Home > Africa > Sudan > I primi giorni a Khartoum: le impressioni di Silviaexpat

Silviaexpat ci racconta quasi in presa diretta la sua nuova vita in Sudan. Le sensazioni dei primi giorni a Khartoum, l’adattamento alla natura stessa della città…

Piano piano ci adattiamo alla nuova situazione. Nuova casa, un appartamento dai saloni immensi dove tutto risuona in un eco continuo e dove la gatta si nasconde, allungata sul pavimento in cerca di frescore.

khartoum

Foto di Silviaexpat

Nuova città, sonora, movimentata, impolverata: qui solo le arterie principali sono asfaltate, le vie ‘secondarie’ sono solo polvere del deserto. Rossiccia, tipo Terra di Siena…

Una città che, se nei primi giorni si declina su poche strade,  inizia poi, col passare del tempo, ad allargarsi e ad offrire nuovi spazi, nuovi viali, nuovi angoli, nuove possibilità.

Così che le impressioni dei primi giorni vanno a miscelarsi in un film senza fine con le immagini nuove che ora saranno elaborate diversamente dal nostro cervello. Perchè non più nuove e inaspettate, ma già simili a qualcosa che abbiamo oramai imparato a ri-conoscere.

Foto di Moutaman Kamal su Unsplash

Strade polverose tra cancellate e mura alte due metri almeno, dietro cui si ‘nascondono’ palazzine e villette;  agli angoli delle strade piccole stamberghe malferme come se ne vedono anche in Asia, piene di sigarette, caramelle, biscotti, Pepsi Cola per gli ultimi acquisti del momento. Ovunque uomini e donne, spesso altissimi e nerissimi, del sud del Sudan, accovacciati per terra nei pochi angoli d’ombra, a mangiare, a chiacchierare o a parlare al cellulare.

Un minareto che spunta tra scheletri di case forse mai finite; un viale alberato e ordinato che scopriamo essere quello dell’Ambasciata d’Italia. Un mercato colorato e pieno di cose di plastica; un isola verde nel mezzo di uno slargo dove si trova un caffè con i tavolini all’aperto per sorseggiare – in mezzo al traffico di Khartoum – un cappuccino e un delizioso bignè alla crema!

Questo, diciamolo, è anche il bello del vivere in città così fantasticamente complesse e diverse dalle nostre città europee. Il trovare improvvisamente la possibilità di un’isola verde con una tazza di cappuccino in mezzo al caos urbano e metafisico in cui si struttura la città. Queste piccole deliziose sorprese che fanno la giornata, queste chicche improvvise e inaspettate che invece in Europa diamo sempre per scontate. Quel negozio vende carne di manzo, lì si trovano olio d’oliva extra vergine e pelati italiani; lì ancora, a volte si trova il tonno in scatola; o quaderni o contenitori di plastica o pennarelli Pelikan. Insomma, a buon intenditor…

La strada davanti casa vista dalla nostra terrazza… notare la palma!

Approfittiamo dei fine settimana per girare la città in lungo e in largo. Khartoum è una città molto estesa, che si allarga sulla Y rovesciata che si crea dall’incontro tra il Nilo Bianco e il Nilo Blu e che conta oggi almeno, se non oltre, cinque milioni di abitanti. E’ anche chiamata la Three Town, proprio per questa triplice forma che assume nei suoi tre diversi insediamenti.

Il traffico è caotico, ognuno va per la sua, senza badare molto all’altro viaggiatore, che sia questo su di un SUV, o su una jeep di qualche grande organizzazione internazionale (UN, ICRC, OXFAM…) o più semplicemente dentro una piccola berlina, un rikshaw, un carretto trainato da un asino. I marciapiedi non esistono, ma in qualche modo qualcuno li ha inventati e sono i margini delle strade, impolveratissimi. Lì, ci accorgiamo, sono appostati i venditori di frutta e verdura, dei cocomeri enormi. Se tiri sul prezzo riesci a portartene uno a casa per meno di 3 euro.

La planimetria della città conserva ancora la struttura della Khartoum dell’epoca coloniale, quando il Sudan era un mandato anglo-egiziano. Così, la parte a sud del Nilo resta quella governativa, ufficiale e rappresentative della città, con i grandi viali alberati e le grandi palazzine costruite in diversi stili: c’è di tutto, dal puro neoclassico dell’Ambasciata egiziana, al techno tutto acciaio e vetri della Corte Suprema.

Foto: Pixabay

La Nile Street, che si affaccia sul Nilo Blu ci propone una vista molto bella, quella di una fiume dal letto molto ampio che si appoggia tranquillo e inondato di sole su sponde per lo più non asfaltate e ampie di rena gialla. In mezzo, a nord-ovest, la grande isola di Tuti dietro la quale il Nilo prosegue la sua corsa su su verso il Cairo. Alla destra dell’isola invece scorre il Nilo Bianco, basta proseguire lungo la Nile Street verso la picola sporgenza che gira poi ad angolo: qui i due fiumi si incontrano e si vede come effettivamente abbiano un colore diverso, chiaro il Nilo Bianco, più scuro e denso il Nilo Blu.

Attraverso i vari ponti che lo attraversano, passiamo sul Nilo ed arriviamo a Khartoum North, la parte più industriale della città. Anche qui tutto è color ocra e non ci sono alberi. Tornati sulla sponda meridionale ci dirigiamo verso il Nilo Bianco a ovest e lì prendiamo il grande ponte che ci porta a Omdurman, la vecchia capitale del Sudan, dove le truppe britanniche dovettero confrontarsi in una lunga battaglia con l’esercito e la figura carismatica del Mahdi. Il Suq di Omdurman è molto pittoresco ma non possa fotografarlo, non ho ancora il Photo Permit. In realtà non abbiamo ancora ricevuto i passaporti col visto, quindi è meglio tenere un profilo basso. Guardiamo, compriamo, chiacchieriamo per quanto possibile con il nostro arabo dimenticato, l’aria sembra quasi più respirabile, una brezza ‘fresca’ gira e fa vorticare la polvere.

Ci rimettiamo in macchina e torniamo verso casa, nel quartiere di El Amarat, a fianco dell’aereoporto. Amarat è il quartiere del commercio popolare, c’è una vita intensa, che ricorda quasi il centro delle nostre cittadine italiane nella sua febbrile intensità. Costruito tra gli anni ‘60 e ‘70, subito dopo l’indipendenza, con squarci anche più vecchi, Amarat ha il sapore della città vecchia che invece manca nella zona più a nord della città istituzionale; così come manca nelle nuove zone residenziali di Reyad e Manshyya, ad est. Certo, l’aereoporto è a un passo e gli aerei atterrano letteralmente sulle nostre teste.

Situato nella parte meridionale di Khartoum l’Aereoporto Internazionale, con le sue piste di decollo e atterraggio, divide la città in due. Ogni 10, 20 minuti un boeing o un A310 ci passa sulla testa a distanza più che ravvicinata e per tutto il giorno arrivano o decollano aerei di linea, cargo e soprattutto si sentono i motori dei Cessna o dei Fokker dell’ONU e dell’ICRC (e di altre agenzie internazionali) pronti a partire per il Darfur o per il sud.

A casa il silenzio è raro. In genere è tutto un rullare, una sensazione di motorino elettrico sempre acceso, c’è sempre qualcosa che vibra. Chiudo le finestre ma anche in casa tutto rimbomba, ogni minimo rumore si amplifica, è una sorta di cacofonia costante. Mi dico che l’appartamento una volta pieno di mobili, libri e tappeti rimbomberà meno, ma i rumori della città rimarranno lì. Anche i cinguettii degli uccellini e le urla dei ragazzini della scuola qui a fianco, i canti della Chiesa cattolica dei Ss. Pietro e Paolo, le chiamate alla preghiera del Muezzin…

Silvia Delogu (Silviaexpat)
Febbraio 2009

 

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