
Zuriñe è la nipote della nostra Susiexpat. Spagnola, attualmente vive ad Atene, dove collabora come volontaria in un progetto molto importante. Questa è la sua sincera e profonda testimonianza. Grazie Zuriñe!
Devo ammettere che ho incontrato diverse difficoltà nello scrivere questo articolo sulla mia esperienza di volontariato ad Atene. Mi è sempre risultato complicato, infatti, nel contesto nel quale attualmente vivo, parlare di me stessa come protagonista. In realtà penso siano le persone con cui lavoro a meritare realmente quest’attenzione.
Il mio primo contatto con il volontariato
Il mio primo contatto con il volontariato si può riassumere in due mesi non consecutivi vissuti con famiglie migranti e rifugiate in un edificio occupato di Atene.
Percepii entrambe le esperienze come troppo brevi per poter dare davvero qualcosa al progetto, e, in certi casi, sentivo che il mio aiuto avrebbe potuto quasi danneggiare più che portare beneficio alle persone a cui era diretto, sia per l’impossibilità di seguire ogni caso nel modo che meritava, che per il valore affettivo e la conseguente perdita che il costante turn over di volontari implica per le famiglie.
Queste ragioni si sommarono al colpo che ricevetti nell’atterrare in una capitale europea nelle cui strade si ritrova una realtà sociale atroce che, spesso, la disinformazione ci porta a collegare a paesi in via di sviluppo, ma non a riconoscere nei nostri stessi quartieri.
Dunque quello che ho scoperto durante questi due mesi mi portò a cambiare la mia idea di volontariato che, nel mio caso, smise di avere la sua origine in un sentimento altruista, e iniziò a prendere il senso di obbligazione morale, tenendo conto dei privilegi di cui mi ha dotato il sistema, basati sul luogo di nascita e sulle condizioni materiali della mia famiglia.
Dopo questa riflessione decisi di fare le valigie e trasferirmi ad Atene con l’intenzione di rimanere almeno un anno intero.
Fu così che iniziai il mio lavoro nel progetto Elna Maternity Center, un centro per donne rifugiate in gravidanza e le loro famiglie, totalmente finanziato da donazioni di privati della società civile spagnola, e gestito attraverso diverse ONG e associazioni.
L’obiettivo del progetto
L’obiettivo del progetto è di offrire un rifugio sicuro alle famiglie che fuggono dai propri paesi di origine a causa di guerre, terrorismo, violenza di genere, etc. Nel contempo presta un servizio a 360° che comprende accompagnamento nelle pratiche legali e burocratiche e tutto ciò che è relazionato alla sfera sanitaria.
Tutta l’attività si svolge in un ambito che è stato creato partendo dall’empatia e il rispetto, un luogo chiaramente interculturale tenuto conto del fatto che vi si accolgono famiglie di provenienza molto diversa: Afghanistan, Congo, Siria, Iran, Palestina, Kurdistan e Pakistan.
Considerato il contesto scoraggiante in cui vivono i rifugiati ad Atene, il nostro centro è un luogo in cui si offrono sicurezza e cura.
Questa stabilità si concretizza nella copertura delle necessità basiche, a partire dalle quali si può avanzare e pianificare un futuro.
Siamo tutti d’accordo sul fatto che per una donna incinta uno degli elementi basici è l’assistenza sanitaria, eppure in molte delle isole greche, e negli stessi campi di rifugiati che circondano la città di Atene, questa è totalmente assente. Il collasso è totale, e per il momento non esiste la volontà politica di cambiarlo, dato che si sta utilizzando una politica dissuasoria.
La mia esperienza personale
Se devo fare un bilancio, la mia esperienza personale sicuramente non è molto positiva. Di fatto è una realtà che ti porta in burn out e che, purtroppo, non è nelle possibilità dei volontari di cambiare.
L’origine del problema è molto astratta, però le conseguenze di tutto ciò bussano giorno dopo giorno alla porta di quella che consideriamo casa nostra, e purtroppo ci ritroviamo a non poter rispondere a queste richieste per mancanza di risorse.
Alla fine di tutto e, chissà, con un po’ di egoismo, rimango con la dolcezza e il calore delle famiglie che sono riuscite ad arrivare fin qui e che dopo molte ore di lavoro insieme, posso dire di sentire parte di me.
Inoltre, sono grata di aver conosciuto queste donne che portano sulle spalle il peso di tutta la famiglia, e che lottano ogni giorno per migliorare la loro condizione, con la forza che le caratterizza.
Bisogna smetterla di vedere vulnerabilità e ri-vittimizzare, perché quello che realmente c’è dietro queste donne è una capacità di resilienza incredibile.
In fin dei conti tutto ciò che ho imparato lo devo a loro e alla possibilità di aver vissuto questa esperienza di volontariato ad Atene.
Zuriñe
Atene, Grecia
Gennaio 2020
Foto ©Zuriñe
Tradotto dallo spagnolo da Susiexpat
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