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Ringraziamo Patrizia (Hidaho sui forum) per averci permesso di pubblicare in forma d’articolo il suo bellissimo intervento sui trasporti nel suo paese d’accoglienza!

 

I trasporti e il modo di viaggiare qui in Kenya sono stati una delle prime difficoltà-bellezze-fonte di avventure che ho incontrato da quando sono arrivata…

Nella capitale Nairobi, la prima cosa che mi sconvolse di più fu…il fumo nero delle macchine, dei camion (in pieno centro!), delle motorette, delle “api”, dei bus e dei minibus…ossia di tutto ciò che si muove su ruote…insieme poi alle lunghe e interminabili code che ti mangiano ore al giorno (sapendo di respirare quello che respiri!!!).

A parte il mettere a rischio la tua vita tutte le volte che tenti di attraversare la strada (su strisce pedonali o no, con o senza semaforo – che tanto nessuno guarda!), quello che mi ha poi affascinato sul modo di viaggiare kenyota e continua ad affascinarmi è la sensazione di entrare a far parte di una comunità ogni volta che salgo su un bus-pulman-pulmino (quelli a 14 posti si chiamano matatu), soprattutto quelli che portano fuori città: ognuno si carica il suo pezzo di vita, mamme con bambini, galli e galline, qualche capra se si arriva dalla campagna e poi una quantità enorme di scatole e scatoloni, con prodotti agricoli o cose comprate in città da rivendere nel villaggio…

E chi più ne ha più ne metta: basta alzare gli occhi al tetto del pulman per scoprire che qualcuno sta facendo trasloco con tanto di letto o divano con poltrone in corredo, oppure che qualcun altro si è comprato il motorino nuovo e l’ha legato lassù…

Fantastica poi l’esperienza del matatu in villaggi di campagna, dove ti ritrovi a condividere due sedili in quattro più un quinto seduto nel passaggio su un’assicella di legno fornita dall’autista…

Succede così che i figli del tuo con-sedile si siedano sulle tue ginocchia, una gallina legata per le gambe finisca sotto i tuoi piedi, la musica tradizionale ad alto volume e la guida spericolata dell’autista ti intontiscano…e sul più bello, ovviamente il tuo vicino decida che quella in mezzo al nulla è proprio la sua fermata…e così si deve scomporre in un secondo il perfetto incastro che gli scossoni avevano creato tra gli occupanti del pulmino per lasciare scendere il buon uomo!

Il “posto” (cioè i 4 cm di spazio occupati dal tuo ex vicino) non rimarrà vuoto a lungo: l’autista infatti non avrà il coraggio di rifiutare una signora sul ciglio della strada con sacchi e bambini a seguito… E anche se tu ti chiedi come ci entrerà tutta questa umanità e roba in questo spazio ristretto, non ti preoccupare…ci entrerà… perchè c’è sempre posto per un cliente!

 

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Ma la scena più bella arriva al momento di pagare il “biglietto”: il controllore (anche lui pigiato contro il finestrino, molte volte in piedi tra la porta e il sedile, con la testa che batte nella capotta) chiede a quelli vicini a lui di chiamare i più lontani e allora inizia una catena di gesti superlativi (una specie di linguaggio dei segni) che consiste nel tocco della spalla del vicino con il classico segno dei soldi con pollice e indice e così via con il…telefono senza fili, fino a raggiungere tutti i passeggeri !

Le cose cambiano quando ci si inoltra nella provincia del Nord-est (dove vivo) o nord-ovest dove i chilometri di pista sono ancora molti (anche se temerari ingegneri cinesi sono all’opera per asfaltare la grande strada che ci collega con l’Etiopia – che fa parte della lunga arteria Il Cairo-Città del Capo!).

Da noi risale solo a due anni fa l’apparizione di un pulman di “linea” giornaliero che collega Marsabit, cittadina sull’altopiano vulcanico ai confine con l’Etiopia, ad Isiolo o Nairobi.

Prima per scendere al sud (dove tutta l’attività del paese è concentrata, essendo la zona nord desertica e ancora basata su economia “semi-nomadica”, e quindi poco sostenibile e con grandi sacche di povertà) un solo mezzo era disponibile: il famigerato “lorry”, che qui sta ad indicare qualsiasi “carretta” a quattro o più ruote, dal semplice pickup al camion al grande snodato…

Essendo questi mezzi usati per il trasporto di merci e di animali e non avendo posti a sedere (tranne i due vicino all’autista), uomini donne e bambini si arrampicano sulla capotta sedendosi sulle sbarre di ferro e viaggiando così per diverse ore, anche dodici… Vi lascio immaginare la stanchezza e la forma… del fondoschiena all’arrivo!

E così sono anche collegati tutti i villaggi che circondano Marsabit, dai più vicini fino a quelli spersi nel deserto di sale del Chalbi, a centinaia di km di distanza.

Un’altra incognita dei viaggi è l’ora di partenza e quella di arrivo…che ovviamente non sono mai fisse, ma si adattano alle esigenze dei viaggiatori e del conducente. E dipendono dalle condizioni della strada: eh sì, perchè nei 250 chilometri che ci separano dall’asfalto, tutto può succedere… e questo “tutto” ti spinge ad imparare la famosa “pazienza” africana, se vuoi sopravvivere e sopravvivere felice e senza stress.

Perchè può capitare che non solo si buchi una ruota e non si abbia il cambio, ma che un pezzo del mezzo si rompa e che non si riesca a ripararlo con una corda o con fil di ferro e tocca passare ore sotto il sole o nel freddo della notte (e lì sperimenti che nella savana vivono un…sacco di animali!!!).

Può anche capitare, come capita in questi giorni di stagione delle pioggie, che il povero lorry non riesca a superare certi punti “allagati” da fango al ginocchio e che rimanga quindi impantanato, impedendo il passaggio a tutti i veicoli sulla strada.

Anche in questo caso tocca aspettare che l’autista con qualche uomo di buona volontà scarichi il carico dal camion, poi si metta a scavare con pala e zappa – trasformando quel che rimaneva della strada in un campo pronto per la semina, infilando sotto le ruote del bestione grosse pietre (che per fortuna non mancano)… che si spera riescano a dare un buon appoggio per la ripartenza…

kenyaE non è che questo succeda solo ai camion. Alcuni anni fa, cercando di raggiungere in Land Rover un villaggio ad un centinaio di chilometri dalla cittadina, siamo sorpresi, proprio nel bel mezzo del deserto, da un fiume stagionale che raccoglie le acque di tutta la regione montana circostante.

L’acqua scorre impetuosa ed è pericoloso anche solo provare ad avvicinarsi. L’unica è aspettare. Ed è quello che facciamo, lasciando che il primo pomeriggio assuma il rosso del tramonto poco a poco fino a trasformarsi nel meraviglioso manto notturno, accompagnato da milioni di stelle che solo un cielo nel deserto ci può regalare…

Il silenzio profondo, interrotto solo dagli ululati delle iene in cerca della cena, si accompagna alla sensazione di un abbraccio protettivo, di calma profonda, che sembrava venire dalle viscere della Terra.

I morsi della fame si fanno sentire e condividiamo quel poco di frutta e acqua che l’esperienza ci ha insegnato a mettere nello zaino. Ma a quanto pare, la luce del nostro fuoco non passa inosservata neanche in mezzo a pietre e spine e vediamo luci di torcia muoversi nella notte come lucciole…

Sono morani, giovani guerrieri Rendille che stanno di guardia agli animali al pascolo, lontano dal villaggio e costruiscono capanne provvisorie dove passano la notte.

Nel buio della notte, solo il bianco dei loro occhi e dei loro denti. Loro poche parole di Kiswahili (la maggior parte non è andata a scuola) e noi quasi nessuna di Rendille.

Parlano tra di loro, e dopo un po’ arrivano con alcune tazze di latte munto poco prima.

Mai regalo è più gradito: nel pentolino di emergenza sbucato da sotto un sedile già si scalda ed emana nell’aria fresca il profumo classico di “carbone”, dai contenitori dove lo ripongono per conservarlo anche per diversi giorni.

Intorno al fuoco chiacchieriamo e ci godiamo lo spettacolo di costellazioni che neanche sapevamo esistere. Pace profonda.

Rassicurati dalla presenza dei morani non troppo distanti, cerchiamo di sistemarci alla meglio nella Land Rover per dare un po’ di riposo ai nostri corpi.

Il primo sole del mattino non ci dà il tempo di svegliarci con calma, che già fa caldo. L’acqua è scesa di livello e si decide di tentare, dopo esserci assicurati della consistenza del letto del fiume.

Quattro ruote motrici e la vecchia Rover passa egregiamente il test…e noi si procede, ringraziando per quella avventura finita bene, per quella generosità inaspettata da parte di sconosciuti, per quella pace tipica delle notti africane e per…il dono dell’acqua, che preziosa darà da bere a tanta gente e animali…

Patrizia 
Marsabit, Kenya
Aprile 2013

 

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