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morte in espatrio

Claudiaexpat condivide le ragioni che l’hanno spinta a scegliere il Lutto in espatrio come tema di questo mese.

 

Il topic l’ho chiamato Lutto in Espatrio perché suona meno violento di Morte in Espatrio. Ma la sostanza non cambia, è questo su cui vi invito a confrontarvi questo mese.

 

So che parlare di morte in generale è un po’ mal visto. Chi parla troppo di lutti, disgrazie, e affini, viene subito zittito e congedato come il più temibile dei guastafeste. Lo stesso vale per la morte in espatrio. Quante volte ho provato a parlarne e ho sempre incontrato un muro di gomma. Eppure sono convinta che parlare delle nostre esperienze, le nostre paure e le nostre strategie in questo senso sia molto importante. Ci prepara ad affrontare situazioni che prima o poi, purtroppo, dovremo gestire.

Se c’è una cosa che ho imparato molto rapidamente è che in espatrio si fanno cose assolutamente normali, condivise da tutte le persone e le famiglie nel mondo, ma lo sfondo sul quale queste accadono è così diverso e particolare, da rendere a volte impossibile compararle a normali esperienze vissute in patria. Questo vale direi per tutto, inclusa la morte in espatrio.

Da quando vivo all’estero ho perso molte persone care. La mia prima grande perdita è stata mia sorella, che è spirata mezz’ora prima che il mio aereo da Brazzaville atterrasse a Milano, dove mi ero precipitata appena le sue condizioni avevano subito un repentino peggioramento.

Prima di lei avevo perso mio suocero mentre vivevo a Bissau, e poi mia suocera mentre vivevo a Gerusalemme. E queste sono solo le persone più vicine a me, quelle della mia famiglia stretta. Gli amici e amiche, conoscenti, e colleghi del marito non li conto quasi più.

Cosa distingue una morte in espatrio da quella che si vive stanzialmente? Innanzitutto, e ovviamente, la distanza. Quando arriva la brutta notizia e si è nella stessa città, ci si trova già al centro del dolore. Ci si stringe da subito in un circolo di conforto, si può agire immediatamente anche con piccole cose pratiche, per tenere la situazione sotto controllo.

Vivendo lontani, si arriva sempre un po’ dopo, e se si vive magari dall’altra parte del mondo, dopo un viaggio carico di dolore, tensione, e solitudine.

Una delle ragioni per cui ho deciso di lasciare Jakarta prima che il contratto di mio marito scadesse è stata che non sopportavo più l’idea di essere così lontana dalla mia vecchia mamma. Ragionavo sul fatto che se ci avesse lasciato improvvisamente, avrei avuto davanti a me ventiquattro ore di durissimo viaggio prima di riunirmi coi miei. Era un prospettiva che in quel momento non riuscivo più ad affrontare.

Naturalmente, poi, non ci sono solo i casi di morte improvvisa, ma anche quelli in cui la morte arriva dopo una lunga malattia. E questo è un caso, forse, ancora più complicato: dover decidere quando partire, quando lasciarsi alle spalle magari dei bimbi piccoli, sapendo che le probabilità di “azzeccare” il triste momento sono perlopiù molto magre.

Anche questa è una cosa che ho dolorosamente vissuto sulla mia pelle con la morte di mia sorella. Soffriva di un cancro che si era ormai molto esteso, e i medici avevano stimato circa un mese di vita. Io mi ero preparata per rientrare dopo tre settimane dall’ultimo pronostico, ma nel giro di due giorni, e prima del previsto, Elena è precipitata in coma, e io non sono riuscita a tornare in tempo per salutarla.

E’ importante salutare qualcuno che se ne va? Cosa cambia, in fondo, obietterebbero molti. Credo che l’esperienza della morte sia intima e unica, ognuno ha la sua scala di sentimenti rispetto all’esperienza, e non mi sentirei di giudicare nessuno per il rimpianto di non avercela fatta.

Quando non si ha la possibilità di tornare del tutto, quando si rientra a funerale già avvenuto, viene a mancare tutta quella parte di elaborazione della perdita, che è necessaria per aiutarci a venire a patti con il dolore. Tre anni fa ho perso un carissimo amico. E’ morto in maniera improvvisa. Io avevo vissuto i giorni successivi all’incidente con crescente angoscia, fino a quando sua moglie, anche lei grandissima amica, mi ha scritto che non c’era stato più nulla da fare.

Quando sono tornata e sono andata a trovare lei e la famiglia, tutto era tornato alla normalità. Di lui restava il ricordo. Ero partita l’anno prima salutandolo dal cortile, lui affacciato alla solita finestra, e tornavo nella sua totale assenza, avendo vissuto il periodo del lutto lontana migliaia di chilometri, in un contesto mai condiviso con lui e la sua famiglia, e soprattutto lontana dalla mia amica, che tentavo di confortare come potevo via mail.

Questa e altre situazioni purtroppo si verificano nella vita, e quando si vive lontani, la gamma di sfide da affrontare è elevata. La morte è sempre morte, ma la morte in espatrio ci pone di fronte a inediti che spesso non sappiamo proprio come affrontare. Forse parlandone tra noi, senza esagerare né intristirci, può aiutarci a preparare quel minimo di corazza che al momento opportuno ci aiuterà a vivere l’esperienza nel modo migliore che ci è dato.

 

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Ginevra, Svizzera
Gennaio 2020

 

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