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axel fassio

Abbiamo raggiunto per voi un fotografo italiano che da sempre – e intendo dire dalla nascita – vive in espatrio. Axel Fassio ci racconta il suo percorso di fotografo e ci offre qualche interessante considerazione e la sua personale esperienza per riflettere su come la fotografia possa intrecciarsi con una vita divisa tra tutti i continenti. Axel è attualmente anche uomo accompagnante, e quest’intervista ci fornisce interessanti elementi per avvicinarci ancora di più a questa sfera. Grazie Axel !

 

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Axel nasce a Parigi nel ’72 da mamma argentina e da padre nato a Siena ma romano d’adozione. Tre paesi dunque già presenti in qualche modo nella sua vita alla nascita, ma questo è nulla rispetto a quanto lo aspetta. Il lavoro di suo padre, rappresentante di Alitalia, lo porta a cambiare paese in media ogni due/tre anni. Si trasferisce in Cameroun a tre anni di vita, poi in Brasile (Rio de Janeiro), quindi a Chicago negli Stati Uniti, e poi a Istanbul, in Turchia, per rientrare per la prima volta in Italia, a Bologna, all’età di 13 anni.

Dopo quattro anni arriva il trasferimento a Venezia, dove Axel finisce le superiori e si iscrive a Chimica Industriale all’università di Venezia, una delle poche scelte sbagliate della sua vita, racconta ridendo.

Rendendosi conto che gli studi intrapresi non corrispondono propriamente a quanto più desidera, Axel apre nuove porte scoprendo altre strade. Durante gli studi universitari di tanto in tanto gli capitava di accompagnare dei gruppi turistici in Libia e Papua Nuova Guinea per conto di un operatore di Mestre che organizza viaggi molto particolari. E’ attraverso questo contatto che gli viene offerto di andare a gestire una società in Mali, una sorta di agenzia turistica/albergo/ristorante. Rientrato dopo tre anni, è ormai inserito nel settore turistico, e diventa programmatore per le Americhe (nord, centro e sud) sempre per la stessa società, lavorando per un anno e mezzo in sede.
Nel frattempo Giovanna è entrata definitivamente nella sua vita. L’ha conosciuta a Venezia, dove la incontrava di tanto in tanto a cena a casa di amici comuni. Dopo il suo master Giovanna va in Nicaragua per uno stage, esperienza che si rivela all’inizio piuttosto dura e che la spinge a contattare Axel, che nel frattempo lavorava in Mali. Dalla ricerca di comprensione e conforto per la condivisione di un’esperienza all’estero, nasce un fitto dialogo in Internet, che si trasforma in una relazione solida e duratura quando Axel, rientrato in Italia, la raggiunge in Cambogia, dove Giovanna si è nel frattempo recata per uno studio di fattibilità.
Il suo destino di perenne girovago si conferma anche con Giovanna, che riceve un’offerta di lavoro a Misiones, in Argentina, e dove Axel la segue, prendendosi un anno sabbatico.

L’idea di fare qualcosa di più con la fotografia non lo ha mai abbandonato, e Axel approfitta del periodo in Argentina per costruire il suo primo sito fotografico e il suo portfolio, che diventano la base, nei successivi due anni, per contattare varie agenzie e cominciare un rapporto più professionale in quest’ambito.

In Argentina Axel e Giovanna si sposano, e durante il viaggio di nozze vengono chiamati entrambi per andare in Sri Lanka a gestire il post Tsunami (siamo dunque alla fine del 2004). Due posizioni lavorative e un anno e mezzo di lavoro estremamente intenso durante il quale Axel per forza di cose deve mettere da parte la fotografia. Questo non gli impedisce però di raccogliere testimonianze fotografiche che, al rientro in Italia per la nascita di Filippo, il loro primo figlio, sfoceranno in un bel libro sullo Tsunami per l’ong per la quale lavoravano.

Axel mantiene dunque, pur dedicandosi ad altre cose, un forte legame con la fotografia. Approfitta della pausa dopo la nascita di Filippo per migliorare il sito web e cominciare a contattare varie agenzie di fotografia. I risultati sono sorprendenti, arrivano addirittura una trentina di risposte positive. Axel riflette, vaglia, ascolta il suggerimento di amici fotografi professionisti che gli sconsigliano di non lavorare con un gran numero di agenzie, e di sceglierne piuttosto una o due e restare con queste. La scelta ricade su quelle che Axel reputa migliori, l’Aurora Photos negli Stati Uniti (https://www.auroraphotos.com/, agenzia piccola ma molto prestigiosa) e Getty Images (https://www.gettyimages.com/).

axel fassioQuando Filippo ha otto mesi, arriva un’altra proposta di lavoro per entrambi, in Etiopia, per due anni, al termine dei quali rientrano per la nascita del fratellino di Filippo, Lorenzo. La proposta successiva arriva per Giovanna, da una grande ong italiana, per un’ottima posizione in Perù, dove si trovano attualmente.
Axel cerca subito qualcosa da fare sul posto, e il caso vuole che proprio a Lima viva e lavori da molti anni un suo omonimo (e coetaneo), Alessandro Fassio, da tempo amico di Expatclic. Con la sua esperienza in ambito turistico, Axel comincia subito a lavorare per il Tucano, ma una volta di più non abbandona la fotografia. Anzi, è proprio dal Perù che Axel, per la prima volta in vita sua, partecipa a una serie di concorsi fotografici internazionali di alto livello, raccogliendo parecchie soddisfazioni (http://www.fassiophoto.com/awards.html).

axel fassioTi faccio i miei complimenti perchè evidentemente sei molto bravo a riciclarti in diversi ambiti a seconda del momento, cosa essenziale quando si vive in espatrio. Pensi che questa tua capacità si sia affinata grazie al tipo di vita che fai da sempre ?

Sicuramente il fatto di arrivare continuamente in un posto nuovo, affrontare cose nuove e nuove amicizie richiede di essere flessibili e malleabili, per districarsi in settori che uno non necessariamente conosce. Col tempo si impara a cavarsela in ogni campo.

Finora hai lavorato in ambito turistico e umanitario, campi nei quali la fotografia trova sempre una sua collocazione…

Certo, sia in Sri Lanka che in Etiopia venivo considerato il fotografo ufficiale delle ong per cui lavoravo. Con le mie foto sono state fatte campagne di raccolta fondi, libri, riviste, mostre sui progetti che seguivamo. In Etiopia ero stato addirittura contattato dalla EPA (European Press Agency) perchè diventassi il loro corrispondente nel Corno d’Africa.
Avevo però un lavoro piuttosto delicato, seguivo progetti ai confini con l’Eritrea e la Somalia (rifugiati e progetti idrici), zone in cui il governo etiope non amava avere occhi stranieri. Fare qualcosa in ambito fotogiornalistico era abbastanza rischioso. Ho quindi accettato ma alla fine ho fatto poco o nulla. Nello stesso momento però si sono aperte nuove porte con la divisione di Getty Images che tratta di servizi fotografici, mi richiedevano servizi in zona, opportunità molto interessanti, ma ero in partenza per l’Italia e quindi è sfumato tutto. Qui in Perù negli ultimi sei mesi le cose si sono movimentate, le richieste di servizi si sono moltiplicate.
A inizio anno mi ha contattato Sipa Press (agenzia di stampa francese) chiedendomi di essere il loro referente in zona per i loro clienti corporativi. Ho avuto anche richieste di servizi da Frommers Guides, Harvard University, International Expeditions, American Express, United Airlines, RSCG Worldwide, Ruoka & Matka, Sunday Times e UNICEF.
Non tutto è andato in porto per un motivo o l’altro ma la cosa importante (e insperata) è che sono stati tutti contatti diretti, cioè da parte di clienti che sono andati sul mio sito e da lì mi han contattato o che hanno trovato il mio nome in Internet). Tranne per UNICEF, sono stati loro a cercare me e non viceversa. Ho lavorato molto, ho effettuato servizi per guide turistiche, ad esempio per International Expeditions ho fatto un servizio in Amazzonia peruviana. Sempre loro mi manderanno alle Galapagos ad agosto/settembre. Comincio a muovermi un pochino anche fuori dal Perù, ho avuto richieste per andare in Argentina e addirittura in Nepal per seguire una maratona che scende dall’Everest. Purtroppo in entrambi i casi non sono riuscito a partire, non sempre posso muovermi agevolmente, per via del mio lavoro qui e della famiglia.

 

axel fassio

Sono piuttosto sorpresa da quanto mi dici perchè tutti i fotografi con cui ho parlato recentemente fanno molta fatica ad avere contatti, occasioni, etc., soprattutto in questi ultimi tempi di crisi…

E’ vero, è molto difficile, e infatti mi stupisco di come mi stanno andando le cose, nonostante la fortissima crisi che c’è da sei, sette anni, cioè dal periodo giusto prima che io entrassi in questo settore. Fino a prima della crisi si poteva vivere bene anche con fotografie stock, adesso anche fotografi affermati che lavoravano da vent’anni hanno dovuto rivolgersi ad altro perchè non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Il fotogiornalismo è completamente scomparso. Il settore sta andando a rotoli oppure si sta evolvendo verso qualcosa che ancora nessuno capisce, sta prendendo molto piede tutto quello che è movimento e sonoro, anche in ambito pubblicitario, la fotografia fissa e statica c’è ancora ma in misura sempre minore.

axel fassioMi sembra di capire che anche tu, come altri fotografi coi quali ho parlato, non consideri la preparazione tecnica come un elemento essenziale per creare un grande fotografo. Qual è o quali sono gli elementi che caratterizzano un bravo fotografo professionista ?

L’era digitale ha ovviamente amplificato l’offerta. Non solo facilita il fatto di far foto, ma ha aperto la fotografia al mondo intero, ha favorito molto il contatto con le agenzie fotografiche. Non parlo solo di Internet, e quindi della possibilità di scovare la mail degli editori e di mandar loro il proprio portfolio, ma anche di quello che segue il contatto. Prima bisognava mandare l’archivio fisico, con didascalie scritte, cosa che solo un professionista poteva fare, chi faceva fotografie in maniera amatoriale non si metteva certo ad archiviare le foto e a mandarle fisicamente in Australia, ad esempio. Internet ha spalancato le porte a tanti aspiranti professionisti che prima non sapevano come fare perchè non era così ovvio contattare le agenzie e farsi conoscere. Adesso con un sito web e il portfolio si crea il primo contatto con estrema facilità. La concorrenza nel settore è aumentata moltissimo e questo è un ulteriore fattore che ha portato alla crisi, oltre all’abbassamento drastico del valore delle fotografie a livello commerciale, editoriale.La definizione di fotografo professionista è ambigua perchè in genere la si attribuisce al fotografo che vive della sua fotografia. Questo naturalmente non vuol dire che sia bravo, ci sono tanti fotografi che riescono a vivere della fotografia pur non essendo particolarmente dotati. Tanti altri, magari migliori, per indole o carattere non si sanno vendere. Credo che quello che distingue un bravo fotografo da uno mediocre sia sostanzialmente una questione di occhio, di sensibilità, di capacità di trovare in un paesaggio un particolare che magari altri dieci non vedono, e di metterlo in risalto in quella particolare foto. Chiaramente seguire un corso per quanto riguarda le tecniche può aiutare, ma se non hai occhio e sensibilità, ti fermi ad un certo punto ed è lì che scatta la differenza tra un bravo fotografo e uno meno bravo. La tecnica serve sicuramente, è il trampolino che ti spinge a lanciarti nel fotografare, e più foto fai, più impari e più hai occasioni per « affinare » la tua sensibilità.

axel fassio

Cosa ti piace di più fotografare ?

Dire che mi viene più naturale e più facile fotografare paesaggi è un po’ limitante. A me piace molto la geometria, l’astratto, quindi cercare qualcosa nei colori, nelle linee, nelle luci, negli abbinamenti. La mia è una ricerca estetica in quello che vedo, che naturalmente si applica anche alle foto documentaristiche, fotogiornalistiche, sociali. Potrei anche dire che ricerco il positivo in quello che fotografo. In Etiopia ho avuto tante occasioni di fotografare situazioni tragiche nei campi rifugiati, e in qualche modo, anche se chiaramente non in tutte, ho sempre cercato di trovare un elemento positivo, e di farlo risaltare.

Il sito web di Axel : https://www.fassiophoto.com/
Intervista raccolta da Claudia Landini (Claudiaexpat)
Giugno 2012

 

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