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Com’è partorire in Turchia? O meglio, partorire in turco? Francesca, “Franci” sui forum, ci  racconta tra un sorriso ed una lacrima della nascita di Luna, a Istanbul.  Grazie Francesca!!!

Il mio corso pre-parto è stato un corso di turco intensivo. La pancia è cresciuta ogni giorno insieme al mio vocabolario e alla grammatica. Volevo essere in grado di comprendere i miei aguzzini.

Era il giorno della Vogalonga a Venezia. Un appuntamento irrinunciabile per il miorob, che l’anno prima aveva festeggiato la venticinquesima (consecutiva) Vogalonga della sua vita. E noi, bloccati a Istanbul da tre mesi, con la mia pancia che non dava segni. Come da copione, qualcosa che assomiglia a delle contrazioni arriva proprio quando Rob deve andare a giocare a calcio coi suoi nuovi amichetti peruviani. “Vai Rob, è sicuramente un falso allarme!”… “Vai Rob, è psicologico, sono sicura che se resti le contrazioni smettono!”. Le contrazioni erano ancora lievi lievi. Quando, verso le cinque, si sono fatte più regolari, ogni dieci minuti, ho preso il mio fidanzatino e la mia pancia e siamo andati a passeggiare per due ore. Siamo anche andati in ospedale, dove ci hanno rimandati a casa con il solito “ci rivediamo tra qualche ora”.

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Luna

E così eccoci a casa, con quel sorriso nervoso che noi lo avevamo capito, che era proprio l’ultima serata che ci facevamo come due fidanzatini romantici. A mezzanotte è ufficiale: stiamo travagliando. Comincio a scendere i quattro piani di scale a piedi, contrazioncina, riprendo, siamo in strada ye ye, dai cerchiamo un taxi, andiamo di là, contrazioncina, no di qua, contrazioncina, ma dov’è Rob? sta placcando un taxi in fondo alla strada, ma io non riesco tanto a camminare veloce, salgo in macchina. – E’ urgente? – chiede il tassista turco guardandomi nello specchietto. – No, urgente no, però il bimbo arriva (in turco perfetto, che soddisfazione!). Non l’avessi mai detto. E’ andato su due ruote, sembrava una scena di un film, io e Rob dietro che ridacchiavamo, ma glielo diciamo che è meglio arrivarci vivi all’ospedale? Però ci arriviamo in sei minuti, il miorob lo paga come fosse stata una corsa di mezz’ora e grazie grazie.

Saliamo in reparto che sembravamo due sposini alla prima notte di nozze, timidi timidi, scusate l’ora, è un po’ tardi… mi ritrovo in una camera quasi d’albergo, se non fosse che mi fanno indossare una camicia di carta e mi rapano la signorina. E così capisco cos’è. Lo aspettavo con curiosità morbosa, volevo sentirlo anch’io quel dolore che hanno provato tutte le donne di ogni tempo, di tutte le culture, di tutti i luoghi. E con me c’era Rob. Sempre. In piedi, mi sono aggrappata a lui tutta la notte. Ho stretto, urlato, qualche volta abbiamo anche riso, tra una contrazione e l’altra. E il dottore sempre lì, anche lui, seduto a guardare il basket sul satellite. Ecco perché ogni tanto, durante le visite, appariva stanco e sonnolento: una volta mi aveva raccontato che il giorno prima si era addormentato durante una visita! Comunque niente. La mia bimba non voleva scendere. Nonostante l’ossitocina, lei stava bene lì dentro. Il dottore lo sapeva che io volevo il parto naturale e per questo non si decideva. Sono stata io, alla fine, a tranquillizzarlo: “Ehi doctor, almeno la mia lady vagina resterà bella bella, no?”. L’ho fatto ridere, il dottorino turco! – Però adesso te la fai, l’epidurale!

Io sono terrorizzata dall’anestesia, però mi tocca… – Aspettiamo il cambio turno però, adesso l’anestesista sta finendo il turno di notte, è più saggio aspettare quello fresco. Già, è più saggio. Dopo un’ora di contrazioni inutili, mi si presenta l’anestesista, un rasta evidentemente sceso dal letto da non più di sette minuti, che mi guarda e mi dice:- Ok, ma prima vado a prendere un caffè. Anche due, dottore! La scena dell’anestesia è la seguente: l’infermiera che mi diceva che dovevo “arcuare di più la schiena”, io seduta sul letto che non volevo arcuarla, la schiena, che frignavo perché terrorizzata di restare paralizzata a causa di un fantasmagorico errore e il povero rob che mi teneva le mani, ma che avrebbe di gran lunga preferito svenire in pace. E così, tra ossitocina ed epidurale, tra tubicini e maschera per l’ossigeno, per il miorob deve esser stato troppo. Cioè, io finalmente stavo bene, ma a lui che non sopporta neanche l’odore dell’ospedale, doveva essergli mancata l’aria e così era sparito, non lo vedevo più. – Doctor, forse Roberto sta male! Dov’è Roberto?- Francamente – (ha detto proprio così, come nei film americani!) – francamente me ne fotto di come sta Roberto in questo momento!”.

Però è arrivato, il miorob, biaaaaancooooo…E così mi sono trovata catapultata in sala operatoria, con una squadra di persone verdi e turche intorno a me. Sono andata in panico. Qui avevo perso il controllo della situazione. L’anestesista rasta mi ha tenuto la testa tra le mani per tutto il tempo, mi guardava negli occhi e sorrideva. Ma io avevo paura. Ho sentito tutto, maledizione, la prossima volta non voglio l’epidurale, voglio l’anestesia totale totale. Non ho provato dolore, ma ho sentito che tagliavano, che aprivano, non so, io ero in panico. Fino a quando ho sentito UEEE UEEE… giuro, come nei film, proprio “ueee ueee”… e poi vedo questa ragnetta tutta rossa rannicchiata, più piccola delle mani che la tenevano sollevata, con una bocca enorme che urlava ueee ueee… allora è vero, che c’era un bambino lì dentro… e poi me l’hanno messa accanto al viso e appena ci siamo guardate negli occhi ha smesso di piangere, di colpo.

Ci siamo guardate negli occhi per non so quanto tempo e lei li teneva proprio aperti quegli occhi lì, che mi guardavano mi studiavano. L’unica cosa che ho sentito, dopo erano delle infermiere dietro di me che dicevano “masmavi!” (“azzurrissimi!”). Sì sì, la mia bimba ha gli occhi azzurri e grandi grandi, che sembrano due laghetti di montagna. Poi mi sono svegliata davanti alla porta della camera, ho visto il miorob e ho pianto tanto.

*****

Luna è nata il 12 maggio 2008.

L’ospedale in cui ho partorito è uno dei quattro Florence Nightingale di Istanbul, in particolare il Metropolitan di Gayrettepe:
FLORENCE NIGHTINGALE HASTANESI
Gayrettepe Mah. Cemil Aslan Güder Sok. No: 8 Gayrettepe – Istanbul
Phone  : +90 212 288 34 00 / 15 HAT
Fax      : +90 212 288 98 12
Non posso che parlare benissimo delle infermiere e delle puericultrici che mi hanno assistito durante i giorni del lieto soggiorno. Per fortuna le nozioni di turco mi hanno permesso di comunicare e capire i loro preziosi consigli. Il mio medico, pur facendo parte di una diversa struttura ospedaliera privata, è stato presente al travaglio, per tutta la notte, e ha infine eseguito il taglio cesareo. Con lui ho sempre comunicato in inglese e francese.

Francesca
Istanbul, Turchia
Dicembre 2008

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