Home > Uomini Expat > Intervista a Paul, uomo accompagnante a Gerusalemme
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Claudiaexpat ha incontrato un gentiluomo britannico che segue la sua compagna a Gerusalemme, e l’ha intervistato per noi. Grazie Paul!

Paul non è il tipico uomo accompagnante, ammesso che tale concetto esista. Innanzitutto ha ottant’anni, cosa che non immaginereste mai se non ve lo dicesse, e senza conoscere la sua incredibile esperienza di vita. Secondo, a differenza di tutti gli uomini accompagnanti che ho incontrato finora, Paul si è unito a un’associazione di benvenuto di donne a Gerusalemme, e non è scomparso dopo il secondo incontro. Ha insistito per farne parte, ha sottolineato che il gruppo aveva accolto anche un uomo quando circolavano delle mail che cominciavano con “Care signore”, e non si è perso d’animo quando gli toccava partecipare a pranzi nei quali l’unica presenza maschile a parte la sua era quella del gatto di casa.

Il suo atteggiamento mi ha molto sorpresa: nei miei 24 anni all’estero, e dopo aver frequentato ogni sorta di gruppi di donne expat in tutto il mondo, ero sicura che l’incompatibilità tra gli uomini e questo tipo di associazioni fosse invalicabile. La mia esperienza personale mi ha insegnato (quantomeno finora) che per un uomo accompagnante è molto più semplice relazionarsi alle donne singolarmente, piuttosto che provare quel senso di appartenenza e condivisione che è necessario per far parte di un gruppo. Non ho mai incontrato – prima di Paul – un uomo che partecipava a uno dei nostri incontri e tornava con entusiasmo per continuare a far parte delle nostre iniziative. Potrebbe essere una questione d’età – quando hai accumulato un’esperienza come quella di Paul, probabilmente non sei più timido e riservato, vivi in maniera più rilassata.

Avevo visto Paul un paio di volte a qualche incontro, e a un pranzo mi sono trovata seduta di fianco a lui. Ero incuriosita da questo maturo signore che sembrava essere stato ovunque nel globo, e non era avaro nel parlare del suo passato. Ho chiesto a Paul se potevo incontralo per parlare a fondo della sua esperienza di uomo accompagnante, e lui ha gentilmente accettato. Ci siamo incontrati a casa sua, e davanti a un caffè Paul mi ha raccontato di sè, della sua vita attuale a Gerusalemme con la sua compagna, che lavora per un’organizzazione umanitaria, e della sua esperienza passata in Israele, dal 1963 al 1967.

uomo accompagnante

Un incontro alla Jerusalem Expat Network

All’epoca era un paese completamente diverso” mi ha detto Paul. E ha sottolineato: “completamente diverso. Non puoi immaginare lo shock che ho avuto tornandoci oggi. L’atmosfera è totalmente cambiata. L’odio e il razzismo si sono sostituiti all’entusiasmo di un paese che nasceva, dove un atteggiamento comune e egualitario e il sogno di una società sul modello del kibbutz pervadevano tutti gli strati delle comunità locali. A quei tempi non esistevano divisioni: arabi ed ebrei vivevano insieme, si parlavano. Era un paese giovane e pieno di entusiasmo, abitato da persone che davvero credevano in un futuro ricco e uguale per tutti”. Poi, però, le cose han cominciato a cambiare.“L’indennizzo che il governo tedesco ha deciso di pagare a ogni ebreo che era passato o aveva perso uno o più membri famigliari nell’Olocausto aveva tutte le migliori intenzioni, ma ha generato conseguenze nefaste: sono cominciati ad arrivare i soldi, e chi non aveva niente si è trovato all’improvviso con una piccola fortuna. Questo ha cambiato rapidamente la mentalità in Israele: ho visto la società muoversi dal modello socialista verso una società di consumo. Ci si è spostati dall’interesse collettivo a quello individuale, e tutta l’atmosfera è cambiata. Allo stesso tempo c’è stato un altro evento importante: Eichmann è stato catturato in Argentina e portato in Israele per essere processato. In quei giorni si vedevano ancora molte persone con il numero del campo di concentramento tatuato sul braccio – erano i sopravvissuti dell’Olocausto che avevano scelto di vivere in Israele. I loro figli non erano passati direttamente per la Shoah, ma avevano vissuto il trauma attraverso i genitori. Quando Eichmann fu portato in Israele per essere processato, e tutto l’orrore dell’Olocausto è tornato a vivere, le generazioni più giovani si sono indignate e rivoltate contro i genitori, che accusavano di non aver fatto abbastanza per lottare contro il piano maligno. Anche questo ha contribuito a gettare il paese in un’atmosfera pesante, con le giovani generazioni contro le più anziane”.

Tutto questo, e tanti altri dettagli della vita in Israele che Paul mi ha raccontato mi hanno completamente affascinata. A quell’epoca però era Paul a portare con sè la famiglia. Era accompagnato da sua moglie e da una figlia, e un’altra figlia è nata proprio in Israele. Era un manager per la Banca Barclays, una carriera che l’ha portato letteralmente in tutto il mondo. Nato in Inghilterra, Paul aveva scelto la Nuova Zelanda come base. Ha perso due mogli e una figlia di quarantacinque anni per cancro. Mentre studiava spagnolo in Ecuador, ha incontrato la sua partner, la donna che sta “seguendo” al momento. “Sono stato fortunato ad aver incontrato Maite”, ha continuato Paul. “Ero in Ecuador per imparare lo spagnolo, e lei si preparava per una missione in Colombia. Ci siamo incontrati sui banchi”. Paul ha seguito Maite in Colombia, quindi hanno deciso di trasferirsi in Nuova Zelanda, un paese che Paul ama profondamente. Una volta là, Maite ha fatto un PhD sul tema “Flessibilità e Adattabilità dei Rifugiati in un Paese Alieno”, che è stato usato più avanti dal governo nel formulare nuove politiche sui rifugiati. Dopodichè Maite si è spostata a Ginevra per la sua organizzazione, e Paul l’ha seguita. Quando è arrivata l’offerta di spostarsi a Gerusalemme, Paul era pronto. “Maite è una donna eccezionalmente intelligente, ed è proprio quello di cui ho bisogno”, mi ha detto, “ho bisogno di essere sfidato da menti intelligenti. Questa è una delle ragioni per la quale non mi stanco di far parte della Jerusalem Expat Network. Questo gruppo è composto da donne intelligenti ed estremamente interessanti. Non so se è fortuna o se il fatto di vivere in un paese con un tale livello di sfide rende le persone più coscienti e le spinge all’analisi, ma vi trovo tutte preparate e interessanti. Il livello di “cervello” del gruppo è eccezionalmente alto”.

Ho chiesto a Paul come trascorre le sue giornate e come si sente a Gerusalemme senza un lavoro che gli riempie il tempo. “Non è per niente un problema” ha risposto, “Sono sempre impegnato – gioco a bridge durante la settimana, partecipo alle attività della JEN, leggo, visito e mi occupo della casa”. E non è tutto: prima che me ne vada Paul mi dice che sta scrivendo un romanzo. Che promette di essere molto, molto interessante. Con tutto quello che ha vissuto e imparato, sarebbe davvero un peccato se Paul non trovasse il modo di condividere la sua immensa esperienza ma, soprattutto, la sua energia e la sua passione per la vita

 

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Gerusalemme
Settembre 2013

 

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