Home > Vita d'Expat > Lavoro > Il lavoro più bello del mondo, la storia di Anna Castagnoli
anna castagnoli

Anna Castagnoli è italiana e attualmente vive a Barcellona. E’ scrittrice e illustratrice di libri per l’infanzia. Lenaexpat l’ha intervistata per conoscere più a fondo questa eccezionale donna e il suo interessantissimo lavoro.

 

Un grazie di cuore ad Anna Castagnoli per la sua infinita disponibilità!

 

Anna, sei figlia di espatriati e hai passato la tua infanzia viaggiando senza avere dei veri punti di riferimento. Il disegno è per te un modo di trovare la tua identità, la tua dimensione. È sempre stato così? Qual è stata la costante in quegli anni?

Versailles, Seattle, Torino, Genova…ricordo che in tutte le case che ho abitato da bambina ero letteralmente stregata dai quadri appesi alle pareti, dai disegni delle stoffe dei divani, dalle copertine dei libri, tutte cose che ci portavamo dietro di trasloco in trasloco. Oggi credo che quelli fossero gli unici testimoni di una storia che continuava a mutare, e che in qualche modo mi rassicurassero, mi consolassero… Le immagini erano mondi vivi per i miei occhi di bambina, non meno reali del mondo reale. Ricordo che in un quadro in cui un gruppo di persone camminava per un viottolo, mi chiedevo sempre chi fosse la madre, chi il padre, chi la zia, quali i figli.

anna castagnoli

Guido, Anna (al centro), e Giulia

Devo anche dire che mia madre aveva un grande talento pittorico e che ce lo ha trasmesso. Ci affrescava con pesci, fiori e meduse meravigliose le pareti della camera e ci ha sempre lasciato molto liberi di paciugare ovunque.

Immagino che il fatto di spostarvi continuamente ti abbia unito molto alla tua famiglia. Come sei riuscita a trovare il tuo posto nel mondo fuori dal nido famigliare?

E’ stato difficilissimo. Ho patito molto la mancanza di un “gruppo” di amici normale, di lunga data, come avevano gli altri bambini che incontravo. Mi sentivo sempre un’estranea. Per fortuna avevo un fratello e una sorella, ed erano i miei migliori amici, è con loro che ho fatto tutte le avventure dell’infanzia.

Ancora adesso i miei legami più forti sono all’interno della famiglia. Nonostante siamo un po’ tutti sparpagliati (sia io che mia sorella ora siamo espatriate) ci sentiamo quasi tutti i giorni e ogni momento libero è per ritrovarsi. Mi piace avere una famiglia così unita. Direi che sono riuscita a trovare il mio posto fuori grazie all’incontro con Adria, la mia unica e assoluta migliore amica! Anche lei, per motivi “adrieschi” sempre un po’ “estranea” al mondo. Con lei ho condiviso gli anni dell’università in Italia, e quelli dopo, è stato più facile in due affrontare il mondo. Ora che sono approdata in Spagna faccio un po’ di fatica all’idea di conoscere gente nuova. Per fortuna ho il mio compagno, francese, anche lui con un’infanzia in espatrio (Algeria) con il quale ho creato una nuova famiglia dentro cui sentirmi “a casa”.

Hai definito spesso il tuo lavoro come “Il lavoro più bello del mondo!”, (ed io concordo!), com’ è nato?

Dopo la laurea in Filosofia ho fatto due lavori: trampoliere (facevo spettacoli per bambini!), poi direttrice di un centro che si occupava di donne senza casa. Intanto pubblicavo qua e là poesie e brevi racconti.

Ma sentivo che stavo girando intorno al mio centro, che era il disegno. Così un giorno (intorno ai 30 anni), su due piedi, ho mollato tutto e sono partita alla volta di Sarmede (dove c’è un’importante scuola di illustrazione) per fare un corso di illustrazione.

Nei mesi successivi ho costruito un libro. (Il libro delle cose perdute, Hablò edizioni) l’ho impaginato alla bene meglio e l’ho portato alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna. Me l’hanno pubblicato subito! Per la storia avevo ricevuto ben tre proposte da tre grossi editori. Poi un altro contratto a Genova, con un piccolo editore per un libro su Picasso. E così è cominciata. Da quando faccio questo lavoro sono una persona felice. Non credo si possa essere totalmente felici se non si trova quello per cui siamo fatti.

Ci vuole anche fortuna. Senza l’aiuto economico dei miei non avrei potuto fare questo passo, e passare così tanto tempo a disegnare. Non si guadagna molto nei primi anni.
Però in generale il mondo dell’editoria per bambini è fantastico, se hai una buona idea o se sei bravo pubblichi. E si incontrano sempre persone molto interessanti.

Rileggendo un tuo post sul forum psicologia d’expat, hai scritto:
“[…]il Cavalier Pepino, anche lui sta facendo un viaggio ed io lo accompagno da mesi (è un libro di 25 tavole, lunghissimo da illustrare), o è lui che accompagna me?!!”.
Cerchi sempre di illustrare storie che hanno in qualche modo un legame con te?

A volte illustro storie che scrivo io stessa, a volte storie di altri autori, e spesso cedo i miei racconti ad altri illustratori. Dipende dall’alchimia che sento tra testo e storia.

Quando un editore mi propone una storia, cerco sempre di metterci dentro qualcosa di mio, di trasformarla in qualcosa che mi somigli. Ad esempio ho appena finito un libro con le Editions du Seuil, era un testo su Ippocrate (un pochino noioso). Nei tratti di Ippocrate ho messo quelli di mio padre, che è uno scienziato, così fare ogni tavola è stata un’emozione!

Oltre ad essere un’illustratrice di libri per bambini, scrivi anche dei racconti, molto belli e toccanti, che ho avuto il privilegio di leggere. A che publico ti rivolgi?

Di solito sui miei libri l’indicazione è “dagli 8 ai 12” o giù di lì. E’ un’indicazione che si riferisce agli anni dei miei lettori e di solito è definita dall’editore. Io credo che un buon libro non abbia un’età target. Un libro resta nelle case dei bambini per anni, e, se è un libro ricco di significato, ad ogni età offre qualcosa di nuovo. Anche a 80 anni può ancora regalare emozioni, non fosse altro che quella di far fare un tuffo nel passato.

Quali tematiche tratti? Cosa cerchi di trasmettere ai tuoi lettori?

Le tematiche che tratto sono tra le più svariate, ma devo dire che tendo irrimediabilmente verso un certo tono poetico-malinconico, malgrado me. Vorrei essere più ironica! Sono molto lenta a scrivere. Un racconto di due o tre paginette può avere una gestazione di mesi, poi quando lo butto giù c’è ancora un lungo lavoro di uno o due mesi sulla struttura e sulla sintassi. Adoro questa fase. Scrivere mi piace molto di più che disegnare. Lo trovo più facile. Non mi chiedo mai “cosa voglio trasmettere”. Trovo noiosissimi tutti i racconti e le fiabe scritte per insegnare qualcosa.

 

“El caballer Pepino” OQO editora, 2007

 

Siamo noi che abbiamo da imparare dai bambini. Però mi impongo, quando scrivo, che ogni parola venga da zone molto profonde di me stessa. Là dove c’è un significato abbastanza profondo da poter interessare il bambino. Il quale ha grandi domande sulla vita, e non se ne fa niente di qualche risposta intellettuale.

I tuoi libri sono pubblicati in Francia, in Italia, in Spagna. In quale lingua scrivi?

In italiano, è la mia lingua madre. Però lavoro fianco a fianco coi traduttori e spesso il lavoro di traduzione mi impone una nuova riflessione sulla struttura italiana, finendo per contribuire ad un’ultima limatura.

In un altro post sempre sul forum “Psicologia d’expat” hai scritto che non avevi un posto dove mettere i tuoi ricordi.

Nei miei testi c’è tutta la malinconia che ha accompagnato la mia infanzia. Ero una bambina solare, ma anche perennemente a disagio, soprattutto a scuola. E molto solitaria.

Oggi scrivo testi che avrei voluto leggere allora. Testi in cui la bellezza e il mistero della vita vengono tradotti in immagini accessibili.

Nella “Scatola senza stella”, ad esempio, una bambina mette dentro una scatola i suoi “ricordi”. Tre sassi, una foglia, un braccialetto di perline finte, un uccellino di lana… ma poi si accorge che tutte queste cose non sono più preziose e belle dentro la scatola come quando erano fuori. Allora decide di regalarle, il racconto è la storia dei modi fantasiosi che la bambina inventa per far incominciare una vita ai suoi piccoli oggetti.
Gioco spesso su metafore tra il mondo interiore e quello esterno e sui loro rapporti. Sono anche molto appassionata di psicologia infantile.

C’è qualche racconto al quale sei più affezionata?

Sì, si chiama “Giardino d’inverno” ed è quello che sto per illustrare ora. Sono già due anni che l’ho scritto e mi piaceva così tanto che ho fatto altri libri prima di questo solo per portarmi ad un livello grafico più maturo e sentirmi in grado di illustrarlo. E’ la storia di una principessa chiusa in un giardino d’inverno. Se fuori tutto è di ghiaccio dentro il giardino si può stare vestiti di lino, talmente l’aria è tiepida. Il giardino rappresenta il mondo interiore, ricco di fantasia e tranquillità, ma se non si vuole uscire fuori, nella neve e nel ghiaccio (se non si vuole rischiare), il prezzo da pagare è quello della solitudine.

E’ in qualche modo la mia storia. Ad un certo punto della mia vita ho scelto di uscire allo scoperto, di dare quello che avevo dentro. E’ più difficile di quanto si creda. Ma ne vale la pena.

Che visione hai dell’infanzia ora?

Io credo che oggi come non mai i bambini abbiano il diritto a delle belle storie e a delle belle immagini, bersagliati come sono da media disattenti e volgari o produttori di cartoni animati banali, il cui scopo è la vendita dei gadgets che seguiranno.

Sento il mio lavoro come una grande responsabilità. Metto davvero tutta me stessa dentro i libri che faccio e mi piace pensare che un mio libro possa, nell’infanzia dei miei fruitori, rappresentare per un momento un luogo dove sentirsi bene, o capiti.

Dal punto di vista pratico organizzativo: quali difficoltà hai incontrato?

Le difficoltà in entrambi i due ultimi trasferimenti (Genova-Parigi, Parigi-Barcellona) sono state: la ricerca della casa e come portare in aereo più materiale possibile in attesa che arrivassero le cose del trasloco. La scelta della casa per me è fondamentale. Deve avere una stanza-studio molto luminosa e deve “ispirarmi”. Farmi stare bene. Con un po’ di buona lena (e fortuna!) e molti appartamenti visitati, in entrambe le città ho trovato case perfette per me. Quella di Parigi aveva la finestra dello studio dalla quale si aveva uno scorcio immenso di cielo nordico, con le sue nuvole sempre in metamorfosi, questa a Barcellona dà su un parco pieno di pappagalli (!).

Il materiale da disegno trasportabile in aereo è limitatissimo rispetto alla quantità di cose che uso ogni giorno. Soprattutto i libri. Per disegnare servono libri che mostrino come le cose sono fatte. Ho libroni di botanica, di aviazione, di treni, di foto di bambole…
Ho passato in entrambi i traslochi giorni difficili. Ma mi hanno salvata le biblioteche. Soprattutto qui a Barcellona molto funzionali.

E’ stato difficile affermarsi?

No, direi che per me non è stato difficile. Però mi sono data molto da fare per capire cosa è un libro per bambini. Ho fatto corsi di continuo cercando i migliori illustratori contemporanei come maestri. Questo mi ha fatto progredire velocemente. Ci sono molti artisti che scrivono bene o disegnano bene ma non riescono a pubblicare e non capiscono perché. Saper disegnare o scrivere non basta. C’è tutta uno stile, una tradizione del libro illustrato e dei codici che bisogna conoscere.

Ci sono dei momenti critici quando crei le tue illustrazioni? Come li affronti?

La difficoltà più grossa nel mio lavoro è disegnare quando non si ha nessuna ispirazione. E’ terribile, soprattutto se c’è una scadenza e i tempi sono stretti, sentire che la musa ti abbandona. Quando è così i colori vengono fuori orrendi e sporchi, le espressioni dei visi senz’anima e spesso bisogna rifare tutto il disegno.

Per di più l’assenza di ispirazione si accompagna sempre all’orrendo sentimento che sarà sempre così, che non saprò mai più fare nulla di buono e che la mia carriera è finita. Allora nel tempo ho adottato varie astuzie. Un bagno con la schiuma profumata, una passeggiata, una corsa a sfogliare qualche libro d’arte in biblioteca, o una visita ad un museo. Dal di fuori può sembrare divertente ma vi assicuro che viverlo è da panico! Il libro con l’immagine che sto facendo, (esattamente quella! Con esattamente quella bruttissima macchia che non sono riuscita a togliere!) resterà nelle librerie per anni, se faccio un errore, se un disegno viene brutto, non si può più farci nulla. E le scadenze sono sempre inderogabili.

“Caminos sin nombre” OQO Editora, 2007

Sono anche poco precisa e questo peggiora tutto. Una volta sono riuscita a spruzzare sull’originale finito la colla spray al posto del fissativo! Così il disegno è restato appiccicaticcio per giorni. Però, lo ammetto, è anche divertente. Dovreste veder la mia casa alla scadenza di un libro. Sembra un campo di guerra dove esplodono ininterrottamente bombe di carta.

Direi che hai ricevuto parecchie soddisfazioni e sei molto conosciuta nel mondo dell’editoria per infanzia. Sei riusciata ad esportare il tuo lavoro all’estero. Che rapporto hai con le città in cui vivi? Genova, Parigi e Barcellona. Quanto nutrono il tuo lavoro e in quali termini?

A Genova compro i colori (sono un’ossessiva maniacale nella scelta delle carte e delle marche e non ho mai il coraggio di cambiare), a Genova c’è la mia famiglia e i miei amici più cari. Ci vado spesso, ogni due o tre mesi.
In Spagna sono arrivata da 8 mesi, da brava vanitosa, adoro andare per le strade del centro di Barcellona ad ammirare i miei libri in libreria, un giorno in una piccola libreria specializzata ho avuto il coraggio di dire che ero l’autrice (parlo ancora male lo spagnolo). La libraria è impazzita! Ha detto che adorava i miei libri, ne ha preso uno e mi ha fatto fare una dedica. E’ stato un giorno bellissimo.

Parigi, dove ho abitato un po’ prima di venire qui a Barcellona, è il sogno di tutti gli illustratori. La Francia ha il mercato più bello d’Europa per il libro illustrato e tutte le mie case editrici preferite sono là. Un po’ mi è spiaciuto lasciarla per questi motivi. Però è anche vero che Barcellona ha una qualità di vita impareggiabile. Parigi come metropoli è faticosissima. Corrono tutti come matti. E per andare dove? Si chiederebbe il Piccolo Principe. Qui a Barcellona i bambini vanno in bicicletta nelle piazze e tutti camminano ancora piano piano.

Il Natale si sta avvicinando e dopo questa splendida intervista sono certa che molti amici di ExpatClic vorranno acquistare i tuoi libri. Come possono fare?

Se sono in Spagna, in Francia o in Italia possono andare direttamente in una libreria per bambini. Oppure credo che sui siti delle differenti case editrici si possano fare direttamente degli ordini. Io spero che tutti possano trovare “Caminos sin nombre”, che è l’unico che salvo dalle mie impietose critiche verso il mio lavoro, lo consiglio di cuore!

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BIBLIOGRAFIA

Poesie e racconti con le seguenti case editrici:

De Ferrari editore e Sortoson edizioni, Genova.
“Quello che ho da dirvi” Einuadi Ragazzi (collana Stile Libero) 1998

Libri illustrati

“Joan e Antali” Falzea edizioni 2005 (testo di Sofia Gallo)

“Il libro delle cose perdute” Hablò edizioni, 2005 (testo mio)

“Nadeem andata e ritorno” Sinnos Edizioni, 2006 (testo di Sofia Gallo)

“Les dessins des enfants du monde” (testo di Benoît Delalandre) Libra editions, 2006

“El caballero Pepino” OQO Editora, 2007 (testo di Carmen Gil)

“Caminos sin nombre” OQO Editora, 2007 (testo mio)

“Hippocrate, le médicin de l’île aux jasmins”, Seuil Jeunesse 2008, (testo dei Orietta Ombrosi)

“El niño Terribile” (illustrazioni di Susanne Janssen) OQO edizioni,
(in corso di pubblicazione).

“La caja sin estrella” OQO Editora (in corso di pubblicazione).

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Il sito web di Anna: annacastagnoli.com
Il suo blog: lefiguredeilibri.com

Intervista raccolta da Lenaexpat
Novembre 2007
Foto ©AnnaCastagnoli

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