Giuliettaexpat, cresciuta in una famiglia bilingue, ci racconta la sua esperienza…
Sono nata e cresciuta in una famiglia bilingue e biculturale, forse per questo il vivere all’estero, affrontare nuove culture ed immergermi in esse non mi ha mai creato problemi.
Mio padre Pierre è nato in Italia durante il fascismo, Piero all’anagrafe perchè all’epoca era vietato dare nomi stranieri. I suoi genitori erano entrambi francesi, mio nonno Albert era nato anche lui a Torino, da genitori espatriati d’altri tempi ma legatissimi alla loro terra e alla loro cultura. Il mio bisnonno quando perse la sua prima moglie, e viveva già Torino, anzichè trovarsi una bella piemontese scrisse a Gevrey-Chambertin, paesino della Borgogna di cui era originario, e chiese che gli inviassero una sposa… E così fu !!!
Nonno Albert è cresciuto e ha studiato in Italia pur mantenendo sempre la sua cultura e la sua lingua, ha viaggiato in giro per il mondo, vivendo in Cina per tantissimi anni, impregnandosi di nuove culture e di nuovi modi di pensare, ma rientrato a Torino anzichè innamorarsi di una brunetta italiana il suo cuore si è messo a palpitare per la bionda e gracile Marcelle, francesina in visita in Italia, alla quale con passione dichiarò il suo amore in cima alla mole Antonelliana (la tour Eiffel di Torino). Insomma, della serie “mogli e buoi dei paesi tuoi”…
Albert il trilingue (italiano, francese e piemontese) ha messo su famiglia con la sua francesissima moglie e in questa famiglia, con i loro figli, le tradizioni, la lingua e la cultura francese sono state rigorosamente rispettate: un pezzo di Francia nel centro di Torino!!
Il francese in casa e l’italiano fuori sono stati per mio padre il quotidiano e, una volta diventato adulto a sua volta, cosa c’era di più naturale che utilizzare la sua vera lingua madre, il francese, con i suoi figli?
E così dal momento in cui sono venuta al mondo mi sono trovata di fronte a due lingue e soprattutto a due culture. Papà ha sempre parlato in francese con noi figlie, mentre la mamma essendo italiana si è sempre rivolta a noi in italiano. A tavola il dialogo era divertente, sopratutto dato che con la nota prigrizia dei bambini sia io che mia sorella abbiamo scelto la strada più facile del rivolgerci a papà in italiano, che era la lingua di tutti tranne sua, quindi nettamente predominante… Questo non impediva però scambi assolutamente logici e normali, semplicemente in due lingue… il che quando ci trovavamo in luoghi pubblici stupiva sempre un po’ la gente che ci stava intorno.
Il fatto di avere due lingue e due culture mi rendeva certo, nella Torino degli anni ‘70, una bambina un po’ diversa, ma la cosa non mi è mai pesata anzi l’ho sempre utilizzata come un arma per distinguermi un po’. E poi durante le lezioni di francese (che ero obbligata a seguire dopo i pietosi tentativi di papà di insegnarmi a scrivere in modo decoroso – questo era l’unico neo e contrastava nettamente con la padronanza che avevo della lingua orale), dicevo durante le ore con la mitica Professoressa Cavalcasella me la spassavo alla grande e poi lei non mi interrogava mai, dicendo che tanto a casa avevo mio papà!
La cultura di Frère Jacques, di Malbrouk s’en va en guerre e Savez vous planter le choux (note canzoncine per bambini) è arrivata così a noi attraverso mio padre, così come prima i suoi genitori erano riusciti a trasmetterla a lui, e i suoi nonni a suo padre, facendosi largo tra la cultura italiana dominante. Tra le mie letture d’infanzia accanto al Corrierino dei piccoli c’era il mitico Pomme d’api (che ho poi ritrovato per le mie figlie, e al quale siamo stati abbonati per circa 10 anni) che le zie di Francia ci facevano avere regolarmente.
Le due lingue e le due culture sono cresciute parallelamente e direi senza grandi problemi, la dominante italiana è poi venuta un po’ meno nel momento in cui facendo il percorso inverso dei miei bisnonni mi sono trasferita in Francia. Indubbiamente questo bel mélange culturale, mantenuto sempre vivo, ha dato a noi figli la voglia di aprirci ancora di più ad altre lingue e culture, e soprattutto non ci ha assolutamente spaventate nel momento in cui i nostri stessi bambini si sono trovati di fronte al bi- e al tri-linguismo (mia sorella vive in Francia e suo marito è inglese).
La grande conquista di mio padre, dopo aver lottato per anni e anni perchè gli rispondessimo in francese, è stato vedere i suoi nipoti rivolgersi invece a lui nella lingua di Molière con estrema naturalezza, pur rimanendo il nonno e non papie (nonno in francese, mentre la mia nonna Marcelle per noi era stata sempre mamie – anche questo vuol dire mischiare le culture): a nonno Pierre nessuno di loro si è mai rivolto in italiano!
Per quattro generazioni a casa nostra lingua e cultura si sono trasmesse naturalmente in terra straniera, e se fino alla mia generazione è stata questione di mantenere vivo il francese, adesso il processo si è invertito ed è la cultura italiana che dobbiamo mantenere ben viva. Non è facile, ma se ci sono riusciti prima di me i miei bisnonni, i miei nonni e mio padre, perchè io non dovrei esserne capace?