Claudiaexpat condivide i ricordi dei suoi viaggi in aereo con i suoi due figli.
Traducendo l’articolo di Cecile sui viaggi in aereo con bambini piccoli, che abbiamo pubblicato nel mese di luglio, ho rivissuto tanti momenti di quando viaggiavo con i miei bambini ancora in tenera età. Quando si comincia a potersi rilassare negli aereoporti perchè i figlioli sono indipendenti e possono andare in bagno da soli, o fare un giretto senza che voi allertiate immediatamente la guardia aereoportuale perchè non li vedete più, o quando in aereo riuscite a leggere qualche pagina di un libro perchè loro sono impegnati a fare qualcosa che non richiede il vostro intervento, sembra quasi che quei tempi in cui ci si preparava a un viaggio intercontinentale con una buona settimana di anticipo, e armandosi di ogni possibile trucco e astuzia per arrivare integre a destinazione, siano ormai stati completamente rimossi. E invece leggendo i suggerimenti di Cecile ho ripensato a tante cose che mi sono capitate quando viaggiavo, spesso sola coi bambini, tra l’Italia e l’Africa e poi tra l’Italia e l’America Latina. Alcuni episodi valgono la pena di esser raccontati.
Primo viaggio in aereo con il primo figlio, di sette mesi. Che emozione!!!! Qualsiasi mamma che è salita su un aereo per la prima volta con il proprio bebé tra le braccia sa di cosa parlo. Emozione doppia, per me, perchè lo stavo portando in un paese africano dalle incerte infrastrutture. Il percorso: Milano/Lisbona – Lisbona/Bissau. Una passeggiata, direbbero alcuni. E in effetti le ore di volo non erano poi molte, ma pur sempre troppe per tenerselo in braccio fino a destinazione. E quindi scopro (sembra stupido, ma non sapevo dell’esistenza delle cullette fino a che ho partorito il mio primo infante) che la compagnia aerea fornisce appunto un lettino che viene appeso davanti al posto della madre. Decollati dunque da Lisbona alla volta di Bissau, arriva la hostess, zelantissima, che aggancia l’adorato lettino a mi sorride comprensiva. Io finisco di allattare il bambino, che si addormenta (evviva !!!) e lo depongo delicatamente nella culletta. Controllo che sia a suo agio, e mi alzo per andare finalmente in bagno. Non faccio in tempo a fare un passo che sento un tonfo alle mie spalle. Mi volto e vedo la culletta a terra, e il bambino che rotola sotto al sedile… devo spiegarvi come mi sono sentita ??? L’hostess è corsa a noi dicendo subito che lei la culletta l’aveva agganciata bene, il mio vicino è corso a farsi dare del ghiaccio, il bambino si è ovviamente espresso nel pianto più poderoso che avesse mai prodotto da quando era nato, e io, se non fossi stata in allattamento, avrei chiesto un whisky triplo… Il resto del viaggio l’ho fatto con la culletta a terra tra le gambe – ho dormito un po’ scomoda, ma almeno tranquilla…
Capirete dunque che ho affrontato la mia seconda esperienza con la culletta con una qual certa apprensione. Questa volta inoltre viaggiavo con due bambini (il primo quasi cinque anni, il secondo tredici giorni) e reduce da un bel taglio cesareo. Il percorso: Milano/Bruxelles – Bruxelles/Brazzaville. All’aereoporto di Milano stavo dimenticando il passeggino al bar (per fortuna il bebé l’avevo nel marsupio). All’aereoporto di Bruxelles eravamo tutti e tre sul tapis roulant (il bebé nel passeggino, l’altro bambino per mano) quand’ecco che una signora che avrà pesato circa 200 chili e che aveva sei sacchetti di plastica pieni (non so di cosa) per ogni mano, cade proprio nel punto in cui il tapis roulant finisce, ostruendo il passaggio per scendere. Io mi vedevo avanzare inesorabilmente verso quella montagna umana e caderle addosso, bimbi, passeggino, zainetti e tutto… ho provato a retrocedere, il che era anche più rischioso, poi mi son messa a chiamare aiuto, sentendomi pure un po’ ridicola… Per fortuna la signora, dando prova di inattesa leggerezza, si è sollevata e spostata giusto in tempo per farci scendere tutti sani e salvi a terra. Non so se questa esperienza abbia influito, ma il bebé quel giorno ha avuto la sua colica più potente e ostinata: quattro ore passate nella sala bambini (per fortuna certi aereoporti ne sono provvisti !!!) a cullarlo mentre lui si sgolava, e il fratellino pazientemente guardava Biancaneve e i Sette Nani a gogo…
Capirete dunque che al momento del decollo per Brazzaville, tutta l’apprensione che mi legava all’idea della culletta era svanita, e in quel momento non desideravo proprio altro: sistemare il piccolo nel lettino appeso davanti a me, il grande nel sedile a fianco, e mettermi a ronfare. E invece no. Quando ho chiesto che mi portassero la culletta l’hostess, impallidendo, mi risponde che “l’hanno dimenticata a terra”. Una volta di più, non sto a spiegarvi come mi sono sentita. Ma c’è una soluzione a tutto. La simpatica hostess mi ha infatti proposto di sistemarmi nella coda dell’aereo, il cui accesso era stato vietato ai passeggeri (un nastro adesivo a X chiudeva il passaggio verso il fondo dell’apparecchio), e dove, a sentir lei, potevo occupare tutti i posti che volevo… mi guardava con aria talmente speranzosa e convincente, che ho evitato di informarmi circa i motivi per cui la coda era stata temporaneamente interdetta. Stringendo i denti per il dolore che la ferita del cesareo mi procurava, ho trasportato prima il grande, che nel frattempo si era addormentato (beato lui), poi il bebé, che stava tutto in un solo sedile, e infine, esausta, mi sono allungata a mia volta. Congelando (faceva un freddo becco in quella maledetta coda), ho avuto almeno il vantaggio di poter guardare il film perfettamente a mio agio (ma senza cuffiette – non avevo più l’energia sufficiente a piazzarmele sulle orecchie…) – nell’ultima scena che ricordo prima di essermi addormentata si vedeva una signora che aveva appena partorito, e alla quale portavano il bebé. L’ho lasciata mentre verificava se la creatura aveva tutte le dita nei piedini. Chissà se aveva partorito anche lei con un cesareo….
Va da sé che ho salutato con estrema allegria la fine della fase “culletta”. Mi sono trovata però a rimpiangerla quando ho affrontato per la prima volta un viaggio verso l’America Latina, e mi sono resa conto che realmente spostarsi dall’Italia ai paesi in cui ho vissuto in Africa era, in confronto, quasi come bere un bicchier d’acqua. Agitati per il cambio di paese, sbalestrati dal fuso, eccitati dal viaggio aereo, innervositi dopo un tot di ore seduti, i ragazzetti mi han dato del vero e proprio filo da torcere. Quello che più ci si è impegnato è stato il piccolo, che all’epoca aveva quasi tre anni, e che ha scoperto, per la prima volta, lo sciacquone della toilette in aereo. Attratto dal rumore secco e improvviso che questo produceva, e dallo spavento che gli procurava, mi ha fatto alzare una media di 56 volte in 10 ore per accompagnarlo “a far pipì”. Anche se è diventato rapidamente chiaro che quello che lo spingeva alla toilette non era un bisogno corporale, come facevo a rischiare e a non accompagnarlo nel caso avesse avuto veramente bisogno??? Un viaggio d’inferno, garantito… mi ha fatto davvero rimpiangere i tempi della culletta, quando avevi almeno delle concrete speranze che avrebbero dormito per buona parte del viaggio…
…anche se poi in effetti loro magari dormono e tu stai sveglia a controllarli, come un’altra volta in cui viaggiavo da Milano a Brazzaville, e la culletta me l’hanno appesa sopra alla testa…. sì, sì, esistono dei punti d’aggancio che stanno proprio sopra al vostro sedile. Ora ditemi voi come si può umanamente pensare che una madre dorma tranquilla sapendo che la sua creatura è “appesa” sopra alla sua testa, e che, per quanto legata, è pur sempre soggetta a movimenti dell’aereo, a inquietudini che la portano a girarsi, al contatto con altri passeggeri che passano nel corridoio…. c’è veramente da provare l’esperienza ! Guardare in alto e vedere le manine del bebé che spuntano dalla culletta sopra di voi….. quasi quasi preferisco lo sciacquone !!!!
Ma viaggiando il peggio non capita solo in aereo. Sto pensando a quando siamo arrivati a Miami il 10 settembre 2001, in transito verso l’Honduras. La connessione ce l’avevamo il giorno dopo, 11 settembre….. e siamo dunque rimasti bloccati all’aereoporto di Miami per otto giorni. Io, le due creature e cinque valigie. Ma questo magari leggetelo un’altra volta, altrimenti non viaggerete mai più !!!!!