
Franca è una donna di una simpatia contagiosa, vitale, allegra e soprattutto piena di energia creativa. L’abbiamo incontrata nel suo atelier di El Amarat, dove tra superbe collane di ambra, borse di serpente e pezzi di antiquariato locale, ci ha raccontato la sua Khartoum e i suoi 35 anni spesi tra il lavoro all’ambasciata italiana, la creazione di oggettistica e la vita familiare con Vito e le loro due ragazze.
Silvia & Lisa
Franca, quando sei arrivata a Khartoum e perchè?
Sono venuta nel 1973, con un contratto all’Ambasciata d’Italia. Io sono nata e cresciuta ad Asmara, dove mio padre, italiano, si era recato nel 1935 in cerca di una vita nuova… Lì ha incontrato mia madre e si sono sposati e sono nata io e le mie sorelle. Papà era un artista anche lui, disegnava scarpe, era bravissimo e anche molto stimato. Chissà forse ho preso da lui…
Raccontaci di Khartoum nel 1973…
Khartoum nel 1973 era uno splendido villaggio! La città si estendeva dal Nilo e dalla zona presidenziale, i Ministeri etc. fino a qui e più giù, Khartoum 2 e El Amarat, quella che allora si chiamava New Extension. Era la zona delle ambasciate e delle residenze straniere, ci sono ancora dei begli esempi architettonici, ville con edifici ad un piano, mura molto spesse, giardini attorno con palme e acacie. Certo, adesso la città è molto cambiata, hanno buttato giù molte case per tirar su palazzine moderne. Ma prima c’era molta più atmosfera, anche se poi, per dire, le strade non erano asfaltate, a parte quelle in centro. Ma del resto, in quegli anni, non c’erano quasi macchine… La gente andava in giro con l’asino e il carretto, il traffico che vedete oggi era inesistente.
(Qui Franca ci racconta un’avventura capitatale un pomeriggio d’estate mentre lei girava per una Khartoum deserta nella sua bella Fiat 500 bianca…)
Allora a Khartoum c’era una grande comunità di espatriati, un sacco di club, c’era naturalmente l’Italian Club, il Circolo Italiano, che era davvero bello, con dentro anche la Scuola Italiana che le mie bambine hanno frequentato… Insomma, la vita sociale era ricca, si andava a ballare, c’erano un sacco di feste, di incontri, si conosceva tanta gente interessante, si stava bene…
Tu in quegli anni hai iniziato a sentire questa grande vena creativa… come la conciliavi col tuo lavoro in ambasciata?
Mah, io ho sempre sentito sì, questo desiderio di creare e infatti nasco prima di tutto come pittrice. Questa foto mi piace tantissimo, sono io nel mio primo atelier, qui a Khartoum. E già in quegli anni mi divertivo a creare piccole cose, anche legate al lavoro in ambasciata, che so, cartoncini augurali, cose del genere…
Tu e Vito siete una coppia per la vita… Lui giovane laureato al concorso del Ministero degli Affari Esteri insistette per farsi dare la sede di Khartoum, per raggiungere te e le bambine. Da allora, sempre insieme, oltre al Sudan dal 1997 al 2003 avete vissuto a Kampala, in Uganda per poi rientrare a Khartoum definitivamente. Come mai questa scelta?
Innanzitutto noi con l’Eritrea – nostro paese d’origine – avevamo chiuso già negli anni ’80, dopo un viaggio ad Asmara, una città divenuta ormai piena di fantasmi, distrutta dalla guerra, una tristezza! E l’ Uganda…sì, certo, bellissimo paese, verde, lussureggiante eppure io lì ho sentito un vuoto. Non riuscivo a sentire le cose.
Sicchè, tornare a Khartoum, sentire Khartoum come la nostra casa è stato un passaggio tutto sommato semplice e naturale: è qui che siamo cresciuti, io e Vito, professionalmente ed è qui che la nostra famiglia si è sviluppata.
Adesso le ragazze vivono fuori, noi abbiamo lasciato la casa di Ryad (la zona residenziale relativamente recente ad est del centro città) e ci siamo sistemati in questa bella casa di Khartoum 2. Come vedete ho realizzato il mio sogno, quello di avere un atelier tutto per me dove creare e sentire l’arte ma anche dove riunirmi con gli amici e le persone che vengono a conoscermi, per chiacchierare e raccontarsi e trascorrere dei bei momenti.
Tu ci tieni a dire che crei con le risorse che si trovano nel paese, e quindi l’avorio, l’ebano, il pellame (serpente, coccodrillo), l’ambra e il turchese, l’argento…
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Sì, esatto. Ma mi piace anche moltissimo riutilizzare oggetti ‘andati’, ridar loro vita, creandoli di nuovo…Ho passate giornate e momenti bellissimi nei suq di Omdurman (la vecchia capitale sudanese, a pochi km da Khartoum) e ho trovato delle cose davvero preziose, non tanto per i materiali, quanto per la fattura e l’arte che ne derivava…
Adesso che io e Vito siamo entrambi in pensione passo le mie giornate occupata dai tanti progetti che risultano da questa passione creativa. Con Katia (un’altra amica italiana in espatrio a Khartoum, v. Foto) per esempio stiamo disegnando e producendo nuove collezioni come queste che vedete qui:
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E anche mia figlia Stefania, la maggiore, che vive a Londra partecipa con belle creazioni originali, come questa collana in argento e quest’altra in ambra:
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Del resto quando si ama l’arte e si sente la forza e il desiderio di creare dentro di sè, beh, questa energia non finisce mai perchè la creazione artistica di per sè è inesauribile…”
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Sì, inesauribile come l’allegria e la gioia di vivere di Franca, la presenza del suo compagno Vito e il fascino che, nonostante la modernizzazione e le tensioni sociali, il Sudan di Khartoum continua a trasmettere anche a noi nuove espatriate – grazie anche ai racconti e all’amore di persone che lo hanno davvero conosciuto.
Grazie Franca!
Khartoum, Sudan
Marzo 2009
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