Home > Arte e Cultura > Tradizioni > Pasqua in Norvegia e altre tradizioni sparse

Che ci crediate o no, avevo scritto questo articolo un anno fa, quando alcune redattrici di Expatclic si erano riunite in un caffè a tema, per condividere alcune delle loro esperienze di tradizioni nel mondo. Non so perchè non l’abbiamo pubblicato, ma ne approfitto ora, che sta arrivano la Pasqua, visto che Venusiaexpat ci aveva parlato della Pasqua in Norvegia.

 

Come avevo spiegato in questo mio articolo, le tradizioni in espatrio sono una chiave importantissima per penetrare le culture con le quali entriamo in contatto. Scoprirne e assorbirne di nuove, ed integrarle, magari modificandole, nelle nostre routine, è inoltre un fattore di cambiamento e sviluppo delle nostre identità.

Nell’incontro a cui accennavo sopra, io, Angela, Barbara e Venusia abbiamo raccontato alcune delle tradizioni in espatrio che ci hanno più marcate. Eccovele.

Angela e il “pacco da giù”

La nostra Angelaexpat è pugliese. Verace e vivace. La conosciamo ormai da anni, e tantissime sono state le occasioni per scoprire la sua meravigliosa regione attraverso i suoi racconti. Del “pacco da giù” però, non ci aveva ancora parlato. E abbiamo scoperto cose interessantissime.

Innanzitutto, che non importa la location geografica in cui ci si trova rispetto al punto da cui il pacco viene spedito: il “pacco da giù” viene da giù e punto.

Non sapevamo, inoltre, che il “pacco da giù” è l’espressione perfetta della vita stessa: è un’arte, una maestria, espressione della personalità, contenitore di valori, oltre che di cose buone, e manifestazione d’amore.

A seconda di come il pacco viene confezionato, si può capire tantissimo di chi lo prepara. Angela raccontava ad esempio che sua mamma, vera maestra ed esperta del “pacco da giù”, probabilmente in virtù del fatto che ne confeziona di continuo, ha un’arte tutta sua di riempire eventuali buchi con gli oggetti più disparati.

Il contenuto, appunto: è lì che si esprime l’amore, la cura e l’attenzione che devono valicare frontiere e arrivare a chi lo riceve. Il “pacco da giù” può contenere di tutto: olio, vino, taralli, olive, cibarie varie, ma anche ceramiche, multi vitamine, bambole, libri, regali…persino piantine e semi.

E a proposito di bambole, troppo divertente è stato il racconto di quando un caro amico di Angela ha cercato di aiutare la “nonna”, la quale voleva mandare una bambola alla sua secondogenita. Si è tentato in tutti i modi di inserirla nel “pacco da giù” già in formazione dalla sopracitata mamma maestra del pacco, ma alla fine si è dovuto fare un “pacco da giù” apposito che conteneva solo la bambola. Dulcis in fundo: insieme alla bambola le è arrivato un altro “pacco da giù” per sbaglio, ovvero un pacco non destinato a lei ma al quale hanno incollato la stessa etichetta della bambola. Nonostante il pacco fosse stato confezionato da sconosciuti, si sentiva la passione e l’amore di chi l’aveva preparato.

Quanto affetto viaggia in questi pacchi, e quanto importanti diventano per chi li riceve e, attraverso di loro, respira un po’ dell’atmosfera della casa lontana…

I fantasmi indonesiani di Claudiaexpat

Come raccontavo alle amiche, di tutti i paesi nei quali ho vissuto, nessuno mi ha impressionato come l’Indonesia per quantità e qualità di credenze, rituali e riti che vanno dai più esoterici ai più spudoratamente materiali.

Tra questi ultimi non ho potuto non accennare alla mania (peraltro credo diffusa in tutto il sud-est asiatico) di usare gli smartphone a gogo, e soprattutto per produrre una quantità di selfie inimmaginabile. Se popolati fino a scoppiare, meglio ancora. L’importante è scattar foto. Addirittura, una volta, al primo invito ufficiale che io e mio marito abbiamo fatto per i suoi colleghi di lavoro, tre ragazze che non avevo mai avuto il piacere d’incontrare, hanno bellamente ignorato i miei sorrisi di benvenuto per fiondarsi sotto un quadro appeso alla mia parete, e immortalarsi col tipico sorriso da selfie.

Questi, però, altro non sono che rituali che esprimono la tendenza alla collettività degli indonesiani, che ho amato e adorato anche per questo. Memorabile resterà sempre nei miei ricordi il week-end – una volta di più – con tutti i colleghi di mio marito e le mie famiglie, e che è stato chiamato Family Funday. Un’organizzazione ineccepibile, con tanto di magliette stampate per l’occasione, pranzi al sacco, e giochi a profusione.

Quello però che più mi premeva raccontare è che in Indonesia c’è la radicata convinzione che i fantasmi esistono e s’installano felicemente nelle nostre case, provocando, a seconda del carattere che hanno, momenti di tensione o di vivi e lascia vivere.

Certo, non è una cosa nuova, quante credenze popolari, e quante persone al mondo credono ai fantasmi? La cosa sconcertante, almeno per me che sono una pragmatica a tutto tondo, è che la convinzione pacifica e incrollabile, scuote persone di tutti gli strati sociali, livelli d’istruzione ed esperienze di vita.  Vedere un medico chirurgo che organizza una festa per dare il benvenuto al suo fantasma nella nuova casa, mi ha fatto un po’ impressione.

Sì, perché a Jakarta, dove ho vissuto quattro anni, ci sono varie situazioni: o il fantasma vive già nella casa che si va ad affittare, o decide di installarvisi a posteriori – o di abitarla appena viene costruita. È dunque importante chiamare un cacciatore di fantasmi che stabilisce il numero e il grado di affabilità degli stessi, e suggerisce i provvedimenti da prendere. Nel caso di spiriti benigni, si può tranquillamente vivere la propria vita senza timori, ma se i fantasmi sono bizzosi o cattivi, allora bisogna tentare di convincerli a cercarsi un’altra dimora (e questo lo fa sempre il famoso cacciatore). Se questa strategia non funziona, è importante capire quali gesti e rituali evitare come la peste, pena l’inasprimento di carattere del fantasma con cui conviviamo, che potrebbe davvero diventare dispettoso.

Robe da matti? Forse per noi sì. Per molti indonesiani, decisamente tutto nella norma.

Pasqua in Norvegia con Venusiaexpat

Per illustrarci le particolarità della Pasqua in Norvegia, Venusia aveva preparato un bellissimo power point e abbiamo capito subito il perché. C’è, infatti, un colore molto specifico che accompagna tutte le piccole e grandi tradizioni pasquali nel suo paese d’accoglienza: il giallo arancione.

Questo colore caratterizza molti dei momenti del periodo pasquale norvegese. Innanzitutto, lo si ritrova in quasi tutti i prodotti del quick lunch: insieme alle arance, questo costituisce il pranzo al sacco tipicamente pasquale. Perché a Pasqua in Norvegia si va in montagna, e si mangia al sacco, facendo magari un bel falò sulla neve. Alcuni pasti sono addirittura accompagnati da istruzioni e cartine per meglio orientarsi nei sentieri di montagna.

Dopo la gita, però, si va a casa, e la casa nel periodo pasquale norvegese dev’essere completamente decorata di giallo pasquale: cuscini, tovaglie, candele, tutto il possibile dev’essere giallo.

In questa bell’atmosfera, cosa fanno i norvegesi nelle loro case durante il periodo pasquale? Leggono! Ma non libri qualsiasi. Il libro pasquale è il giallo (che non ha nulla a che fare con il colore). Vengono addirittura pubblicate delle raccolte di gialli sotto al nome di “Gialli pasquali”. I bimbi non leggono gialli, ma anche per loro ci sono apposite letture per questo gaio periodo.

La partecipazione è così alta, che da qualche anno c’è anche un programma radiofonico (si chiama Labirinto del Mondo) che è una sorta di caccia al tesoro nella quale una persona telefona per indovinare un determinato oggetto. Fatto questo, si può passare all’oggetto successivo, e così via si raccolgono indizi per indovinare qual è il paese misterioso.

Che rituali simpatici!!!

Il Bat Mitzah a Melbourne, Australia

Il marito di Barbaraexpat appartiene a una famiglia di ebrei liberali. In virtù di ciò, Barbara non ha dovuto convertirsi all’ebraismo quando l’ha sposato e le sue figlie sono riconosciute ebree dalla comunità.

Le tradizioni ebraiche sono in qualche modo parte della loro cultura famigliare. Al punto che la sua primogenita, Julia, ha richiesto di fare il Bat Mitzah (da non confondere con Bar Mitzah che è riservato ai maschietti). È la cerimonia che celebra l’entrata nell’età matura (12/13 anni) e la presa di responsabilità dei giovani ebrei.

Barbara, che ritiene importante la presenza di riti e tradizioni nella sua vita e in quella delle figlie, ha seguito la preparazione con grande partecipazione. Il percorso è piuttosto lungo ed impegnativo e dura un anno.

In questo anno, Julia ha frequentato regolarmente il servizio dello Shabbat (al sabato mattina) alla sinagoga in modo da potersi sentire parte della comunità ed imparare la struttura del servizio.

Inoltre, ha partecipato settimanalmente a quello che noi chiamiamo catechismo, per imparare a leggere il suo pezzo di Torah che, essendo in ebreo antico e senza vocali ha richiesto parecchio studio.

Durante questo percorso è stata seguita da un mentore. Oltre a leggere dalla Torah, infatti, è parte della cerimonia discutere il pezzo di fronte alla congregazione. Nell’anno di preparazione, Julia ha dovuto trovare un significato relativo alla sua vita nel suo pezzo, il mentore ha un ruolo importante nell’incoraggiare questa riflessione.

Una volta al mese, inoltre, viene offerta una classe da frequentare con un membro della famiglia o amico. Barbara ha partecipato a questa classe e la titubanza iniziale si è trasformata in arricchimento.

All’inizio della cerimonia Julia ha ricevuto il Tallit, lo scialle rituale. Il servizio religioso dura circa due ore, non è un servizio particolare ma il regolare Shabbat del sabato mattina. Famiglia e amici di Julia hanno partecipato leggendo salmi e letture. Barbara, non essendo ebrea, non ha potuto leggere i testi sacri ma ha partecipato leggendo una poesia a lei cara.

Il momento in cui Julia ha discusso il suo pezzo della Torah è stato per Barbara molto significativo e commovente.

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Insomma, abbiamo fatto un giro del mondo non indifferente, dalla Pasqua in Norvegia al Bat Mitzvah in Australia passando per la Puglia e il suo pacco da giù e i fantasmi dell’Indonesia.

E’ stato meraviglioso. Talmente meraviglioso che stiamo pensando di mantenerlo come appuntamento semi fisso. Cosa c’è di più bello che esplorare nuove culture tramite le parole di chi le ha penetrate e le vuole condividere?

 

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Ginevra, Svizzera
Aprile 2022
Foto: ©Claudiaexpat, ©Angelaexpat e ©Venusiaexpat

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