Home > Asia > India > Elisa e la sua esperienza di volontariato a Chennai

Elisa è espatriata a Chennai dall’inizio del 2007. In questo articolo ci racconta la sua esperienza di volontariato in una scuola pubblica indiana. L’articolo è stato pubblicato per la prima volta nel giugno 2008 su Ligurinelmondo

 

Sono finita in India un po’ per caso. A Parigi, un giovedì di Novembre 2006, mio marito torna a casa e mi dice: “E se andassimo due anni in India? dobbiamo dare la risposta lunedì‘”.
Io ero ancora in maternità e nei piani avrei dovuto riprendere il lavoro a gennaio (sono architetto).

Il primo febbraio siamo partiti: volo diretto Parigi-Chennai, due valigioni, due bambini piccoli.
C’è un fortunato slogan pubblicitario indiano che dice “INCREDIBLE INDIA”. Non esiste aggettivo più azzeccato.
E’ la repubblica più grande del mondo e il secondo paese più popoloso, con il 33% della popolazione formata da bambini, paese in forte via di sviluppo, in rotta subito dietro la Cina e nazione dalle mille speranze.

Ma in India ancora il 22% della popolazione vive sotto la soglia della povertà e i poveri qui si vedono, ovunque. Io mi aspettavo di trovare una città più o meno moderna, caotica certo, con dei quartieri poveri ed altri ricchi, con delle baraccopoli, certo.

Ma a Chennai (ex Madras), che è la capitale del Tamil Nadu e la quarta città più grande dell’India, è tutto mischiato. Accanto ad un palazzo di acciaio e vetro, sede di qualche impresa internazionale o di un hotel di lusso, vedi le capanne di foglie di palma, senza acqua, senza servizi igenici, con caprette, mucche e galline al seguito.

Le strade sono piene di spazzatura tanto che durante la stagione delle pioggie sono sempre allagate perchè i tombini sono rigorosamente tappati.
Ma le strade sono delimitate, sempre, da grandi, grandissimi alberi. Bellissimi. La vegetazione anche in città è rigogliosissima. Sembra quasi impossibile che possa sovravvivere in mezzo a tanto inquinamento. E la gente è sorridente, sempre. Le donne sono coloratissime, nei loro sari (vestito tradizionale) cangianti. E i bambini sono ovunque.

volontariato a chennai

Fare la vita da espatriato in un paese in via di sviluppo è come vivere in una gabbia dorata.
Hai molte, moltissime comodità che in Europa neanche ti sogni. Macchina con autista e DVD, donna di servizio 8 ore al giorno 6 giorni su 7, hai accesso a tutti i ristoranti più cari e i negozi più lussuosi.

Ma la vita quotidiana assume delle complicazioni del tutto inaspettate. E’ complicato portare e andare a prendere i bambini a scuola (in totale 2 ora e mezza tra andata e ritorno in mezzo al traffico rumoroso), fare la spesa (devi passare da tre, quattro negozi prima di trovare tutto… e non sempre trovi…), non ci sono posti decenti dove portare i bambini a giocare, è improponibile passeggiare in città (i marciapiedi praticamente non esistono, in molti mesi dell’anno fa un caldo intollerabile, il passeggino è assolutamente bandito).

Per i primi sei mesi il tempo passava tra commissioni e bambini, anche troppo velocemente e la sera mi sembrava di non aver fatto niente.

Ho conosciuto la scuola di San Thomas altrettanto per caso. In realtà, dentro di me, da un po’ di tempo stavo eleborando l’idea che avrei dovuto fare qualcosa di diverso che passare le giornate tra commissioni, bambini e mamme espatriate; stavo pensando di cercare un lavoro, part time, forse, ma il mio livello di inglese era ancora piuttosto basso (nonostante prendessi lezioni di inglese regolarmente). Stavo appunto valutando le varie possibilità, quando ho conosciuto una ragazza speciale.

Una ragazza francese che aveva da pochi mesi adottato una bimba indiana  e che da quando era arrivata, un anno e mezzo prima, si occupava a tempo pieno di diverse attività di volontariato.

volontariato a chennaiE un giorno per caso l’ho accompagnata in una scuola dove lei l’anno precedente insegnava inglese. E’ un bell’edificio, per i livelli di qua, e per essere una scuola pubblica. E’ una scuola elementare per i bambini poveri dove tutto è gratis. In ogni classe ci sono tra i 45 e i 50 bambini. Solo le quinte usano i banchi. Nelle altre classi gli alunni stanno seduti per terra, con la loro lavagnetta. Le maestre usano le bacchette per tenere la disciplina, come  ai tempi dei nostri nonni; le classi sono spoglie. Il cortile è grande ma polverosissimo. Ci sono due sbarre  di metallo dove i bambini si arrampicano durante la ricreazione.

La mia amica non solo faceva la maestra di inglese in questa scuola. Era la coreografa durante gli spettacoli di fine anno, l’infermiera per quando qualcuno si faceva male, trovava i donatori per pagare le operazioni ai bambini che ne avevano bisogno.

Perchè qui a Chennai, anche i poveri più poveri, se possono, cercano di andare in un ospedale privato. Chiedono aiuto alle famiglie (qui in India considerate come il perno della vita sociale di ognuno), ai vicini, alle associazioni, a chiunque possa dare loro una mano.

E gli ospedali pubblici non sono le uniche strutture  che non riescono a garantire un servizio minimo. Le strutture scolastiche sono allo stesso livello. Certo, l’università è aperta a tutti ed è conosciuta nel mondo per preparare professionisti capaci; per gli studenti non facoltosi ci sono borse e addirittura posti riservati alle caste più basse. Ma il problema è che dopo aver frequentato una scuola pubblica non si possono raggiungere le competenze adeguate da poter riuscire all’università. E concludere l’università qui significa guadagnare 100 volte di più, cambiare totalmente stile di vita, dare nuove possibilità ai propri figli.

Un esempio: il  nostro autista stava pensando di mandare una delle sue figlie di 13 anni, la più diligente e studiosa, in una scuola privata; ma non ce la fa, costa troppo; e così anche lei finirà per sposare qualcuno deciso dalla famiglia che farà il lavoro di suo padre, lei farà la signora delle pulizie e guadagnerà, se le va bene, 80 euro al mese.

E pure per i bambini di San Thomas non ci saranno molte possibilità: saranno tutti pescatori o donne delle pulizie.

Sono diventata la maestra di “handicraft” (attività manuali).

volontariato a chennaiDue volte a settimana prendo piccoli gruppi di bambini e faccio loro fare attività di collages, disegno, pittura; i bambini sono felici: è un modo per distrarsi dalle lezioni “noiose”, per fare qualcosa  di veramente speciale e per portarsi a casa il loro lavoro e farlo vedere a tutti come se fosse l’ultima novità tecnologica.

Quest’anno facevamo lezione nell’aula della classe di scuola materna; i bambini  più piccoli se ne stavano in un angolo a guardare  meravigliati giocando con gli avanzi di carta che trovavano in giro. Ma il prossimo anno avrò una classe tutta mia e un armadio dove poter tenere tutto il materiale. Sono molto fiera.

Con mio marito quest’anno siamo anche riusciti, attraverso la raccolta di fondi tra amici e associazioni genovesi, a far costruire una piattaforma in cortile per far mangiare i bambini nel pulito. Inoltre, al ritorno delle vacanze,  i bambini troveranno anche un nuovo gioco accanto alle due barre di metallo. Piccoli avanzamenti e piccole soddisfazioni che mi fanno vivere un po’ più a mio agio in questa realtà così diversa.

Staremo ancora un anno in India, forse un po’ di più… e poi chissà, magari qualche altro paese, magari si torna a Parigi… magari a Genova… Genova che sento ancora come la mia città, nonostante siano già sei anni che sono lontana (e che nei momenti di nostalgia vaneggiante considero la città più bella del mondo.)

Sono contenta di avere del tempo qui per poter fare un po’ di volontariato. Nella vita “normale”, in questa fase della mia vita, sarebbe stato praticamente impossibile tra lavoro, figli ed occupazioni domestiche; mi trovo veramente in una posizione privilegiata. E nonostante a Chennai la vita sia piuttosto complicata, mi sento di dire che qui siamo proprio felici, io e la mia famiglia. E  sicuramente il fatto di essersi presi un po’ a cuore i bambini di questa scuola, contribuisce a farci stare bene.

Ci sono due libri che vorrei consigliarvi sull’India: La Speranza Indiana,  di Federico Rampini, edizioni Mondadori, 2007 (propone una visione alquanto ottimistica dell’India) e Maximum City, Bombay città degli eccessi, di Suketu Metha, edizioni Einaudi, 2006 (descrive con cupa obiettività la realtà di Bombay del giorno d’oggi).

 

Elisa
Chennai, India
Marzo 2009
Foto principale: Roman Fox su Unsplash
Le altre sono di Elisa

Già che sei qui ...

... possiamo chiederti di offrirci un caffe ? Scherziamo, naturalmente, ma fino a un certo punto. Come forse avrai notato, Expatclic non ha  pubblicità nè quote associative obbligatorie. Da 19 anni lavoriamo volontariamente per garantire dei contenuti e un'assistenza di qualità alle espatriate in tutto il mondo. Mantenere un sito di queste dimensioni, però, ha dei costi, che copriamo parzialmente autotassandoci e con donazioni spontanee di chi ci segue e apprezza da anni. Se tu potessi dare anche solo un piccolo contributo per coprire il resto, ti saremmo immensamente grate ♥ Puoi sostenerci con una donazione, anche se piccola. Grazie di cuore.
Subscribe
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments