Di ritorno dall’estate italiana, Claudiaexpat condivide alcune informazioni utili a chi ha genitori molto anziani in patria (nello specifico a Milano).
Non so a quante sarà utile quest’articolo, ma sento di dover condividere quello che ho imparato quest’estate, quando sono rientrata per le vacanze da Giacarta e mi sono resa conto che la situazione in cui si trovava mia madre la metteva troppo a rischio.
I genitori che invecchiano quando siamo lontane è un tema che tocca tutte prima o poi. Alcune sono più fortunate di altre, hanno genitori che invecchiano dolcemente e fino alla fine non danno problemi, altre si trovano a fare i conti con un declino brusco e problematico. Molte hanno fratelli o sorelle che si occupano impeccabilmente dei genitori, altre sono sole, e il pensiero di un genitore, magari vedovo, che invecchia lontano e solo, può diventare un vero e proprio tormento.
Io appartengo un po’ a entrambe le categorie: sono fortunata perché ho un fratello che vive molto vicino a mia madre, e che nonostante la pesantezza della situazione, resta a baluardo di un invecchiamento dignitoso. Mia madre però appartiene alla categoria di vecchine sfortunate, che è passata da una vecchiaia in piena forma, indipendente e con la possibilità di dedicarsi a mille attività che la tenevano viva e motivata, a uno stato semi vegetativo perché il declino è cominciato dalle gambe, impedendole una mobilità decente, per estendersi ad altri punti e rendendole la vita realmente dolorosa.
Fino ad ora ci eravamo arrangiati con una badante fissa con mia madre. La prima, una moldava piuttosto anziana e riservata, è stata sostituita dopo un anno da una signora dello Sri Lanka, più morbida e solare, ma altrettanto odiata da mia madre che, vittima di una demenza senile galoppante, non permette a nessuno che non sia della famiglia, di avvicinarla e curarla.
Al mio rientro da Jakarta, dicevo, ho trovato mia madre completamente disidratata, in condizioni veramente deplorevoli. Un medico di famiglia troppo indaffarato per rendersi conto del precipitare della situazione, un fratello provato da mille incombenze e una badante incurante e superficiale, han fatto sì che mia madre sia quasi arrivata a un punto di non ritorno. Quando l’ho vista in quelle condizioni, ho capito che oltre all’immediato intervento (l’ho subito portata in ospedale), era necessario cambiare di badante, e trovare una persona che formasse un team con mio fratello. Non serve a nulla avere una persona presente 24 ore su 24, quando questa non allerta chi di dovere del fatto che la situazione sta precipitando.
Ero arrivata io stessa stanca dopo un periodo intenso, e provata da alcune vicende di salute che mi avevano piuttosto prostrata. Anelavo a una bella vacanza con la mia famiglia, finalmente coi miei due figli insieme sotto allo stesso tetto. Di fronte alla situazione di mia madre mi sono resa conto che oltre ad intervenire per la sua salute e il suo futuro benessere, dovevo agire rapidamente anche per preservare un minimo di quella vacanza a cui noi e i nostri figli guardiamo spesso durante l’anno, quando siamo distanti, come a un toccasana e a un momento di grande rigenerazione. Non sapevo però a che santo votarmi. Perché nessuno, fino a quel momento, ci aveva prospettato delle alternative valide o parlato di soluzioni che valevano la pena di esser prese in considerazione. E se non mi fosse stato ricordato, da una parente, che abbiamo una cugina infermiera che conosce bene i meccanismi dell’assistenza agli anziani, probabilmente non avrei mai scoperto che con il tipo di infermità di mia madre, il diritto all’assistenza domiciliare è garantito, e che l’assistenza domiciliare può assumere molte forme, e qualsiasi sia il modo in cui viene fornita, rappresenta un aiuto valido in un momento in cui non si sa davvero a chi appigliarsi.
Mia cugina mi ha dunque parlato dell’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), spiegandomi che è il medico di base che deve fare la richiesta da presentare alle ASL. Il nostro medico di base, a dirla tutta, non mi è sembrato molto informato sulle ultime norme in materia di ADI, ma la sua segretaria, che in quanto a efficienza non fa una grinza, mi ha spiegato che adesso questo tipo di servizio viene fornito solo a chi ha un’invalidità di tipo C14 – che è giusto il grado di invalidità che era stato assegnato a mia madre dopo che avevamo fatto ricorso di fronte a un C13 (e in questo devo dire che il medico ci aveva orientati in modo impeccabile). E qui si arriva al primo grottesco scontro con la burocrazia. Quando ho prospettato al medico di mia madre la possibilità di richiedere l’ADI, questo si è mostrato molto perplesso in quanto quello che avrebbe scritto sulla richiesta avrebbe determinato l’accordo o il rifiuto del servizio. Incerti sul da farsi, abbiamo alla fine deciso di richiedere interventi di fisioterapia e assistenza alla badante.
Ora, indipendentemente da quanto viene scritto sulla richiesta, il passo successivo è di chiamare l’ASL di zona del paziente, per poter consegnare la richiesta. Quando ho parlato con l’operatrice sanitaria, questa mi ha detto che in effetti, così formulata, la richiesta non aveva nessun senso. E non so se sono stata particolarmente fortunata, ma amo credere che tutte le ASL siano dotate di operatori sanitari umani e disponibili come quella in cui sono incappata io, la persona in questione mi ha fissato un appuntamento per discutere de visu la situazione di mia madre e vedere cosa poteva effettivamente (e realisticamente) venir richiesto.
La chiacchierata con questa operatrice è stata un toccasana per il mio animo tormentato. Perché lei sapeva esattamente cosa si poteva richiedere e cosa no, e dopo essersi fatta un quadro esaustivo della situazione della mamma, e della nostra situazione famigliare globale, mi ha incoraggiata a far domanda della RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) aperta, un servizio fornito dalla ASL, che prevede interventi da concordare con l’ente prescelto per l’erogazione, e che hanno vari livelli. A mia mamma è stato assegnato quello basico, che include 16 ore di assistenza da parte di un operatore socio sanitario, che ha il compito di affiancare e sollevare la badante, ad esempio nei compiti in cui questa non riesce (igiene personale profonda, ma anche svago del paziente, cura generica).
La domanda viene inoltrata dall’operatrice sociale, alla quale dovete fornire tutta la documentazione necessaria (valutazioni geriatriche e neurologiche, visite mediche, esami recenti, ricoveri e relative relazioni), e che vi sottoporrà, in quanto parenti del paziente, a una breve intervista. Se accordata, la RSA aperta parte da subito. Una volta ricevuto il voucher da parte della commissione, lo si ritira presso la ASL, e lo si presenta all’ente prescelto. Ci sono moltissimi enti sul territorio milanese, l’ASL fornisce un elenco esaustivo, e potete scegliere quello che preferite – io mi sono orientata su una casa di cura molto vicina a dove vivono sia mia madre che mio fratello e che potrebbe – forse e in futuro – diventare l’ultima dimora di mia madre. Presentato il voucher e compilati alcuni formulari, l’operatore viene assegnato immediatamente. Starà a voi, a lui e alla badante trovare il giusto ritmo di assistenza. Potete spalmare le ore come preferite, finchè restate entro le 16 prescritte ogni mese. La RSA aperta ha scadenza annuale. Quando scade, è cura dell’ASL verificare le condizioni del paziente e decidere se rinnovarla.
Questo non è però l’unico servizio domiciliare di cui potete usufruire se il vostro genitore risiede a Milano e ha una salute cagionevole. Io ho anche richiesto l’assistenza infermieristica domiciliare perché mia madre aveva una brutta piaga da decubito sul tallone, e cominciava ad averne anche sul sacro. Per ottenere questo tipo di assistenza si passa sempre attraverso il medico di base. Con la sua impegnativa, basta chiamare uno dei tanti enti preposti al servizio, e dettare per telefono quanto scritto sulla richiesta. Anche in questo caso il servizio scatta immediatamente, a volte anche lo stesso giorno. Quando la piaga da decubito è guarita, ho richiesto un’impegnativa per continuare a far venire lo stesso infermiere una volta alla settimana a fare delle punture a mia madre.
Sempre a seconda del tipo di infermità accertata, l’ASL fornisce anche ausili, che porta direttamente a domicilio. A mia madre avevano mandato a casa una carrozzina, che le è stata però ritirata (non so in virtù di quale complicata regola) nel momento in cui le hanno fornito il letto da ospedale e il materasso da decubito. Esiste anche la possibilità di avere i pannoloni durante tutto l’anno. Si passa sempre attraverso richiesta del medico di base, che verrà portata all’ASL di zona, la quale la registra e fornisce un documento da presentare in qualsiasi farmacia milanese. Questa ordina la quantità assegnata di pannoloni, che vengono poi consegnati tutti insieme o poco per volta.
Tutto questo è garantito con un codice di invalidità C14, ma alcune cose (ad esempio la fornitura di ausili e pannoloni) rientrano anche in un C13. Vale la pena informarsi bene e fare tutte le procedure del caso, perché una struttura di supporto e cura valida intorno a un genitore anziano, quando si vive lontani, non solo lo accompagna in una vecchiaia dignitosa, ma aiuta noi figlie a vivere il nostro espatrio più serenamente.
Claudia Landini (Claudiaexpat)
Jakarta, Indonesia
Settembre 2015