Claudiaexpat intervista Mari Solari, proprietaria di Las Pallas, a Lima.
Mari è una donna britannica, gallese per la precisione, che si è trasferita in Perù 41 anni fa, e ancora ci vive. Gestisce un progetto di vendita e diffusione di artigianato tradizionale peruviano, in particolare di tessuti. Sono andata a trovarla nel bellissimo spazio espositivo e di vendita che Mari ha aperto anni fa a Barranco, con Julianexpat e l’ormai fedelissimo Luca Bonacini per la parte fotografica. La bellezza della casa barranchina in cui Mari vive, espone e vende i prodotti artigianali è quanto colpisce all’inizio. Parlando con Mari ci si rende conto della storia che sta dietro a tutto ciò che vediamo oggi, e si capisce come un progetto del genere potesse essere realizzato solo da una donna forte, coraggiosa e motivata come Mari.
Domanda classica: cosa ti ha portato in Perù?
Risposta classica: un peruviano. Nel 1966 stavo facendo un corso di traduzioni in una scuola di Zurigo, in Svizzera. Claudio (mio marito) faceva l’università nella stessa città. Ci sposammo e ci trasferimmo in Perù, e da allora sono passati 41 anni.
E’ stato difficile installarsi in Perù?
Direi di no. Ero felice di farlo, venivo perchè ero innamorata e coinvolta. Quel poco che sapevo sul Perù ruotava intorno alla grande povertà del posto, quindi probabilmente mi aspettavo di vedere dei cadaveri stesi lungo le strade, un po’ tipo le immagini che si hanno di Delhi o altre città in India. In realtà l’unica cosa che mi ha scioccata è stata la quantità di polvere che ricopriva tutto. Naturalmente avevo cercato quante più foto possibili del posto in cui sarei andata a vivere, e avevo dunque gli occhi pieni di immagini di questi splendidi giardini, assolutamente lussureggianti; le foto dell’epoca però erano in bianco e nero e quindi la polvere non si vedeva ! E poi sono arrivata in Perù ed ecco questi enormi banani e piante lussureggianti completamente coperte di polvere. Questa cosa mi ha veramente depressa.
Il Perù deve essere cambiato tantissimo in tutti questi anni…
Certamente, però penso che quando uno ci vive, giorno dopo giorno, integra i cambiamenti – è diverso da quando si va e si torna, perchè così si notano i cambiamenti in maniera molto forte. Lima è cresciuta come una piovra. San Juan de Lurigancho, il quartiere dove vivevo al mio arrivo in Perù, aveva circa 20.000 abitanti, adesso ne ha un milione.
Com’è nato il tuo interesse per l’artigianato?
L’artigianato è entrato nella mia vita attraverso mia suocera, che era tedesca e aveva perso la nazionalità sposando uno straniero durante la guerra. Mio suocero era uno scrittore peruviano, certo non un tipico peruviano dell’epoca… A lui piaceva tutto quello che ruotava intorno all’arte e al folklore, e soprattutto aveva una grande passione per i tessuti delle donne. Mio suocero viaggiava molto in Perù in un’epoca in cui nessuno si avventurava in giro, diciamo 50 o 60 anni fa, in particolare viaggiava tra le montagne. Tutta la famiglia lo accompagnava con una vecchia macchina, su queste strade in pessime condizioni. Mio suocero lavorava anche all’Istituto di Salute del Ministero della Salute, e quindi mentre lui lavorava negli ospedali, mia suocera curiosava in giro per vedere cosa faceva la gente sul posto. Naturalmente era più facile avere contatti con le donne. Era affascinata dalle cinture (chumpis) che queste donne tessevano, e ha persino scritto molti articoli sul loro significato. Era la prima persona che lo faceva. Ha scritto moltissimo, molte cose non sono mai state pubblicate, altre sono uscite sul Bollettino di Lima, in varie riviste, alcune in El Comercio (importante quotidiano in Perù, n.d.r.) e un in un’altra rivista dell’epoca, Peru Art.
Tua suocera aveva cominciato tutto questo molto prima che tu arrivassi in Perù?
In realtà aveva appena cominciato – lo stava facendo ma non professionalmente o commercialmente. Ha cominciato abbastanza presto dopo aver fatto qualche mostra personale nel salotto di casa sua, a Zarate, in San Juan de Lurigancho, che all’epoca era campagna. Nel punto in cui vivevamo stavano giusto cominciando a costruire le basi della prima industria tessile del Perù.
Quando hai cominciato la vera e propria vendita di artigianato?
Mio marito è morto a dieci anni dal nostro arrivo, ed è lì che ho cominciato. All’inizio facevo traduzioni, era questa la mia professione, ma non avevo mai veramente studiato lo spagnolo per tradurre e non mi sentivo dunque molto a mio agio – pur traducendo in inglese. Ho fatto anche qualche sessione di interpretariato perchè all’epoca non c’erano interpreti. Se era dallo spagnolo all’inglese ce la facevo. Insegnavo anche l’inglese ai bambini. A quel punto mia suocera cominciava ad esportare, oltre ad avere già ben consolidata una sua piccola galleria espositiva, e mi ha chiesto dunque di aiutarla.
Quindi la tua decisione fu di restare, anche dopo la morte di tuo marito?
Sì, non ho mai realmente pensato di tornare in Gran Bretagna, era molto più semplice restare qui che spostare tre bambini nel Galles rurale dove non sapevo esattamente cos’avrei potuto fare….. Mia madre era morta quando ero giovane, mia nonna e mio padre erano vecchi, e quindi per me non aveva molto senso tornare in Galles. Oltretutto andavo molto d’accordo con la mia famiglia acquisita, qui in Perù.
Ed è stato in quella stessa epoca che hai cominciato a viaggiare in Perù e a scoprire l’artigianato?
Avevo già viaggiato un pochino con mio marito. Avevamo un vecchio pick-up. Ho sempre viaggiato, fin da quando i bambini avevano dieci mesi. Ma a quell’epoca era solo viaggio, non esplorazione.
Cosa faceva tuo marito?
Era psicologo. Si era specializzato in psicologia sociale, ma il suo vero lavoro erano le traduzioni, sostanzialmente. Quando ci installammo in Perù c’era un bisogno estremo di traduttori, e venivano pagati molto meglio di qualsiasi altra professione.
Raccontaci un po’ come funziona il tuo progetto – sei sempre tu che giri a caccia di artigianato?
Dipende. Adesso viaggio di più su invito, e volte decido io dove andare. Vado in aree piuttosto remote. Sono riuscita a creare una buona rete di contatti. In passato si viaggiava in macchina dappertutto, quindi i miei spostamenti erano sostanzialmente col pick-up, e portavo con me i bambini. Adesso prendo l’aereo per andare nella maggior parte delle regioni, e faccio l’ultimo pezzo in macchina o camion.
Lavori con una tua rete fissa di contatti e di artigiani, o sei sempre a caccia di nuovi prodotti e persone?
A ogni viaggio mi creo nuovi contatti. Recentemente ad esempio, sono stata invitata a Las Bambas, ad Apurimac (zona miniera, n.d.r.), in un’area molto remota a circa 8 ore di pick-up da Cusco, il che è ancora il modo più veloce per arrivarci. Mi era capitato di conoscere l’artigianato della zona, ma non ci ero mai stata e non conoscevo nessuno. Vedere il progetto minerario è stato molto interessante.
Diciamo quindi che sostanzialmente viaggi in posti dove viene fatto dell’artigianato per scoprire delle nuove gemme?
Questa è l’idea, e mi interessa di più viaggiare adesso rispetto a prima. Le cose sono cambiate, ho bisogno di scoprire nuovi orizzonti. Cusco, ad esempio: quando sono andata a Las Bambas ci ho passato un giorno e mi sono arrabbiata tantissimo perchè ho visto che la qualità del lavoro è calata disastrosamente, per favorire la quantità e la vendita in massa. Continuo a lavorare con degli artigiani del Cusco, ma mi viene voglia di cambiare fornitori ad esempio per tutte le decorazioni natalizie… loro sono molto sorpresi e mi chiedono perchè non mi piacciono i loro nuovi prodotti, e non si rendono conto che non è la produzione di artigianato di massa che cerco….
Quindi possiamo dire che adesso vengono prodotte quantità più grandi di cose, perchè c’è più mercato?
Direi di sì, anche se le cose che veramente mi piacciono, di vero artigianato tradizionale, ce ne sono sempre meno. Tanti anni fa, quando ho cominciato ad avvicinarmi all’artigianato, tutto quello che uno trovava era bello, perchè non c’erano produzioni artigianali di massa. Io all’epoca non potevo permettermi di comprare molte cose perchè la mia situazione finanziaria di vedova con tre bambini piccoli non me lo permetteva e oltretutto non avevo ancora l’occhio allenato per capire su cosa concentrarmi. Oggi le cose son cambiate e ci sono sempre più progetti di promozione dell’artigianato il che da una parte fa crescere la produzione di massa, ma dall’altra è un’ottima cosa perchè, come sta succedendo al sud e all’area di Cusco in ambito tessile, quando i progetti funzionano bene richiamano molti giovani, che si riavvicinano a quest’arte, e questa mi sembra una cosa molto promettente.
Diciamo che io lotto per mantenere la tradizione. Non sono contro al progesso, ma non mi piace il fatto che improvvisamente gli artigiani si mettano a fare decorazioni natalizie a 4200 metri, quando non festeggiano neanche il Natale… I loro tessuti in realtà sono fatti per un motivo, e tutti hanno un significato: dai tessuti puoi capire se una persona è sposata oppure no, i motivi indicano sempre delle cose precise, se ha piovuto o no, ad esempio, oppure possono essere delle offerte agli dei…. E’ triste quanto ti dicono ad esempio che quest’anno vogliono usare l’azzurro perchè l’azzurro va di moda… Ma ormai penso di essere l’unica persona che vede queste cose.
Quali sono i prodotti che più ti piace offrire ai tuoi clienti?
Cerco di avere cose che gli altri non hanno. Mi piacciono molto i tessuti e ho una buona rete in Cusco che mi fornisce tessuti di qualità. Per il resto diventa sempre più difficile trovare cose vecchie e di qualità. In effetti forse adesso c’è più da scoprire qui a Lima, dove gente anziana ha le sue proprie collezioni private che tiene per sè nelle proprie case….
Raccontaci qualche avventura o qualcosa di particolare che ti ha colpito durante i tuoi viaggi alla ricerca di artigianato…
Di avventure ce ne sono parecchie. Recentemente sono andata a Chopca nell’area di Huancavelica, con Maria Scura, dell’Istituto della Patata, che dirige un progetto di genere. E’ una zona molto alta, molto remota. Si può entrare nelle comunità solo su invito. Sono circa 17 gruppi e molto chiusi. Ai tempi di Sendero Luminoso erano completamente isolati. Si erano raggruppati e anche se la zona circostante era molto pericolosa, loro non sono stati toccati nè da Sendero, nè dall’MRTA o dall’esercito. I turisti non arrivano in queste zone ancora oggi, e ai tempi del terrorismo non ci arrivava proprio nessuno. Erano autosufficienti, e ancora oggi, quando sono arrivata, e nonostante ormai conoscano la vecchia jeep scassata del progetto (è l’unica che arriva in quelle zone!), ho dovuto presentarmi e non sarei passata senza il loro permesso. E’ stato interessantissimo.
A proposito di terrorismo, raccontaci com’è stata quell’epoca. Riuscivi a viaggiare? E il tuo progetto non ha risentito della situazione?
Sì, viaggiavo molto nell’area di Cusco. Cusco in sè era sicura e nell’area ho dei buoni amici e molti contatti. Loro mi spiegavano sempre quali aree erano pericolose in quel momento, e dove Sendero Luminoso era arrivato. Era assolutamente necessario avere questo tipo di contatti. In quel periodo non sono mai andata nella zona di Ayachuco, lì era veramente pericoloso.
Il mio negozio all’epoca era molto più piccolo. Non ha particolarmente risentito del terrorismo, perchè avevo delle cose molto belle già allora, e dato che la gente non viaggiava per niente nella zona di Cusco, era comodo per loro comprare le cose da me. Non avevo nessun tipo di concorrenza, in quel momento. C’erano un paio di altri negozi di artigianato, ma non avevano le cose che avevo io.
Ancora oggi il tuo negozio offre prodotti da tutte le parti del Perù, a differenza di molti altri progetti…
Penso di essere l’ultima tradizionalista che si concentra su tutto il Perù, anche se questa è un’espressione troppo grossa…. diciamo che copro più di quanto facciano tutti gli altri. Vado dappertutto e ho prodotti da tutte le regioni, dal nord alle montagne, i gruppi principali dell’Amazzonia e la costa. Ovviamente ci sono sempre posti dove mi piacerebbe approfodnire, ad esempio non conosco tutta l’Amazzonia. I gruppi etnici sono talmente tanti e variati che diventa impossibile raggiungerli tutti. Ma in questo momento ho una vera passione per le aree il più possibile remote.
Intervista raccolta da Claudiaexpat e Julianexpat
Lima, Perù
Novembre 2007