Home > Vita d'Expat > Lavoro > Intervista a Patrizia Scascitelli

Grande amica di Ada Rovatti, Patrizia Scascitelli è considerata la prima jazzista italiana. Vive a New York, da dove ha risposto alle nostre domande. Grazie, Patrizia !!!

 

Tu hai fatto il conservatorio di Santa Cecilia e hai cominciato a studiare musica classica sul pianoforte. A che punto sei passata al jazz? Nei miei ricordi di infanzia (mia madre è professoressa di piano) c’è sempre il ritornello che se suoni altri generi musicali “inquini” il tuo tocco classico. E’ vero? Hai abbandonato la musica classica per dedicarti completamente al jazz?

Al termine dei miei studi di musica classica mi iscrissi e frequentai quello che poi divenne lo “storico” corso di jazz al Conservatorio di Santa Cecila.
Storico perché mai prima di allora si era insegnata una musica diversa dalla classica al Conservatorio. Il corso, della durata di 3 anni, non fu poi più ripetuto, per via di proteste varie da parte di alcuni “puristi”.
Sono pochi i musicisti che riescono a suonare bene entrambi gli stili, per far ciò ci vuole una grande disciplina, sopratutto mentale. Personalmente la classica non l’ho mai abbandonata perché mi aiuta ad avere una visione ampia della musica.

Sei stata la prima donna a far jazz in Italia. Non dev’essere stato facile….. fino a qualche tempo fa la musica era riservata perlopiù agli uomini, e il jazz forse ancora di più. Come sei riuscita a importi sulla scena musicale italiana? 

Con la mia grande passione, senza quella non ce l’avrei fatta ad arrivare fino
ad oggi. Si parla spesso di cosa sia necessario per raggiungere alti obbiettivi,
certo il talento e la dedicazione sono fondamentali, ma la passione é un dono profondo, che ci aiuta a superare i momenti difficili, sarebbe un disatro perdere quella, sarebbe perdere l’entusiasmo, quel “feeling” infantile e puro.

Come sei approdata a New York? E cosa ti ha trattenuta? 

Visitai New York più volte rimanendone affascinata, poi in Italia sposai un musicista americano e con lui mi trasferii qui. Dopo pochi anni ci separammo e seguì il divorzio, a quel punto sarei potuta rientrare in Italia, non nego che ne avevo la nostalgia, ma la vitalità di questa città mi ha trattenuto dal farlo e così é stato anche in altri periodi.

patrizia scascitelliSe dovessi lasciare New York, in quale altra città pensi che potresti sentirti realizzata e lavorare bene come musicista?

A volte me lo sono chiesto, ma non mi vedo in un’altra città.

Com’è il tuo rapporto con l’Italia? Ti manca? Ci torni spesso? 

E’ come se vivessi anche lì, telefono spesso ai miei famigliari, ed ora col vantaggio delle e-mails sono in stretto contatto con gli amici, inoltre mi tengo al corrente guardando il telegiornale italiano. Certo mi manca, però grazie alla musica almeno ogni 4 o 6 mesi vado lì per lavoro e mi prendo sempre giorni extra così da poter stare coi miei.

Come ti senti quando suoni in Italia? Immagino che il pubblico newyorkese abbia una sensibilità tutta sua al jazz. Che succede in Italia? 

Io dico sempre che il jazz per gli Italiani è come la musica lirica per gli Americani, c’è l’entusiasmo per quello che è nuovo e diverso dalla propria cultura, ed è bello che sia così.

Quali sono i/le musicisti/e che hanno influenzato il tuo lavoro?

Molti artisti e non solo musicisti ma pittori, registi, scrittori etc., tutti coloro che hanno contribuito a mantenere viva l’arte. Queste influenze mi sono necessarie, m’ispirano e mi danno la spinta a scoprire cose nuove.

La musica è la tua unica occupazione o ti dedichi anche ad altro?

Come lavoro sì, però ho degli hobbies, mi piace cucinare e fare sport come nuotare, andare in bicicletta, fare delle lunghe camminate e amo riunirmi con gli amici.

Che progetti hai per il futuro?

Parlando di un futuro prossimo, suonerò in Italia il 23 giugno in occasione dell’apertura del festival del cinema a Pesaro. E poi un progetto che mi sta a cuore è quello di realizzare entro la fine dell’anno un nuovo CD.

Intervista a cura di Claudiaexpat
Maggio 2006

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