
L’espatrio è a volte l’occasione per mettere a disposizione i propri talenti e le proprie inclinazioni in ambiti dei più svariati. Donatella è italiana e vive a Houston, Texas. In questo articolo ci racconta la sua esperienza di volontaria in un canile della sua città d’espatrio con un coinvolgimento e un trasporto contagiosi. Grazie Donatella !!!
Ciao a tutte,
fatemi immediatamente ringraziare Claudia che mi ha chiesto di rendervi partecipe della mia esperienza da espatriata presso il canile di Houston, la città in cui vivo, in Texas.
Sono arrivata da BARC (Bureau of Animal Regulation and Care) una mattina del mese di novembre, ancora caldo e sole, qui a Houston, e mio marito si era finalmente convinto a prendere un cucciolo.
Nei miei 3 anni da espatriata una delle cose che mi erano mancate di più era la presenza di un cane, sempre stata una costante nella mia vita “italiana”.
Arriviamo in questo canile (e gattile) in una zona veramente infelice della città, una specie di ghetto, il classico posto dove se ti ritrovi ad avere una gomma a terra anche in pieno giorno, preferisci tirare dritto e disfare l’auto.
Il canile però ha una bella entrata, è grande e maestoso, e sembra pulito.
Ci dicono di andare nel capannone Nord e di scegliere quello che vogliamo.
Capannone Nord
Un capannone diviso in 3 grandi stanzoni dove vengono alloggiati 150 cani circa in gabbie da 1m x 2m; dentro un gran freddo e puzza di candeggina; appena apri una porta per entrare in uno di questi stanzoni tutti i cani cominciano ad abbaiare all’unisono, una baraonda.
Sulle sbarre di ogni gabbia una cartelletta di plastica trasparente con un foglio stampato in bianco e nero con il numero di matricola del cane, una foto formato francobollo, il sesso, l’età, la razza (beh, più o meno razza) e lo stato: sterilizzato o intero.
Finalmente vediamo una persona che ci dà l’impressione di muoversi a proprio agio e di sapere quello che fa, è Barb, la coordinatrice dei volontari.
Due chiacchiere, mi presenta Angel, è amore a prima vista, una labrador mix nera che pochi minuti dopo si chiamerà Greta e salirà in auto per venire a casa con noi.
Barb è diretta, ama gli animali di un amore senza fronzoli ma infinito. In quattro parole ci dice un po’ com’è la situazione nella nostra città. Le chiedo se è possibile fare volontariato, mi chiede ironicamente se mi voglio fermare subito.
Qualche cifra, per cominciare: (e per far venire la pelle d’oca)
–80.000: sono gli animali domestici che vengono uccisi ogni anno per “esubero” nei canili e gattili della sola contea della città di Houston
–7.5%: è la percentuale tra gli animali smarriti e portati da BARC dall’accalappiacani, che viene reclamata dai propri padroni
–3 giorni: il tempo per il quale una animale smarrito e portato da BARC viene tenuto per dare la possibilità al padrone di ritrovarlo, dopodichè gli verrà fatta l’iniezione letale (tali giorni verranno estesi al costo di $10/gg se il padrone non potesse andare a riprenderselo entro i 3 giorni)
–25.000: i cani arrivati da BARC nel 2006
–20.000: il numero dei cani che nel 2006 da BARC ci sono usciti solo dal camino dell’inceneritore.
Ascoltando questi numeri, è cominciata la mia avventura.
Greta non sta bene fin dall’inizio, per cui il tempo a disposizione per fare volontariato al canile di Houston è poco, ma dopo qualche scambio di email con Barb mi presento, tuta da ginnastica e scarpe “fango friendly”, compilo un modulo con i miei dati anagrafici e lo scarico di responsabilità e posso rendermi utile.
E adesso che posso rendermi utile, …cosa posso, anzi devo, fare?
I volontari sono pochi, e apparentemente le cose da fare tantissime, non mi resta che guardarmi in giro e attaccarmi a mo’ di “zainetto” ad una volontaria che mi sembra una veterana.
Lei capisce immediatamente il mio disorientamento e mi spiega di portare nei recinti i cani a camminare e giocare, uno o due per volta, di stare attenta che non abbiano voglia di attaccare briga, e di prendere dalle gabbie quelli che non hanno ancora la molletta per i panni attaccata alla sbarra. La molletta è il simbolo per capire che il cane di quella gabbia quel giorno è già uscito in passeggiata.
Tutto semplice, tu ti avvicini alla gabbia, lui che è lì dentro e in una settimana riesce a giocare e passeggiare sì e no un paio di volte sta già impazzendo dalla gioia; non si limita a scodinzolare, tutto il corpo è in balia di una specie di danza del ventre… guinzaglio e via.
Il brutto comincia quando il suo turno è finito ed è ora di rientrare in prigione. Le zampe puntate, quello sguardo implorante e tu in un attimo non sei più l’angelo liberatore ma diventi il carceriere.
In altre occasioni mi è capitato di fare lavaggi antimicotici: in quel caso torni a casa un po’ puzzolente di zolfo e vagamente giallognola, ma la pelle è più morbida che dopo una giornata alle terme di Saturnia! (guardiamo sempre al lato positivo, no?)
Con i cani più esuberanti cerchi di cominciare con un po’ di insegnamenti di base, tipo: seduto, terra, vieni… tutto aiuta quando devi cercare di far adottare un cane, e se ha già imparato qualche comando in genere semplifica un po’ le cose.
Queste sono le mie giornate “tipo” da BARC, ma va detto che una giornata tipo non esiste…
Un fatto che mi fa stringere il cuore ogni volta che vado là è vedere da una settimana con l’altra un cane sano che a poco a poco si debilita e si ammala; la debilitazione è dovuta al fatto che le gabbie sono piccole, i volontari pochi ed il tempo che possono passare fuori è, come ho già detto, limitatissimo. Ecco allora che i muscoli perdono tono, subentra la depressione, l’appetito viene a mancare, la perdita di peso è inevitabile e la possibilità di prendere infezioni e di farsi male solo per aver giocato un po’ all’aria aperta è altissima.
Questo è il caso di Billy (ora Marley), un pitbull marrone scuro di 3 mesi che stava giocando nel prato con una labrador nera che gli faceva un po’ da mamma; non appena lei lo ha sollevato col muso, lui è caduto ed ha cominciato a zoppicare tremendamente.
Marley aveva già la tosse dei canili, veramente forte, che gli faceva spurgare da naso ed occhi un muco verdastro.
Ero ormai pronta per tornare a casa ma ho chiesto a Barb se un po’ di tempo fuori da quella bagarre gli avesse potuto giovare.
E’ così che ho scoperto che potevo anche entrare nel programma di “foster parent” (che tradotto sarebbe genitore in affidamento temporaneo), così mi sono caricata Marley in auto e l’ho portato a casa, con una buona dose di antibiotici e di ottimismo, che in questi casi non guasta mai.
Marley era magretto, anche se non esageratamente, ma la tosse era forte e la zampa continuava a fargli male; credeteci o no, nel giro di una settimana la tosse era completamente guarita e lui correva dietro ogni cosa in movimento: giocattolo, scoiattoli, o colombi che fossero. Ho stampato un volantino con una sua foto e l’ho messo in un po’ di bacheche tra supermercati, veterinari, negozi per animali e poi ho affidato la campagna pubblicitaria alle email in rete. Nel giro di pochi giorni ho ricevuto un sacco di telefonate ed email per Marley e poco dopo i genitori del mio vicino di casa sono venuti a conoscerlo per non separarsene più: Marley ha già passato a pieni voti il primo corso di addestramento e molto probabilmente diventerà un cane da pet therapy per bambini disabili. E’ un pitbull.
Una nota
In questa parte dell’America i combattimenti clandestini tra cani sono ancora molto diffusi; chi alleva cani per i combattimenti preferisce determinate tipi di razze per le caratteristiche morfologiche: per lo più sono Pitbull, Amstaff (in America si chiamano Stafforshire terrier), Rotweiller. Facendo un giro per le gabbie salterà subito all’occhio che la maggior parte dei cani hanno le spiccate caratteristiche di queste razze. Questo perchè i cani destinati ai combattimenti non vengono sterilizzati per mantenere la grinta e la tenacia data dagli ormoni, e una volta che non vincono più, vengono lasciati al proprio destino per le strade, dove saranno liberi di prolificare in abbondanza.
Vorrei spezzare una lancia a favore di queste razze, dopo aver letto articoli e polemiche varie su quotidiani italiani e stranieri: anche un pitbull può essere un cane da famiglia: il suo carattere, la sua personalità verranno influenzati per massima parte dall’educazione ricevuta.
Avere paura a priori di una razza non ha senso.
E’ vero che sono cani forti e tenaci, ma sono anche intelligenti e imparano molto in fretta; troppo spesso si demonizza una razza mentre sarebbe più giusto far cadere almeno parte delle responsabilità di spaventosi incidenti sulle spalle degli umani che sono stati incapaci di educare il proprio cane con le dovute regole.
Una volta arrivato da BARC un cane ha 90 giorni di tempo per poter essere adottato. Se dopo il termine di 90 giorni nessuno l’ha voluto, l’articolo in questione deve lasciar spazio ad un nuovo arrivato. Sembra una legge di economia aziendale, ma purtroppo stiamo parlando di vita o di morte.
Ogni settimana ricevo insieme a molti altri iscritti alla mailing list di BARC una email con la “pubblicità” di alcuni cani che per alcune doti particolari riscontrate dai volontari, meriterebbero di essere adottati immediatamente, sono i BARC STARZ.
Purtroppo alcune volte le email si riferiscono invece ai cani nel “braccio della morte”, quelli che sono ormai residenti da BARC da 90 giorni e per i quali il momento dell’iniezione si avvicina.
Ogni volta che ricevo una di queste email il cuore mi va in frantumi; devo dire che però gli ultimi “2 lotti” di parecchi cani che avevano i minuti contati ce l’hanno fatta, tutti quanti.
Il motto del comitato BARC STARZ è: se adotti un cane che è da 90 giorni da BARC puoi stare certo che avrà un sistema immunitario di ferro e non avrai fatture salate dal tuo veterinario!
BARC ha un team di veterinari per sterilizzazioni, vaccinazioni e primo soccorso.
L’amministrazione sta cercando di sensibilizzare i cittadini con campagne per la sterilizzazione a prezzi estremamente bassi, e per le razze “pericolose” in alcuni periodi la sterilizzazione è addirittura gratuita.
Una settimana prima della mia partenza per le vacanze in Italia mi arriva una telefonata per un cagnetto in condizioni disperate: il suo nome di canile era Nolan. Pesava meno di 3 kg, aveva circa 4 mesi ed era un “labrador mix” come spesso catalogano i cani di media taglia di razza indefinita.
Il pelo marrone scuro, con delle sfumature chiare vicino all’attaccatura del collo, e due occhi a mandorla incredibilmente tristi. Nolan è arrivato al canile che aveva poco più di due mesi, è stato sterilizzato dopo poco tempo e la convalescenza in un ambiente non esattamente ideale hanno fatto il resto. Ancora, tosse, muco, ma soprattutto quella tristezza che gli aveva fatto perdere la voglia di svegliarsi ogni mattino per vedere solo quelle sbarre.
Nolan smette di mangiare, e diventa uno scheletrino incredibile. Lo vado a prendere al canile, ha un po’ di febbre ed ho una paura matta di come potrei sentirmi se lui non dovesse farcela; e ho anche così poco tempo.
Passo al contrattacco e anzichè aspettare che lui stia meglio e preparare un volantino da far circolare, mando email a destra e a manca facendo vedere lo stato pietosto stile campo di concentramento di Nolan. Poco dopo una signora che aveva avuto una mezza idea di adottare Marley mi chiama e mi dice che eventualmente lei lo potrebbe tenere fino al mio ritorno in Italia.
Per farla breve, dopo un giro interminabile di email e telefonate, la convinco che essendo disposta a tenerlo per 3 mesi (questa la durata della mia permanenza in Italia di quest’anno), tanto vale che lo adotti.
Nel giro di pochi giorni Nolan ha cambiato nome (ora si chiama Bacio), la signora ha voluto dargli un nome italiano, e niente di meglio poteva rappresentarlo come la dolcezza di un bacio Perugina, la tosse gli è passata, mangia e apprezza la vita.
La mia partenza è fissata per domenica mattina e sabato a mezzogiorno Paula viene a pranzo a casa mia, conosce Bacio di “persona” (e se ne innamora), passiamo il pomeriggio insieme in modo che lui si abitui a questa nuova umana e se ne vanno via insieme.
Sono stata in contatto per tutta l’estate con Paula, e Bacio ormai è un bel cane di circa 18 kg, è niente di meno che un incrocio con un levriero italiano e probabilmente un labrador cioccolato, credetemi, un mix di una bellezza incredibile.
Un’altra storia a lieto fine!
Quando mi sono portata a casa Marley la mia Greta era morta da 3 giorni. Ogni volta che vedevo un cane nero mi si riempivano gli occhi di lacrime; sono convinta che Marley abbia fatto più bene a me di quanto io ne abbia fatto lui: la felicità che una bestiola può trasmettere, la riconoscenza negli occhi per aver ricevuto qualche carezza, un po’ di attenzione e una ciotola di pappa sono impagabili.
Se avete un po’ di tempo libero ed amate gli animali, provate anche voi!
E’ un’esperienza unica, si ha l’opportunità di venire a contatto con altre persone che condividono l’amore per gli animali, e si ha il senso di aver portato a termine qualcosa di concreto!
Non è necessario essere degli esperti, la passione, l’amore e qualche regola base facile da trovare anche su internet sono gli unici ingredienti per potersi buttare in un’esperienza che vi darà tantissimo!
Donatella
Houston, Texas
Settembre 2007
Foto ©Donatella
Già che sei qui ...
... possiamo chiederti di offrirci un