rivela un’altra testa e un altro busto nel senso opposto (si facevano, per esempio, Cappuccetto Rosso e il Lupo, il Giorno e la Notte…). E’ stato un bel periodo, ma ad un certo punto ho deciso che sarei rientrata in Italia. Del resto non ero partita con l’intenzione di trasferirmi all’estero definitivamente. Volevo semplicemente trascorrere un periodo fuori dall’Italia. Gli inverni a Ibiza erano molto duri, non c’erano turisti, quindi niente vendite.

Dunque sei rientrata in Italia.

Sì, sono rientrata in Trentino, e sono iniziati i miei anni di situazione economica super difficile. Mio marito si è messo a lavorare con me nella creazione delle bambole doppie. Il problema era la produzione. Le vendite bastavano appena a garantirci una sopravvivenza molto spartana, senza nulla di superfluo, ma proprio nulla, e questo, tutto sommato, è stato un’ottimo esercizio di pratica della sobrietà.

Pian piano alle bambole si sono aggiunte altre cose, e abbiamo fondato “Cose di Stoffa”, a Trento, una piccola impresa artigianale che abbiamo ingradito: più dipendenti, più clienti… Per tanti anni abbiamo esercitato senza la licenza, quando ci siamo messi in regola sono cominciati i problemi, perchè con questo tipo di artigianato artistico o si arriva a livelli altissimi o non si guadagna. Quindi abbiamo un po’ ampliato la nostra area di attività, e abbiamo cominciato a fare i commercianti. Del resto eravamo stanchi del laboratorio,con il suo numero di ore di lavoro infinito e riscontri economici minimissimi.

Commercianti, ma sempre in Italia, giusto?

Sì, abbiamo cominciato con i prodotti di un signore che tesseva tessuti stupendi in Umbria, a Montefalco. Abbiamo lavorato anni con lui. In quel periodo io sono andata a fare un viaggio in India, e sono tornata con un concetto ben chiaro: avevo bisogno di tempo, spazio e luce.

zingara nel cuore

Sulla terrazza della casa in Guatemala

Abbiamo dunque deciso di lasciare Trento e tornare in montagna, sempre vendendo i prodotti umbri. Proprio in quel periodo un amico viaggiatore aveva cominciato a portare dell’artigianato dal Guatemala. Quando abbiamo dovuto abbandonare la vendita dei prodotti umbri (perchè il signore si ritirava dalla produzione), li abbiamo dunque sostituiti con l’artigianato guatemalteco. I clienti si sono mostrati da subito interessati, e dunque abbiamo cominciato noi stessi a partire per cercare personalmente le cose da vendere.

L’apertura sul Guatemala è iniziata nel ’92, e il nostro punto fermo era quello di mantenere la qualità nei prodotti che vendevamo. Nel ’95 siamo andati in Ecuador a cercare dei prodotti per la parte invernale. Successivamente abbiamo visitato il Perù.

Un modo molto diretto di entrare in contatto con altre realtà, dunque… Cosa vi ha però portati a “radicare” in Guatemala?

Conoscevamo il lago Atitlan per via dei nostri giri alla ricerca di prodotti. L’idea iniziale è stata di comprare un pezzo di terreno perchè ci eravamo innamorati della magia del lago. La sponda di San Pedro, dove ci siamo installati, è la più bella del lago, poco turistica, molto contadina, il paesino è tranquillo, la luce incantata.

Una volta acquistato il terreno (e ci tengo a dire che non abbiamo fatto nessun tipo di speculazione: l’abbiamo pagato per quel che valeva fino all’ultimo euro) mio marito ha cominciato a spingere per costruirci sù una casa. A me non spiaceva affatto l’idea di passare un po’ di tempo in questo posto magico, anche se 12 mesi all’anno sono un po’ troppi. A parte il giardino, infatti, non c’è molto altro. Il Guatemala inoltre è paese molto pericoloso, il problema della sicurezza è reale.

Cosa ti spinge, dunque, a tornarci?

Sicuramente conta il fatto che abbiamo instaurato degli ottimi rapporti con la gente del posto. Stiamo meglio con loro che con la comunità italiana. Per me personalmente c’è poi un’altra cosa di estrema importanza, ed è il mio coinvolgimento con l’associazione Flores de Guatemala. E’ un’iniziativa di un italiano che fa l’artigiano a Panacachel, e che l’ha fondata a Firenze. Flores del Guatemala manda a scuola un centinaio di ragazzini dell’area di San Pablo e Canton, vicino a Los Encuentros. Distribuisce anche un paniere basico a vedove, orfani e malati. Uno dei ragazzi sostenuti dall’associazione ha cominciato l’università, e quattro vanno alle superiori.

zingara nel cuore

Con un tessitore a San Pedro, Guatemala

E’ una gran bella soddisfazione vedere che dei bambini assolutamente privi di mezzi sono riusciti ad arrivare fino a qua. I fondi dell’associazione vengono da offerte private e sostengono solo i ragazzi che realmente vogliono studiare. Sono stati raccolti anche dei fondi nelle scuole italiane. Abbiamo lanciato tempo fa il progetto “Mille Lire”, che è successivamente diventato “1 Euro”, dove i bambini italiani aiutavano i guatemaltechi ad andare a scuola mentre i guatemaltechi aiutavano gli italiani a capire come è veramente il mondo e cos’è la solidarietà. Questo progetto è stato implementato in una scuola di Roma (ai Parioli) e in due scuole di Trento.

Devo dire che recentemente ho sentito una forte mancanza di continuità tra la mia vita in Italia e i periodi che passo in Guatemala. Anche se mi sento zingara nel cuore, a volte questo essere spezzata in due mi pesa. L’unica cosa che realmente sa fare da ponte tra le due realtà per me è Flores di Guatemala.

Intervista raccolta da Claudiaexpat a Lima
Dicembre 2005

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