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radici

Devo ammettere di avere una certa fissazione con il concetto di radici e di casa. Ogni tanto mi rimetto a pensarci, e mi prende la curiosità di sapere se anche altre espatriate vivono la cosa nel mio stesso modo. Questa volta ho chiesto alla mia equipe di raccontare dove sentono di avere le loro radici (e io ho fatto lo stesso). Non tutte sono riuscite a rispondere. E voi? Dove sentite di avere le vostre?

Claudiaexpat

Barbaraexpat
Carolexpat
Claudiaexpat
Giuliettaexpat
Mociexpat
Paolaexpat

 

Barbaraexpat

radiciPer anni ho evitato di soffermarmi sul concetto di “radici”, considerando il termine troppo statico, troppo definitivo. Sentivo che le mie radici non erano abbastanza profonde per essere definite tali.

Sono arrivata al punto in cui ho vissuto più all’estero che in Italia e sarà l’età che avanza o Claudia che mi coinvolge nel suo ennesimo progetto, ma eccomi qui a cercare di chiarire dove sono le mie radici.

Quando ho lasciato l’Italia avevo 20 anni e, nonostante avessi famiglia e amici, non sentivo un legame profondo con la mia cittadina ligure, nè un gran senso di appartenenza. Fu facile partire e cominciare una vita nomade fino ad arrivare a Melbourne, dove vivo ormai da più di vent’anni. Tra me e Melbourne non fu amore a prima vista e per molto tempo ho faticato a sentirmi a mio agio.

Melbourne è “casa” perché qui è dove abito, dove le mie figlie sono nate e dove ho passato la maggior parte della mia vita da adulta.

L’Italia è “casa” perché lì è dove sono nata, dove vivono i miei genitori e dove ho vissuto gli anni della mia infanzia e adolescenza.

E’ solo in questi ultimi anni, però, che atterrando in Europa sono avvolta da un senso di appartenenza e conforto. Le mie radici sono profonde quando arrivo in Italia. Mentre un tempo provavo fastidio ad essere fermata dieci volte durante un giro al mercato, ora mi godo questi momenti di immediato “riconoscimento” e il fatto che la signora conosceva mia nonna mi rassicura anziché seccarmi.

A Melbourne le mie radici sono più superficiali ma comincio a pensare che, nonostante la mia ostilità iniziale, questa città sia diventata parte di me. Conosco le sottili sfumature che caratterizzano i vari quartieri e ho imparato a sentirmi a mio agio per le sue strade.

Riflettendo mi rendo conto che ho cominciato a metter radici quando il senso di irrequietezza e scontento mi ha abbandonato. Quando ho cominciato a sentirmi bene con me stessa le mie radici hanno cominciato a crescere, più o meno profondamente, ma abbastanza per farmi sentire sicura dove sono.

 

Carolexpat

radiciIl lago Leman, il mio lago, sempre nel mio cuore, rappresenta il mio porto d’attracco, la bellezza e la tranquillità dell’infinito…in poche parole le mie radici.

All’epoca troppo occupata dalla vita di tutti i giorni e dalla routine per poterlo ammirare in pace, e adesso lontana, in espatrio o in esilio, circondata dal calore, dal sudore e dalla polvere, l’immagine del mio lago è sempre ben ancorata nel più profondo della mia anima.

Ritorno alle radici col pensiero, e una volta sul posto la sensazione è di non poterlo mai più lasciare…il mio Lago è sempre maestoso, simile e unico, fa parte di un determinato paesaggio, e di una regione. Con pioggia, vento, neve o sotto la calura estiva, la sua acqua è sempre pura e profonda, e la sua attrazione immensa.

Momenti di solitudine ammirando le acque profonde, ricordi d’infanzia che riemergono, i bagni, le passeggiate sul lungolago, le uscite in barca, i giochi e i ricordi. Sono pochi i posti al mondo che rappresentano il paradiso in terra !

 

Claudiaexpat

radiciAnch’io, come Paola, mi chiedo da tempo se è così necessario avere delle radici. E cosa queste famose radici rappresentino per noi espatriate, che vaghiamo perennemente da un luogo all’altro, o che abbiamo legato definitivamente la nostra vita a un altro luogo e ad altre persone.

In genere si associano le proprie radici, quantomeno culturali, al proprio paese d’origine. E mi son sempre chiesta se mi sento radicata in Italia. Culturalmente sì – sono fiera di essere italiana perché la cultura con la quale son cresciuta mi ha predisposta a inserirmi con più facilità in mondi diversi, e ad esserne accolta in genere con molto calore. Non sono fiera di come stanno andando le cose in Italia in generale ma, ancora come Paola, i nazionalismi non mi sono mai piaciuti, e non mi sento particolarmente responsabile, legata o afflitta per la situazione politica nel mio bel paese.

Torno in Italia molto volentieri una volta l’anno perché amo tuffarmi in quello che c’è di buono nella mia cultura: il cibo (che mi manca tantissimo quando sono via), le interazioni immediate con le persone, la bellezza dei luoghi e il passato e la cultura che vivono sotto i nostri occhi. E naturalmente quelle piccole cose con le quali sono cresciuta, e che, forse, rappresentano le mie radici: il caffè all’Autogrill, la cadenza milanese, lo scherzo con il ragazzo al casello dell’autostrada, persino il modo in cui la pioggia cade sul selciato e forma le bollicine.

Ma prima di tutto amo tornare in Italia perché lì c’è la mia mamma e ci sono alcune persone con le quali non ho perso il contatto negli anni, e che per me rappresentano radici forti. Sono amiche con le quali il tempo che passa mentre siamo lontane non conta, che ritrovo sulla porta di casa come se fosse passato un giorno, e non un anno, da quando ci siamo lasciate, e che mi avvolgono con il loro calore come non mi accade con nessun altro. Di amiche così però, non ne ho solo in Italia, ne ho un po’ in tutto il mondo. E un po’ delle mie radici sono con loro, in Germania, in Inghilterra, a Gerusalemme.

Mi è sempre riuscito molto più naturale pensare alle mie radici nelle persone, piuttosto che in un luogo. E non ho dubbi che mio marito e i miei figli siano le radici più forti che ho: nel corso degli anni mi hanno accompagnata e hanno vissuto con me le mie scoperte nel mondo, le hanno condivise e hanno contribuito ad arricchirle e completarle. Loro sanno com’erano tutte le mie case, e hanno conosciuto tutte le persone che hanno popolato i miei anni all’estero. Mi capiscono quando faccio una battuta legata a un determinato paese, e come me, sono in pena per le sorti dei Palestinesi. E anche se ora i miei figli sono grandi e vivono fuori di casa, i miei progetti sono sempre legati a loro, al seguirli da lontano e al ritrovarsi. E soprattutto al ritrovarsi in Toscana, dove la casa che abbiamo costruito così amorevolmente durante i nostri anni lontani, rappresenta e incarna tutta la nostra storia di vita, l’amore della nostra piccola famiglia trapiantato in un luogo che per qualche ragione ci piace più di ogni altro posto al mondo, e che da sempre è un porto d’approdo per amici da ogni dove. A volte mi domando cosa sarebbe la casina toscana se non la vivessi con la mia famiglia. Probabilmente conterrebbe sempre il peso dei ricordi, ma non avrebbe lo stesso significato del condividerla con Giorgio, Alessandro e Mattia. Perché è così, non ho dubbi. Le mie radici più profonde e vitali sono in loro.

 

Giuliettaexpat

radiciUn giorno chiacchierando con le mie ragazze ho chiesto loro a quale paese si sentissero legate…la risposta non mi ha particolarmente sorpresa: la Francia è il paese in cui siamo nate, ci sarà sempre un legame particolare, ma ci sono anche gli altri e poi c’è l’Italia, il vostro paese e per forza anche un po’ il nostro.

Una somma di radici che affondano pian piano qui e là per queste mie fanciulle girovaghe che sembrano prendere con molta filosofia questo pesante bagaglio di legami sparsi nel globo.

E le mie di radici? Me lo sono chiesta anch’io, perché tutto sommato questa vita itinerante che conduco da 18 anni e che mi ha portata lontana dall’Italia, mi ha regalato mille nuove radici, diverse dalle prime, originarie, italiane, ma altrettanto forti.

Le radici sono dove c’è casa, dove vivono quelli che amiamo, sono in noi, nei ricordi e nei momenti vissuti, sono tante e varie, legate a periodi diversi della nostra vita, che ci legano in modo inscindibile a luoghi a persone. Ci sono le prime che sprofondano nella nostra cultura, nella nostra infanzia, nel mondo che ci ha fatto muovere i primi passi, e poi ci sono le altre, che si sommano e mischiano e creano la nostra particolare identità. Le prime saranno indelebili, le seconde e le successive si aggiungeranno ad esse, senza nulla cancellare, aggiungendo la freschezza di nuovi mondi.

Questo è uno dei grandi regali che ci fa la vita da espatriati, questo muovere continuo da un posto all’altro, questo mettersi in gioco ogni volta come individui, radici molteplici e variegate, radici legate a momenti particolari, radici che entrano in noi, anche se adulti, rendendoci ad ogni passo un po’ diversi da quelli che eravamo la tappa precedente.

Nel mondo multiculturale e multietnico nel quale viviamo non ha quasi più senso parlare di radici uniche e stanziali, le radici sono tante e trasportabili dentro di noi, le portiamo dietro ad ogni viaggio, le leghiamo le une alle altre, le ritroviamo simili in chi come noi fa la stessa vita, gli stessi percorsi. Le lasceremo in eredità ai nostri figli che nel frattempo avranno costruito le loro variegate e multilingue, in un mix incredibile che li renderà per forza diversi da chi ha fatto vite più stanziali, capace di rispondere senza esitazioni alla domanda : dove sono le tue radici? Ma proprio in questo esitare, nel cercare una risposta risiede la particolarità di essere expat!

Mociexpat

radiciQuando Claudiaexpat ci ha proposto di scrivere sulle nostre radici, sono rimasta molto sorpresa dalla risposta di alcune mie colleghe redattrici di Expatclic. Tra il serio e il faceto, più di una ha risposto che ci deve pensare o che non sa se ancora ha delle radici, e in ogni caso dove. Mi sono chiesta subito se un giorno mi sentirò anch’io così. Se mi sentirò tanto cittadina del mondo con le radici sparse in talmente tanti luoghi, da farmi sentire incerta sul dove ritrovarle.

Sarà che sono espatriatata da poco tempo e che avendo lasciato il mio paese solo otto anni fa, mi sento ancora una novellina, ma per me il discorso delle mie radici è (ancora) abbastanza chiaro. Le mie radici sono in Perù, a Lima, la casa dei miei genitori in qualche modo è ancora la “mia casa” (in effetti a volte mi costa chiamarla “la casa dei miei genitori”). Certo, non solo ho lasciato il Perù da pochi anni, ma prima di lasciarlo ci ho vissuto per la maggior parte della vita, ad eccezione di tre anni – in momenti diversi – in cui ho vissuto in altri paesi; forse è per questo che sento con sufficiente chiarezza di appartenere al Perù (anche se ogni volta mi sento meno limegna e più straniera nel mio paese), e che il posto (o uno dei posti) che chiamo casa sia lì.

In questo momento sento di avere due case: quella che si trova nel posto che mi ha vista nascere e crescere, e quella dove ci sono mio marito e le mie figlie. La prima sarà per sempre a Lima, ed è lì che ho lasciato le mie radici; la seconda cambierà dipendendo dai luoghi nei quali ci porterà la vita (fino ad ora, Panama e attualmente Budapest) e nei quali lascerò un pezzettino di me, portandomi via dei frammenti.

Proprio per questa chiarezza che sento rispetto alle mie radici, per me è fondamentale e non negoziabile (salvo circostanze estreme) andare a Lima tutti gli anni. Ho bisogno di mantenere il contatto con i miei amici, la mia famiglia, che le mie figlie vivano la mia città, che si sentano peruviane (da loro sì mi aspetto dubbi su dove sono le loro radici, entrambe nate a Budapest, da genitori di paesi diversi e chissà in quante altre città vivranno in futuro), ho bisogno di sapere che ogni volta che vado mi ci sento a casa, che ho qualcuno da andare a trovare, che – nonostante ogni anno mi senta culturalmente sempre più lontana – quello sarà sempre il mio posto sicuro.

 

Paolaexpat

radiciRadici. Mi vengono alla mente due immagini.

La più ovvia è quella delle radici delle piante: alcune hanno radici forti, come le querce, o estese, superficiali, come la giacaranda, o radici che penzolano in aria, come le belle orchidee nel mio giardino.

Poi penso agli afro-americani che vengono sulle coste occidentali dell’Africa a visitare le prigioni nei castelli di Cape Coast o Elmina. I loro antenati sono stati i “fortunati” che hanno sopportato e sono sopravvissuti al lungo viaggio fino alla costa, e all’orrenda traversata dell’oceano in barca. Quegli afro-americani non sapranno mai da dove vengono. Non hanno speranza di poter trovare le loro radici prima o poi.

La seconda interpretazione, le radici umane, è il tema su cui mi è stato chiesto di scrivere: le mie radici. Il solo pensiero mi terrorizza. Dove sono le mie radici?

E’ una questione di sangue? Il mio sangue è al 100% italiano, con i miei quattro nonni che venivano da Roma, Genova e Chiavenna, vicino al confine con la Svizzera. Ho un passaporto italiano, e non mi passerebbe mai per la mente di procurarmene un altro. Perchè dovrei? Il mio passaporto mi porta da A a B, e mi piace l’idea di potermi muovere liberamente in Europa. Ma mi sento italiana? Non proprio. Mi piace tifare per una squadra di calcio o di rugby a caso. Mi emoziono quando ascolto l’inno nazionale sudafricano (e non ho assolutamente connessioni con l’Africa del Sud), ma non mi alzerei mai, con la mano sul cuore e il volto rigato di lacrime, sentendo “Fratelli d’Italia”. Non sono un’esperta di pizzoccheri, pesto o puttanesca, e mi gusto il palak paneer, il riso joloff o il waterzooie tanto quanto le melanzane alla parmigiana. Anche se devo ammettere di ripensare con nostalgia alla colazione di uova montate a neve con lo zucchero e una goccia di caffè, che mia nonna ci preparava quando andavamo a trovarla (ogni tre anni) in vacanza.

E’ qualcosa che ha a che fare con la nascita? Sono nata in Tanzania, e i miei genitori ci hanno vissuto per trentaquattro anni. Di fatto mi sono sposata là. Tutta la famiglia di mio marito ha viaggiato dall’Irlanda fino alla casa della sposa. Ma mi sento tanzanese? Assolutamente no. Siamo sempre stati espatriati in Tanzania, a differenza di altri europei che ci erano nati e ci si erano poi installati. Abbiamo cambiato casa all’interno del paese circa dodici volte. E dai sette ai diciotto anni, ero in collegio in Kenya (e vivere nel perimetro del Convento Loreto per undici anni non mi ha fatto sentire kenyota!).

E’ la nostra lingua preferita che ci offre le radici? La gente pensa sempre che io sia inglese per via del modo in cui parlo, ma non ho mai vissuto in Inghilterra (a parte sei mesi quando avevo tre anni, e un anno in cui studiavo per un postgrado). Quindi no, nel mio caso la lingua è irrilevante.

E’ dove hai le tue proprietà? La nostra “casa” (per destino più che per intenzione) è a Bruxelles. Bruxelles è il posto in cui ho vissuto più a lungo che in ogni altro. Ma mi sento belga? Assolutamente no. Anche se devo dire che mi sento bene in Belgio, dato che ci sono molti espatriati, che capiscono la mia condizione.

Radici. A volte mi preoccupa non avere radici forti. E che le mie fragile radici sono ancora più deboli nei miei figli.

Forse è stato il caso a portarmi dove sono, forse la mia intenzione. Aborrisco ogni idea di nazionalismo. Forse perchè i miei genitori non si aspettavano che ci sentissimo italiani (anche se ci incoraggiavano a imparare la lingua). Non erano particolarmente orgogliosi del loro patrimonio, soprattutto dopo la guerra. Forse pensavano che per noi fosse più semplice fonderci ovunque ci trovassimo.

Radici. Ne abbiamo davvero bisogno? La temuta domanda “da dove vieni?” risveglia immediatamente in me una sensazione di oppressione. La gente si aspetta che tu rientri in una casella, che appartieni a qualcosa.

Io mi vedo di più come un’orchidea, mossa dalla Mano del Destino da un albero all’altro, le mie radici libere nell’aria, sopravvivendo, e con un po’ di fortuna fiorendo ovunque vado.

 

Settembre 2015

 

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