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nuovo espatrio

Lisa è stata la psicologa della nostra equipe, ma purtroppo ha dovuto lasciarci, e leggendo questo articolo capirete il perchè. Lisa ha aperto il suo studio di consulenza psicologica a Khartoum, dove vive attualmente, una sfida non indifferente in un paese così diverso e particolare. 

Parlare della mia professionalità in espatrio significa ritornare al momento in cui questa avventura in giro per il mondo è cominciata. Dieci anni fa decisi che il ruolo di Penelope in attesa del suo Ulisse non era per me e partii. Mi ripromisi di continuare a lavorare anche laddove il cuore mi stava portando e per un po’ ci riuscii….poi mi persi.

Come è accaduto?

Credo qualcosa di molto comune: arriva una proposta per lui, troppo interessante da rifiutare e tu che hai lasciato la patria per costruire una vita insieme che fai?  Te ne stai da sola nella guesthouse di una capitale africana, infestata da scarafaggi, sperando che non ti venga la malaria per mantenere fede alle tue promesse?

Eh no!

psicologaLasci tutto di nuovo e ti ripeti che in fondo l’avventura è il sale della vita. Però non tutti sono pronti ad offrirti un lavoro e così approdata ad Asmara, dove se non lavori puoi scegliere tra il giardinaggio o la depressione, arriva Anna, la mia prima figlia. Dopo di lei ne sono arrivate altre due, in altrettanti diversi paesi e il lavoro ovviamente è passato in secondo piano.

Mi sono ritrovata, dopo circa 10 anni di vita in espatrio, in un paese molto difficile,  il Sudan, con tre figlie ma con un senso di smarrimento molto grande; dov’ero Io? Dov’era quella donna che voleva conoscere e affermarsi nel campo della psicologia e dell’educazione? quella donna che credeva che l’autonomia economica fosse alla base della libertà femminile?

Questa “crisi” personale mi ha dato la forza di concretizzare un’ idea che da tanto mi frullava in testa, ma che non avevo mai considerato seriamente: ho aperto il mio “studio” psicologico.

L’ho fatto con Michela, una socia-amica che ho conosciuto alcuni mesi prima di cominciare. Entrambe abbiamo mantenuto l’iscrizione all’albo degli psicologi che ci abilita alla professione. Una scelta, devo dire, lungimirante. Abbiamo anche preparato due moduli, scaricandoli dal sito dell’ordine e traducendoli in inglese, per il consenso al trattamento dei dati personali con le informazioni sulla privacy e sul nostro obbligo al segreto professionale, sia per gli adulti che per i minori. Per adesso, per quanto riguarda la nostra figura professionale qui,  ci siamo limitate a questo in quanto libere professioniste; se dovessimo ricevere richieste da associazioni o enti con cui sottoscrivere contratti di collaborazione vedremo il da farsi.

Michela era  arrivata a Khartoum seguendo suo marito, rappresentante di una ong, con due bambini e quando ho saputo che era neuropsicologa si è accesa la lampadina. Ho pensato che da sola non ce l’avrei mai fatta, così le ho proposto di unire le forze.  Lei dapprima ha tentennato dicendomi che magari non eravamo pronte, sufficientemente preparate, ma io ero talmente motivata che l’ho convinta.

Per assurdo, leggendo poi il suo curriculum (dottorato e pubblicazioni in inglese e francese), lei era quella più professionale delle due! Ho capito che la condizione di madre e moglie espatriata ti toglie la fiducia nelle tue capacità: non so per quale assurda alchimia, considerato che è tuo marito il motore dell’espatrio tu diventi quella che non sa, quella esterna alle dinamiche lavorative della famiglia. Alla fine ci credi davvero e perdi la fiducia nelle tue potenzialità.

psicologaSarà anche che cominci a frequentare persone che parlano solo di macroeconomia, di politica internazionale, usando sigle indecifrabili e non riuscendo a interagire ti senti veramente ignorante e incapace, almeno questo è quello che è successo e succede a me che ho altri interessi.

Anche adesso, che mi presento non più come moglie ma come psicologa, mi è capitato di trovare persone che mi guardano come una pazza e ridendo mi chiedono cosa ci faccio a Khartoum….io rispondo un po’ infastidita: “la psicologa appunto”.

Mio marito invece stanco di vedermi sempre più spesso avvilita e depressa mi ha spinto all’azione minacciando di lasciarmi, e mi ha dato consigli pratici su come farmi pubblicità nelle organizzazioni internazionali, tipo come impostare il volantino informativo, a chi inviarlo…..

Dal punto di vista pratico ho avuto bisogno di “una stanza tutta per me” dove ricevere i pazienti e dove potermi chiudere per studiare e recuperare il tempo perduto. Ho studiato alcuni termini in inglese per poter sostenere colloqui nelle varie associazioni che ci hanno contattato. Ho anche rispolverato il mio cv che era fermo alla prima figlia! Devo dire che internet in questo senso, cioè per recuperare informazioni professionalmente utili, è fantastico!

Dopo i primi colloqui abbiamo anche capito su quale target focalizzarci. Questo è importante per recuperare tempo, ti permette di non disperdere il lavoro e di proporre un’offerta interessante e spendibile sul campo.

Io e Michela abbiamo preparato un volantino informativo e i biglietti da visita e abbiamo cominciato a farci pubblicità. In paesi come il Sudan, dove la comunità internazionale è piuttosto chiusa e limitata, spargere la voce è stato molto facile.

Ci siamo lanciate in questa cosa senza realmente condurre a priori un’indagine di mercato vera e propria. Ci siamo basate su quanto anni di espatrio ci hanno insegnato. Anche non dichiarando ufficialmente la nostra professione abbiamo sostenuto e aiutato amici e conoscenti; soprattutto a Khartoum dove la vita è molto stressante e dove strutture di sostegno o anche più semplicemente, valvole di sfogo, non esistono. Anche per quanto riguarda la mia specializzazione in età evolutiva e educazione mille volte ho pensato a tutte le problematiche legate all’espatrio e quanto potesse essere utile avere un “consigliere” professionista.

psicologaQuando finalmente sono cominciate ad arrivare le prime richieste è stata una grande emozione, quello che da tanto mi mancava: lo stimolo per informarmi, per tenermi aggiornata, insomma, per imparare ancora. Questo è l’unico modo per me di sentirmi professionalmente appagata in espatrio. E’ inutile che io cerchi, come ho sempre fatto finora, dei lavori di ripiego che alla fine mi procurano un grande senso di frustrazione.

Certo è difficile: c’è l’ostacolo della lingua, l’ostacolo delle differenze culturali, a volte profonde, con le persone che incontro. C’è la fatica di rimettersi in gioco mente e corpo, la paura di non essere all’altezza dopo tanto tempo. Vivere in espatrio però mi ha dato anche la forza di rischiare, quasi che l’essere costantemente a contatto con diverse culture mi faccia sentire al riparo dai giudizi. Mi sono anche accorta di quanta esperienza e conoscenza io abbia immagazzinato grazie all’espatrio, un bagaglio davvero unico che avevo sottovalutato.

 

Lisaex
Khartoum, Sudan
Giugno 2010

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