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sudan

Silviaexpat ci racconta un paio di esperienze di “sopravvivenza” – in posti molto diversi tra loro!

 

Sopravvivere un in paese che mi accoglie: qualcosa che non mi era mai capitato prima di Khartoum.

 

Voglio dire, perchè sopravvivere? No, io mi ero sempre innamorata immediatamente di tutti i nuovi paesi, il loro clima, i loro profumi, colori e paesaggi, quindi la “sopravvivenza” era qualcosa di sconosciuto.

E quando finalmente siamo arrivati sopra Khartoum in volo, guardando giù verso la linea verde che attraversa il deserto, il Nilo, ho sentito un’intensa eccitazione, con la nostra nuova avventura che cominciava.

La stessa eccitazione mi ha accompagnata durante i primi giorni, quei giorni magici quando tutto è scoperta, quando le emozioni sono talmente preziose, da sfuggirci in poche ore se non le catturiamo in parole o immagini.

Poi, col passare delle settimane, l’eccitazione è diventata curiosità, per poi ridursi a lieve interesse, a piccolo piacere, per finire solo con necessità di base.

La situazione politica non era delle migliori in quei giorni. Il president Bashir era appena stato condannato per “Crimini contro l’Umanità” dalla Corte Criminale Internazionale, e ci si aspettava che esplodesse la rabbia contro le organizzazioni internazionali.

Gli espatriati locali ebbero la peggio, con espulsioni, ritiro dei visti e un inasprimento della burocrazia quotidiana.

E lì ci siamo resi conto, chiusi in casa per ragioni di sicurezza, nessuna idea di quando avremmo ricevuto le nostre cose, bloccate da qualche parte a Port Sudan, in attesa di un timbro che ovviamente non sarebbe arrivato per mesi… Mi sono resa conto che sarebbe stato pesante.

E in effetti lo fu.

Niente amici, il marito al lavoro, la figlia – felicemente, grazie a Dio! – a scuola, la gatta che dormiva per quasi tutto il giorno, mi sentivo persa come mai mi era successo prima.

Surviving Khartoum

Avevo comprato una macchina, ma i documenti non erano ancora stati accettati ufficialmente dalle autorità, quindi alla fine mi decisi ad affittarne una, che usavo per girare per Khartoum, sotto a enormi aerei che atterravano sulla pista sabbiosa, musica rock a tutto volume, occhiali neri per proteggermi dalla luce e dalla polvere, in una specie di blues malinconico che mi portava da una parte all’altra della città, sognando il Pakistan o le verdi foreste dei Balcani, per contrastare la siccità del Sahara.

Con poca gente intorno, solo la città e i suoi umori, mi ritrovai incastrata in un ingiusto dilemma emotivo, una parte di me amava l’idea di Khartoum e del Sudan, l’altra odiava la solitudine che per qualche ragione mi avvolgeva.

Mi ci sono voluti mesi prima di incontrare qualche donna intelligente, e mesi per ricevere le nostre casse, che contenevano le nostre preziose vite.

Altri mesi per riuscire finalmente a guidare la nostra enorme Jeep di terza mano.

E altri ancora per sentirmi connessa alla città, anche se il legame sarebbe rimasto fragile e incerto fino alla fine. Che non tardò a venire, 12 mesi dopo il mio primo atterraggio a Khartoum stavo già lasciando il deserto, destinazione Tanzania.

Ricordo spesso Khartoum, come una vaga idea che viene dal passato e se ne va con un pizzico di nostalgia, e mi piace pensare a quella città come a un amante mancato: sapevo, anche allora, che c’erano le basi per una splendida relazione. E tuttavia, troppi sono stati gli ostacoli, troppe le questioni personali che mi hanno trattenuta.

Forse, come mi piace pensare adesso, è stato questo potenziale amore che mi ha aiutato a sopravvivere e che ancora aleggia sul Nilo Bianco e la città vecchia di Khartoum.

berlino

Sopravvissuta a Berlino

Sopravvivere in Germania a volte può essere altrettanto duro che sopravvivere in Sudan.

Ebbene sì, se un giorno ti svegli e riceve una lettera formato A4 piena di termini legali e paroloni anche più lunghi del normale, rimpiangi alcuni aspetti di una vita più semplice a Khartoum…

Quantomeno questo è quanto ho pensato quel giorno, quando, dopo aver dato un’occhiata alle 12 pagine in formato A4, ho scoperto di cosa si trattava: 956 € da pagare attraverso un’impresa legale sconosciuta alla Warner Bros.Ltd per aver scaricato un film da Internet.

Voglio dire… 956 € per un film?? Dai!! Ho scaricato centinaia di film praticamente in tutto il mondo, vecchi e nuovi, a colori e in bianco e nero, per bambini e non, commedie, drammi, thriller e fantasia, e adesso all’improvviso, a Berlino, dovevo pagare una cifra simile per un film tedesco???

Questa è la zona grigia di Internet, e non solo in Germania. Scaricare e caricare, condividere e P2P sembra non avere confini precisi quando si parla di legge.

Sì, scaricare un film è illegale, ma non se lo guardi nell’intimità di casa tua. Noooo, dicono altri, il problema non è scaricare, ma caricare. E così via.

Comunque, e qualsiasi fosse la cosa, per me, diciamocelo, il problema non era la parte tecnica della faccenda, ma la lingua, il tedesco! E il fatto che, se sei nuova – e non conosci alcun avvocato – il prossimo passo sarebbe di andare in banca e mandare un assegno di 950 € alla Law Firm & Co.

Sì, naturalmente trovi un sacco di informazioni in Internet se scrivi in google il nome della Ditta Legale. Ma se è TUTTO in tedesco??? Certo, usi Google Translate, ma…no, non è così facile capire cosa cavolo sta succedendo. No, no. Un altro amico suggerisce di andare alla porta accanto, dove ha notato uno studio legale. Certo, penso, scendo e dico “Morgen! Ich hab’ ‘ne klein Problem mit Internet, können Sie bitte mir helfen?” (Buongiorno, ho un problemino con Internet, mi potete aiutare per favore?).

No, questa non è l’Italia, questa è la Germania, non funziona così. E se decidi di andare da un avvocato, fai meglio a controllare il tuo vocabolario e magari portarti anche un dizionario – e anche una borsettina con un cambio e lo spazzolino – in caso tu dica qualcosa di veramente stupido e ti ritrovi in prigione…!

No, decisamente no. Eppure questo è il paese della Legge e delle Regole, e ti ritrovi in un piccolo macello, sola in un gioco intricato in cui, a quanto sembra, tutti vincono qualcosa (l’Impresa Legale forse i tuoi 950 €) tranne te.

E quindi ti chiedi, e adesso? Alla fine sono stata aiutata, quando ho trovato un amico tedesco di altri amici tedeschi che avevano ricevuto la stessa lettera, dalla stessa impresa legale e che avevano consultato un avvocato specializzato in queste cose (scaricare e caricare in Internet), e che era riuscito a far pagare solo 125 €.

Come dire? Ho quasi baciato i piedi di questi amici di amici, che senza saperlo mi avevano aperto la strada verso l’assoluzione!

Ho contattato l’avvocato – che parlava un po’ di inglese -, gli ho dato i miei documenti, pagato la piccola somma richiesta e poi ho aspettato.

Sto ancora aspettando, in realtà, ma sembra che sia normale. E per il momento mi sento al sicuro. Dall’impresa legale, ma anche in questo paese dove, a causa della barriera linguistica, mi sono sentita totalmente sola per 48 ore.

 

Silviaexpat
Berlino, Germania
Marzo 2013

 

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