Home > Famiglia e Bambini > Gravidanza > Partorire in Norvegia, l’esperienza di Venusia
partorire in norvegia

In questo articolo Venusiaexpat condivide la sua esperienza e ci racconta com’è stato partorire in Norvegia.

 

Partorire in Norvegia non era nei miei piani, non pensavo che avrei avuto dei figli. A sette anni dal mio arrivo ad Oslo, invece, avevo davanti agli occhi un test di gravidanza positivo. Io.

All’inizio ero talmente incredula che sono andata dal dottore per assicurarmi che fosse vero, e poi ho chiesto anche un’ecografia. E’ stato l’inizio di un percorso pieno di sorprese.

Niente ginecologo

Per quanto basso fosse il mio interesse sul tema, avevo comunque sentito parlare in Italia di ginecologi, ecografie frequenti, diete ecc. Invece il mio medico curante, una simpatica e preparata dottoressa di origine pachistana, anche lei incinta, mi ha fatto delle analisi di base (che in Norvegia si fanno di solito direttamente nello studio del medico di base), e prenotato l’ospedale di nostra scelta (di sua, dovrei dire, dato che noi non avevamo idea di quale convenisse scegliere).

partorire in norvegiaLe consultazioni sono gratuite e si possono fare in orario di lavoro. I controlli sono fatti, a scelta della persona incinta, dal medico curante oppure da un’ostetrica (jordmor) che si trova nel centro di salute di quartiere (helsestasjon).

Per la prima gravidanza mi son fatta seguire dal mio medico di famiglia. Quando io ero di sette settimane, lei è entrata in maternità e noi avevamo traslocato, per cui sono andata dalla jordmor di quartiere, che si è rivelata dolcissima e mi ha seguita e coccolata per il resto della lunghissima gravidanza.

Una gravidanza (molto) poco medicalizzata

Gli esami successivi alla prenotazione dell’ospedale sono stati l’acido folico e poi niente. Si, niente, perché la procedura standard per le ecografie e controlli si possono riassumere brevemente:

8 appuntamenti di controllo incluso 1 screening ecografico durante la gravidanza (sì, una sola ecografia,attorno alla diciottesima settimana!). Ecco qui alcune informazioni ufficiali, in inglese: https://helsenorge.no/

Alla notizia di una sola ecografia ero andata un po’ in panico. Lo ammetto. Volevo sapere tutto, capire se c’erano problemi. Nel frattempo frequentavo un forum italiano di mamme in attesa (poi diventato un gruppo facebook che ancora esiste dopo 6 anni!).

Loro andavano a fare mille controlli, e io niente. Ma più andavo avanti, più notavo la tensione che le accompagnava prima dei controlli, mentre io facevo semplicemente la mia vita, senza insaccati crudi.

Ho cominciato ad abituarmi all’idea di una gravidanza poco medicalizzata, ad amarla, anche. Ho scoperto anche che, in caso di minimo dubbio, il personale medico non era restio ad un’ecografia di controllo. Per cui nei nove mesi ne ho fatte 3 o 4, tutte gratuite in ospedale. Con la seconda gravidanza invece, ne ho fatte tante di più, perché a causa di una vacanza, eravamo a rischio Zika, e nell’incertezza generale sul dafarsi, i controlli sono stati molto più frequenti (ma poi è andato tutto benissimo).

Nessuna voce pervenuta sulla preparazione al parto. Nessun corso di respirazione come nei film americani. L’ospedale organizzava un corso di un paio d’ore, teorico e a pagamento, al termine del quale avevo una fifa matta.

Le parole sconosciute

Una delle cose che mi hanno divertita di più durante la gravidanza, sono stati i termini usati dal personale sanitario. Le parole tecniche derivano dal latino, per cui mi erano ben comprensibili, ma i termini correnti norvegesi sembrano usciti dalla mitologia nordica: la placenta diventa morkaka ovvero una specie di torta della mamma. L’ostetrica è jordmor, una sorta di madre terra. L’utero diventa livmor, la mamma della vita, potremmo dire, e così via.

Ospedale o hotel?

partorire in norvegia

Foto Credit Booking.com

Nel nostro ospedale Ullevål Sykehuset, si possono scegliere due strade, quella standard, e quella chiamata ABC, concentrata sul parto più naturale possibile. È una scelta che si fa all’inizio, perché in ABC si è seguiti per tutto il periodo. Io ho scelto la procedura standard, ed ho partorito a ben 42+5 settimane, indotta allo scadere della 41. Un parto lungo e magari complicato, ma posso dire che con entrambi i bimbi ho avuto accesso ad una struttura moderna, all’epidurale e alla spinale senza accordi precedenti, ed ad ostetriche di alto livello. I medici arrivano solo all’occorrenza, ormai lo avevo imparato.

Per me sono state entrambe belle esperienze. Parlavo già norvegese, ma immagino che lo staff parlasse anche un inglese decente (se necessario si può richiedere un interprete). Bisogna tener presente la possibilità che capiti personale svedese, un piccolo scoglio se si è agli inizi con il norvegese.

La parte più bella, oltre ovviamente ad aver incontrato finalmente i miei figli, è stata arrivare in camera. Infatti, se non ci sono complicazioni, la maternità ad Ullevål è una sorta di hotel, con comode camere doppie, divanetti,TV, grandi finestre e bagno privato, che si affacciano su normali corridoi ospedalieri. La nuova famiglia, incluso il partner (che però paga) può stare insieme giorno e notte per i 2-3 giorni di degenza. L’ospedale fornisce sapone, pannolini, intimo per la mamma ed anche gli abiti per il piccolo, per cui la famosa valigia diventa quasi superflua. Però, per mangiare, bisogna andare alla mensa self service!

Il congedo, sogno scandinavo

È risaputo che in Scandinavia sono anni luce avanti in questo. Allora la faccio breve, le regole cambiano leggermente di governo in governo, ma in generale possiamo dire che, se si hanno i requisiti:

  • Il congedo parentale è pagato al 100% per 49 settimane, oppure all’80% per 59 settimane. C’è un tetto massimo, ma spesso i datori di lavoro pagano l’eventuale differenza. In linea generale si lavora fino alla 37esima settimana.
  • Ci sono delle settimane dedicate alla mamma, altre all’altro genitore, il resto da gestire tra i due.
  • Il partner ha anche un congedo di 2 settimane non pagate all’inizio, ma la maggior parte dei datori di lavoro le pagano.
  • Asilo, o meglio giardino dell’infanzia, dal compimento del primo anno del pargolo (anche se possono esserci dei ritardi).

Tutti questi diritti riguardano i genitori del nascituro, senza distinzione di genere dei due. Le informazioni a riguardo si trovano sul sito nav.no.

Il fatto che il congedo sia condiviso è, a mio avviso, importantissimo per rendere uomini e donne meno diversi agli occhi dei datori di lavoro. Oltre che, ovviamente, per creare un legame forte col bambino ed un migliore equilibrio nella gestione della famiglia.

partorire in norvegiaNiente pediatra

Anche la crescita del bambino è poco medicalizzata, tutti i controlli nelle settimane e mesi successivi avvengono alla helsestasjon, dove viene assegnata una puericultrice che viene anche a domicilio per la prima visita. La helsestasjon, se lo si vuole, crea anche gruppi di neo-mamme nel quartiere, con cui ci si può incontrare per confrontarsi, e supportarsi nei mesi di congedo. In caso di malattia i bimbi vanno semplicemente dal medico di famiglia.

Fortuna?

Immagino che la mia esperienza non possa rispecchiare quella di tutte, ma personalmente mi ritengo fortunata ad aver avuto i miei figli in Norvegia. Anche perché poi noi genitori abbiamo potuto facilmente coniugare lavoro e famiglia. Ma questa è un’altra storia.

Non esitate a contattarmi se avete bisogno d’informazioni in merito alla gravidanza ad Oslo.

 

Venusia Vinciguerra Veum (Venusiaexpat)
Strasburgo, Francia
Dicembre 2018
Foto ©VenusiaVinciguerraVeum

 

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