Giuliettaexpat si è da poco trasferita in India, e qui ci racconta le impressioni dei suoi primi mesi a Chennai.
Sbarcare all’ aeroporto di Chennai alle 11 di sera può essere già di per sè un’esperienza!!!
Il primo incontro con l’India, i suoi colori e il suo folklore… e di folklore intorno al terminal degli arrivi internazionali ce n’è tanto!!!
Fa caldissimo, un caldo umido al quale non siamo abituati, l’attesa dei bagagli è lunga, i controlli in dogana anche… Ma ci siamo, dopo un lungo volo dall’Europa, eccoci pronti per la nostra nuova avventura.
Indubbiamente per chi come noi viene da tre anni di vita nell’asettico e organizzato Giappone la nuova esperienza indiana può sembrare all’inizio ai limiti del possibile. Ma tante volte in questi primi mesi a Chennai mi sono ripetuta che il bello sta proprio nello scoprire qualcosa di radicalmente diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad ora. La ricchezza di questa nuova esperienza di vita è proprio racchiusa in tutto questo mondo nuovo e contrastante che ci si apre di fronte e che impareremo a conoscere pian piano…
Certo dall’inizio mi sono resa conto che nulla sarà come nella mia testa ho potuto prevedere ed immaginare, l’imprevedibile fa parte del quotidiano e la disorganizzazione regna sovrana… e ci si deve abituare.
Ma andiamo per gradi
La prima cosa che salta agli occhi nei primi mesi a Chennai, anche se sembra scontato da dire, è il contrasto forte e costante tra la miseria assoluta e il benessere nel quale noi stranieri ci muoviamo. Le lussuose ville e gli alberghi a 5 stelle convivono con le tende di fortuna disseminate qua e là, gli autisti di bianco vestiti sfrecciano senza problemi in comode berline climatizzate, di fianco a uomini, donne e bambini che fanno della strada la loro casa. Non esiste, in questo paese in cui la metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà, la volontà di nascondere questa miseria incredibile e per me difficilmente digeribile… e mi ci vorrà del tempo per accettare i karma diversi ai quali siamo destinati.
Il primo impulso è senza dubbio quello di tendere la mano a tutti quelli che ne hanno bisogno, convinti forse di poter cambiare un modo di vita radicato e una miseria dura a morire… « mamma ma sono troppo poveri, bisogna dare dei soldi a queste persone » mi ha detto
Camilla, dall’alto dei suoi 6 anni con la faccina seria e stringendomi la mano, devo anche dire che siamo forse stati un po’ avventati il nostro secondo giorno di vita indiana a portare le nostre fanciulle a passeggio sulla spiaggia… andateci la domenica come centinaia di indiani diceva la guida… e cosi ci siamo ritrovati a passeggiare in quella che potrebbe essere una spiaggia meravigliosa dopo un’approfondita pulizia e un’educazione del cittadino all’utilizzo delle pattumiere!!!
La spiaggia è il punto di ritrovo e di vita dei poveretti che affollano le strade della città. Qui vivono e convivono con bestie di ogni tipo, in condizioni igieniche ai limiti del tollerabile, utilizzando il bagnasciuga come pubblica toilette e il mare salato del golfo del Bengala per la pulizia quotidiana.
Ma poi ci si accorge anche che lo straniero viene un po’ visto come il pollo da spennare senza pietà… Tutti sono pronti a batter cassa e a batterla più alta che se avessero di fronte a loro un indiano benestante… In fretta ho imparato che è sempre meglio far compere dove i prezzi sono chiaramente indicati per evitare di farsi pigliare per il naso…
Ma andiamo per gradi, ci sono una serie di cose e cosette che colpiscono, stancano, entusiasmano e ognuna è degna di essere analizzata, tanto per dare un’ idea vera di cosa vuol dire muovere i primi passi in questo affascinante paese.
La pulizia
E’ certo un tasto dolente e siamo arrivati qui con un buon bagaglio di angosce che pian piano adesso nei primi mesi a Chennai stanno sparendo… rimanendo pur sempre accorti. L’acqua del rubinetto non è ovviamente potabile e la si utilizza solo per lavarsi, dopo aver ben spiegato alle nostre fanciulle di evitare di fare i gargarismi sotto la doccia.
E qui sono tutta una serie di abitudini che vanno a farsi benedire e tutta una serie di nuovi gesti quotidiani che prendono il sopravvento, come il lavarsi i denti con l’acqua minerale e usare la stessa per cuocere la pasta. Ma direi che quello dell’acqua è uno dei problemi minori, il vero problema qui è l’igiene del circondario, nel senso che se all’interno della propria casa si ottiene un livello di igiene normale… mettendo tra parentesi e abituandosi a lucertole, formiche e insetti vari che scorrazzano qua e là… intorno l’immondizia regna sovrana!
Il circondario
E’ colmo di rifiuti all’inverosimile. Direi che il punto di partenza dovrebbe essere la sensibilizzazione del cittadino, ma per ora ne siamo ben lontani… Il nostro guardiano gettava allegramente le sue schifezze dall’altra parte del muro di cinta, sul terreno disabitato del vicino, convinto forse che la pulizia da me richiesta fosse strettamente limitata alle mura che circondano la nostra casa, ho faticato a spiegar loro che per me è importante guardar fuori dalla finestra e vedere un bel prato pulito, anche se il prato in questione non è mio.
Non è da molto tempo che in città passano a raccogliere l’immondizia per ora con scarsissimo successo. La spiaggia di Chennai è meravigliosa ma il mio sogno di lunghe e romantiche passeggiate è presto andato a farsi benedire, a meno che anzichè alla camminata salutista io voglia darmi alla corsa ad ostacoli tra lattine, bottiglie, carte e via dicendo!!!
E che peccato!
Le mucche
Un’altra cosa che colpisce arrivando qui è la quantità di mucche che si fondono di prepotenza nel paesaggio… e anche qui ci si abitua ma ammetto che i primi mesi a Chennai, con urla stridenti le bambine ne segnalavano la presenza al nostro passaggio.
Ma che esperienza fuori dal comune la mamma mucca che allatta il suo vitellino nel cortile della scuola !!! Le mucche indiane circolano libere per la strada sia in centro città (e Chennai piccola piccola con i suoi 6 milioni di abitanti non lo è) che nelle zone più periferiche e si nutrono di immondizia che abbonda, mangiando indiscriminatamente sacchi di plastica o resti vari… non giudico la qualità del latte da loro prodotto ma immagino che la mucca alpina abbia un’alimentazione più equilibrata.
Mucche, vitelli, cani randagi, bisonti indiani dalle lunghe corna, capre, polli e galline a volontà, scimmie, elefanti, serpenti… condividono gli spazi urbani e animano il circondario, ben distesi nel bel mezzo di quella che dovrebbe essere una superstrada (insomma all’indiana!), impongono pericolosi slalom agli automobilisti che devo dire mi sembrano molto più preoccupati dall’idea di investire una mucca che da quella di falciare un incauto passante.
Il traffico
Altro punto degno di nota!
L’india è un po’ al giorno d’oggi l’Italia degli anni ’50, in cui macchina e benessere acquisito andavano di pari passo, in cui possedere quattro ruote voleva dire far parte di una nuova categoria sociale che pian piano veniva fuori…
Qui siamo allo stesso punto: la nascente classe media si motorizza, ci si compra la macchina come simbolo di indipendenza… E così le strade diventano al limite del praticabile in un melange incredibile di auto, moto, su cui si va in due, tre, quattro e anche in cinque!!!
Biciclette, bestie varie, rikshaw, pedoni… tutto rumoroso e disordinato con interminabili e continui colpi di clacson.
Se all’autista indiano tolgono il clacson è morto! Un collega giapponese di mio marito scioccato probabilmente dal suo soggiorno indiano ha fatto uno studio proprio sull’utilizzo smisurato del clacson: un’autista medio, cioè non particolarmente inferocito, dà in media 200 colpi di clacson all’ora.
Ci sono poi colpi e colpi, nel senso che non tutti hanno lo stesso significato, c’è il colpetto quasi gentile per dire spostati per favore ( di solito è quello riservato alle sacre mucche!), c’è il colpo secco, arrabbiato che vuol dire spostati perchè ti passo sopra, e poi c’è quello traducibile con uno dei noti gestacci alla napoletana, e via dicendo con tutta una sfumatura di significati.
Le regole stradali sono piuttosto aleatorie e direi interpretabili a piacere, c’è chi gira a destra, sinistra, va dritto senza preoccuparsi non solo del semaforo ma anche dei possibili divieti, si sorpassa ovunque, e anzi se hai la fortuna di trovarti un camion in senso opposto che ti viene incontro il brivido sarà ancora più forte, non ci sono problemi a farsi un pezzo di viaggio in contromano se la nostra strada è bloccata causa mucche addormentate sul caldo asfalto. La freccia e il suo utilizzo sono spesso un optional, sostituiti da ampi gesti manuali; ci sono macchine, più ligie alle regole, che hanno esposto un adesivo che indica chiaramente che il gesto manuale non è utilizzato…
Fortunatamente come tutti gli stranieri qui, non guido, non credo che avrei retto, soprattutto nei primi mesi a Chennai, e che sarei andata molto lontana, anche se ha volte dopo un sorpasso in curva con slalom tra le capre mi chiedo se con l’autista farò comunque molta strada!
Al traffico mostruoso e anarchico si aggiunge poi lo stato delle strade, asfaltate qua e là, con buchi e buchetti. In generale le arterie principali sono in uno stato più o meno accettabile, ma per il resto direi che il fuoristrada è la macchina appropriata.
I passanti attraversano a casaccio lanciandosi letteralmente tra le macchine, ben consci che nessun autista si fermerà mai per farli passare.
Il mio autista quando per qualche motivo mi lascia dalla parte opposta della strada (quando insomma non osa fare una pericolosissima inversione a U!!), scende dalla macchina per farmi attraversare come se avessi 6 anni, e devo dire che lui ha la tecnica che io non ho, questione di abitudine.
Lo stato delle strade va di passo con lo stato generale della città, un’altra cosa che mi ha fortemente colpita durante i miei primi mesi a Chennai. E’ ormai un misto di vecchio e malandato e di moderno, lussuosi e moderni alberghi, sedi di grande aziende, edifici che cercano di dare alla città un volto nuovo, contrastando con le tende, le capanne e le casette mezze cadenti che bordano i non marciapiedi della metropoli indiana.
Molte case sono a metà sfasciate «erano costruite in parte sul terreno comunale» mi spiega il mio autista «e così un giorno il governo ha mandato i buldozer e ha tirato giù tutto quello che era sul suolo pubblico». Quindi cumuli di macerie restano lì per mesi, per sempre e si vedono case sventrate dove la gente ha tirato su una tenda per rimpiazzare un muro che non c’è più, si vedono scaffali con povere cose esposti allo sguardo del passante… che tristezza.
L’insieme bello non è, ma ha un suo fascino, questo è certo, almeno per me. Ho ritrovato qui l’ambiente indiano descritto da Rohinton Mistry, uno dei grandi scrittori indiani contemporanei. Nel suo libro «L’equilibrio del mondo», i vecchi negozi di cose improbabili che si susseguono, il sarto di strada con la sua macchina da cucire, lo stiratore che utilizza ancora i vecchi ferri di ghisa all’interno dei quali si mette un pezzo ardente di carbone (altrochè la vaporella super lusso!!), i mercatini di frutta e verdura, le donne sedute per terra che vendono le corone di fiori, le noci di cocco fresco da bere, le noccioline…
E poi qua e là il fascino di un kolam come segno di buon augurio davanti alla porta di casa (il kolam è un motivo di ispirazione geometrica tracciato con la polvere di riso sulla soglia di case e negozi come simbolo di benvenuto e di buona fortuna), i bellissimi templi e una vivacità tutta particolare data da questo miscuglio di tutto, di bello e brutto, di povero e ricco, di sacro e di profano.
Non c’è India però senza indiani, questo popolo dall’aria allegra, con grandi intensi occhi profondi. Gli indiani che scuotono la testa oscillando da destra a sinistra almeno trecento volte in una conversazione, un oscillamento che può voler dire ‘sì’, ‘forse’, o anche ‘non ti dico no ma in realtà non farò ciò che mi chiedi’, gli indiani e la legge del rimanda tutto a domani cosi oggi non ti devi affannare, eh sì, perchè qui in un mese e mezzo di vita indiana non mi hanno mai detto ok lo faccio subito, ma tomorrow… Che se sei fortunato vuol dire domani, ma nella maggior parte dei casi è un momento spazio temporale assolutamente indefinito!!!
Gli indiani e gli orari sono un qualcosa che non si accorda, un indiano credo non sia mai puntuale, è cosi e basta, ti dice arrivo e poi si presenta dopo due ore, normale per lui, io mi sono già stancata d’aspettare, è un aspetto della vita qui a cui non riuscirò ad abituarmi forse mai…
Le donne indiane hanno dei lunghi capelli raccolti quasi sempre in bellissime trecce, nei capelli spesso mettono dei fiori come simbolo di buon augurio, indossano dei saree, coloratissimi, dai mille svariati disegni; gli uomini tradizionalmente indossano delle specie di gonne, in realtà la stoffa di un mezzo sari portata un po’ come noi potremmo indossare un pareo annodandolo in vita; i bambini sono spesso in divisa, delle belle divise a quadretti, bianche e rosse, bianche e verdi, con le lunghe casacche indiane per le bambine e le camiciette per i maschietti, spesso sono scalzi, come anche gli adulti d’altronde.
Ma non c’è India soprattutto senza la sua cucina, dove mille sapori si fondono, nei suoi curry, nelle verdure cucinate in mille modi, nel suo riso, nella fraganza dei suoi pani… Io sono estasiata ed ogni pasto e una gioia… I negozi di frutta e verdura sono splendidi con una ricchezza incredibile, per il resto invece se si vuole cucinare non indiano, fare la spesa non è facile, anzi!!!
Le mie visite nei negozi di alimentari durante i primi mesi a Chennai sono state abbastanza demotivanti, (parlo di negozi di alimentari perchè il concetto di supermercato almeno qui a Chennai non esiste, ci sono dei negozi un po’ più grandi della botteguccia di quartiere, ormai scomparsa in italia, ma dove non è possibile fare una spesa vera, degna di questo nome) il primo giorno avevo quasi le lacrime agli occhi, avevo preparato la mia lista, senza ovviamente la pretesa di trovare tutto…
Ma così non me l’aspettavo… poi pian piano con il tempo ci si abitua, si sa dove andare e mettendoci tre ore e girando tre quattro negozi riesco a riempire un carrellino…
Il pesce è buono e freschissimo, la carne è orrenda e solo surgelata, medito di convertirmi al vegetariano, anche se so che poi una bella bistecca cotta alla brace mi riporterebbe alla svelta sulla retta via!!! La pasta la faccio in casa, centellinando le scorte che ho traslocato, i biscotti della merenda vengono sostituiti da fraganti torte fatte in casa, l’olio d’oliva, ben raro, lo gustiamo come se fosse oro… per non parlare poi del mio espresso della mattina, ancora più prezioso!
Ma il tasto più dolente sono il vino e gli alcolici in generale, la cui vendita è vietata nel Tamil Nadu, al di fuori di qualche baruccio sgangherato dove si può comprare qualche birra indiana e dei super alcolici. E con una buona cena un buon bicchiere di vino bianco manca proprio…
Allora su consiglio di qualche expat di più lunga data sono andata nei posti in cui il nettare di bacco lo si può comprare in nero, che esperienza!!! Avevo l’impressione di comprare una dose di cocaina! In modo discreto si chiede al padrone del negozio se ha del vino, in modo ancora più discreto e rapidamente lo stesso padrone ti chiede «red or white» a risposta data e numero di bottiglie, aspetti in un angolo come un ladro un po’ nascosto.
Il tanto atteso pacco arriva avvolto in più strati di carta di giornale e alla fine il tutto messo dentro un sacco nero… sarà solo a casa che scoprirai che tipo di bianco o nero avrai per cena… per ora le nostre scoperte sono state una catastrofe, le bottiglie a tre quarti si accumulano utilizzabili solo per cucinare… pazienza aspetteremo il buon bicchiere di vino con una buona bistecca e un pezzo di toma!!!
Nell’attesa ci godiamo questi primi mesi a Chennai con tanta voglia di scoprire e conoscere questo paese ricco di cultura, di colori e di sapori.
Giuliettaexpat
Chennai, India
Ottobre 2008
Foto ©Giuliettaexpat
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