Questo è il riassunto dell’incontro del nostro Expatsupport Group di febbraio durante il quale abbiamo parlato di “Appartenenza”. Hanno partecipato amiche dalla Svezia, Italia, Indonesia, Tunisia, Uganda, Gerusalemme e Barbaraexpat da Melbourne ha moderato la discussione.
Non appartenere da nessuna parte, appartenere al mondo, appartenente a noi stesse…il concetto di appartenenza è un concetto astratto e può avere un significato diverso per ognuna di noi.
Vivendo in espatrio è difficile restare immuni alla forza di questa parola; “appartenenza” profuma di casa, del sapore dolce e amaro della nostra infanzia, di famiglia e amici lontani ma anche di luoghi nuovi ed eccitanti da scoprire.
Durante l’incontro di febbraio del nostro online support group abbiamo cercato nei nostri cuori per trovare cosa significa per noi “appartenere” e condividere il nostro ritrovato con donne in ogni angolo di mondo.
Per alcune di noi è difficile sentire di appartenere. Da anni abbiamo lasciato il nostro paese e ci sentiamo straniere al ritorno, ma allo stesso tempo non abbiamo radici nel paese che ci accoglie e siamo straniere anche lì.
Ma di cosa abbiamo bisogno per sviluppare il senso di appartenenza?
Tutte d’accordo nel mettere al primo posto i contatti umani, la connessione con gli altri. Arrivare in un nuovo paese e trovare un gruppo di persone che ci accolgono e con le quali troviamo qualcosa in comune aiuta a creare una base sulla quale cominciare a costruire.
Se quando arriviamo in un paese nuovo riusciamo ad aprirci, a prendere quello che il paese ha da offrirci e a dare qualcosa di nostro, piantiamo il seme che può far crescere l’appartenenza.
Quando non ci sono gli ingredienti giusti, se noi, o il nostro paese di accoglienza, non siamo disponibili a questo scambio, l’appartenenza diventa difficile e ci ritroviamo ad affrontare l’espatrio in sospeso, senza piantare radici.
Una partecipante ha parlato dell’importanza di appartenere innanzi tutto a se stesse in quanto stare bene con se stesse crea un immediato senso di appartenenza, ovunque ci troviamo.
Ma questo non è sempre abbastanza e, forse, per avere quel legame profondo che ci tiene salde ad un luogo c’è bisogno anche di altro. Persone, come già detto, ma anche ricordi, profumi, piante…
Si è parlato di appartenenza storica, quella alla terra dove siamo nate, alla nostra famiglia di origine, dove i nostri cari ci aspettano ogni volta per riabbracciarci e la linea atavica continua nel tempo, attraverso nonni e bisnonni, zii e prozii, fino ad arrivare a noi.
Abbiamo discusso di come avere figli cambia, e spesso facilita, il nostro senso di appartenenza, creando un legame immediato con il luogo in cui sono nati ma anche con i paesi in cui crescono e fanno nuove scoperte.
Alcune amiche che hanno cambiato paese con i bambini di varie età hanno parlato dell’importanza di regolari ritorni al paese di origine, seguendo anche una serie di rituali, avere un posto speciale da chiamare casa, parlare la lingua madre….
La frase di Cesare Pavese, citata da Claudia, ci ha offerto un ulteriore occasione per riflettere e, secondo me, raccoglie in poche parole l’essenza di tutto quello di cui abbiamo parlato:
“Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”
In seguito agli eventi degli ultimi anni, siamo rimaste con una domanda in sospeso, ispirata da un pensiero della scrittrice turca Ciler Ilan, se possiamo sentire di appartenere a più paesi, di essere cittadini del mondo, c’è davvero bisogno di avere un passaporto e chiudere le frontiere?
Credo di non essere la sola ad avere provato, ancora una volta, un’intensa sensazione di vicinanza, dalle lande desolate della Lapponia fino ad arrivare nel profondo sud all’Australia, passando per l’Italia e Gerusalemme e toccando vari paesi dell’Africa, insieme davanti ad uno schermo, legate da un filo di connessione. La magia di internet, la magia delle donne, la magia di Expatclic!