Home > Testimonianze > Intervista ad Alexandra, non “solo moglie di un diplomatico”

Ringraziamo di cuore Giuliana Arena, che avevate già conosciuto nel suo splendido articolo sull’espatrio a Bucarest in tempi di Coronavirus, per aver interstato Alexandra Paucescu, un’espatriata rumena attualmente a Berlino. Alexandra ci parla di cose che battono nei cuori di tutte le espatriate, e ci presenta il suo libro.

 

Ho incontrato Alexandra Paucescu in rete poco tempo fa, grazie ad Expatclic e grazie a Bucarest, la città dove io vivo da espatriata e dove lei è nata. Ora Alexandra si trova a Berlino da cinque anni, dopo una breve parentesi di un anno di nuovo in Romania e alcuni anni a Vienna. Ha sposato un diplomatico e per questo fa la vita da expat in un mondo, quello della diplomazia, che chi ne è fuori conosce poco.
Ma Alexandra non è solo “la moglie di un diplomatico”, è anche una donna e una mamma che ha cercato negli anni di trovare la propria strada e identità, spesso con non poche difficoltà, pur vivendo in un ambiente che dall’esterno sembra solo privilegiato.

Sorride nello schermo del mio computer, contenta di chiacchierare con qualcuno che si trova nella città dove vivono i suoi genitori e i suoi affetti più cari.

Della sua esperienza ha parlato in un libro dove si racconta lasciandoci intravvedere protocolli, gerarchie e regole che non sono riuscite a spegnere la sua esuberanza, la sua voglia di essere sé stessa e di fare.

Qual è la cosa che ami di meno di questa tua vita?

Sicuramente l’incertezza, la difficoltà a programmare. Per esempio, adesso siamo qui a Berlino da cinque anni e presto mio marito sarà assegnato a un’altra destinazione, ma non sappiamo né quando dovremo trasferirci, né soprattutto dove. Questo non sarebbe un grande problema se fossimo solo io e mio marito, ma con due bambini, la prima di 12 anni e il secondo di 10, il fatto di non potersi organizzare con un po’ di anticipo è pesante.

Da Vienna siamo stati rimandati per un anno in Romania e poi a Berlino. Ci siamo ritrovati a organizzare il nostro trasferimento in Germania nel giro di un mese, a scegliere la scuola talmente di fretta che abbiamo poi dovuto cambiarla poco dopo perché i bambini non si trovavano bene…Chi fa questo tipo di vita lo sa, la responsabilità di fare delle scelte che influenzeranno la vita dei bambini è l’aspetto più difficile da gestire.

E la cosa che ami di più?

Sicuramente il fatto di entrare in contatto con realtà diverse da quella in cui sono cresciuta, conoscere bene i contesti in cui mi trovo a vivere, fare amicizia con persone che hanno vite molto interessanti e che diversamente non avrei mai incontrato. Vivere diverse vite avendo la possibilità di arricchire continuamente la mia prospettiva e di capire altre persone.

moglie di un diplomaticoPrima di sposarti e iniziare questa vita, lavoravi? Pensi di essere riuscita a trovare una tua dimensione, una tua autonomia e identità, e a non essere “solo” la moglie di un diplomatico? Quanto è stato difficile?

Quando ho iniziato questa vita avevo un lavoro nella mia città, Bucarest, in una compagnia di costruzioni. Sono laureata in Management e avevo un ruolo prima di sales manager e poi di executive manager.

Quando però abbiamo dovuto andare a Vienna, il nostro primo espatrio, io in realtà ero incinta del mio secondo bambino e la prima aveva solo un anno e mezzo, quindi ero già in congedo di maternità e al momento non mi è pesato molto lasciare il lavoro. Come puoi immaginare, ero talmente impegnata tra bambina, gravidanza e organizzazione della nostra nuova vita che non avevo tempo di pensare a niente altro.

Poi, via via che i bambini sono cresciuti, ho sentito l’esigenza di ritagliarmi uno spazio mio, di trovare il modo di esprimermi. E non è stato facile, all’inizio.

In effetti si è portati a pensare che per la moglie di un diplomatico di successo tutto sia estremamente facile. Non è così?

Per tutti gli expat cambiare paese significa ricostruirsi, mettersi alla prova, ricominciare. E non è mai facile. Nella diplomazia poi ci sono certe rigidità che rendono questo processo ancora più difficile: spesso conta di più a che livello è tuo marito nella gerarchia diplomatica che non chi sei tu veramente, come persona.

All’inizio della mia avventura eravamo giovani, un po’ gli ultimi arrivati nell’ambiente e io spesso venivo trattata con sufficienza, e questo mi faceva soffrire non poco. Non capivo perché non potessi essere presa in considerazione semplicemente in quanto Alexandra, e non solo come moglie di un giovane diplomatico agli inizi della carriera. In molte occasioni mi sono ripromessa che non avrei mai trattato altre persone come sono stata trattata io quando ero una ragazza di trent’anni un po’ ingenua e nuova dell’ambiente. Insomma, il rispetto dovrebbe essere sempre centrale in qualunque situazione.

A Vienna però sei riuscita a trovare la tua strada dopo un po’, giusto?

Sì, innanzitutto ho trovato alla scuola dei miei figli, delle amiche fantastiche con le quali sono ancora in contatto e poi ho iniziato a fare volontariato per la Fondazione United Nation Women’s Guild, in cui mi sono molto impegnata nell’organizzazione di diversi progetti e eventi per raccogliere fondi per tante cause in tutto il mondo.

Anche per questo mi è dispiaciuto lasciare Vienna, città che ho amato molto, e arrivando a Berlino ho cercato di trovare altre strade per fare volontariato. Non è stato semplice, ho fatto molte richieste e ricevuto poche risposte, ma alla fine sono riuscita a iniziare a collaborare come volontaria per l’Unicef.

Ti capita mai di sentirti un po’ prigioniera di protocolli, regole, gerarchie e dress code?

Sull’abbigliamento devo dire che mi è sempre piaciuto indossare tacchi alti e abiti da sera, quindi quello non è un problema. Per il resto, diciamo che non mi piace quando regole e gerarchie impediscono di guardare alle persone per quello che sono veramente.

moglie di un diplomaticoTi mancano i tuoi genitori e gli amici di Bucarest?

Sì certo, molto. Spesso i miei genitori ci vengono a trovare e, anche se sono ancora giovani, so che stanno invecchiando e mi dispiace essere lontana e che i miei figli crescano senza i nonni accanto. Io con i miei nonni ho avuto un rapporto molto stretto, e infatti il libro che ho scritto è dedicato a loro. La perdita di mia nonna quando ero già a Vienna, lontana da casa, è stata molto dura da affrontare.

Quando ero bambina, i nonni vivevano in una grande casa e ricordo che quando avevano ospiti, siccome io sognavo allora di fare la cantante, mi facevano appendere all’ingresso il programma con le canzoni che avrei cantato.

I miei mi mancano, d’altra parte anche loro sanno che questa è la nostra vita e che anche per i bambini è una grande opportunità.

Cosa diresti a una ragazza che sta per intraprendere il tuo stesso percorso di vita?

Le direi di buttarsi con coraggio nella nuova avventura, che a tratti potrà essere più difficile di quanto immagina. Le direi di essere paziente, con sé stessa e con gli altri. Di prendersi il tempo di capire come funziona l’ambiente e di non fermarsi all’apparenza. Anche se a volte questo può sembrare un mondo un po’ superficiale, è importante cercare di andare a fondo per conoscere e capire davvero le persone. Nel lungo termine questo è uno sforzo che vale sempre la pena fare.

Perché hai deciso di scrivere un libro?

L’idea è nata grazie a un amico che vive in Argentina. L’avevo conosciuto una vita fa (nel 1995!) negli Stati Uniti, a New York, dove avevo trascorso una settimana prima di iniziare un anno di scambio in Louisiana. Questo amico è venuto in Germania per lavoro e abbiamo preso un caffè. Dai suoi discorsi mi sono resa conto che la mia vita veniva pensata da tutti come una specie di favola, una vita senza problemi, senza difficoltà. Il mondo della diplomazia viene interpretato in base a una serie di stereotipi. Allora mi è venuta l’idea di raccontarla davvero, questa vita, mettendo in luce, oltre agli aspetti di privilegio, anche le salite che si devono affrontare.

Non cambierei niente di questa mia vita, rifarei tutto. Amo la mia vita, ma questo non significa che sia stata sempre in discesa.

Un’ora è volata, magari ci incontreremo davvero prima o poi, qui a Bucarest o chissà. Vuoi dire ancora un’ultima cosa?

Sì, vorrei dire: “Enjoy life today, tomorrow is never promised”… e questo vale per tutti, expat o no, diplomatici o no.

 

Il libro di Alexandra Paucescu si intitola Just a diplomatic spouse. A true story of life, ed è disponibile su Amazon.

 

Intervista raccolta da Giuliana Arena
Bucarest, Romania
Giugno 2020
Foto principale: Jonas Tebbe su Unsplash
Le altre sono di Alexandra

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