Home > Testimonianze > Le interazioni sui social: un affare complicato

In quest’articolo Claudiaexpat riflette sulla sua esperienza con i social per provare a trarre qualche conclusione su alcuni comportamenti piuttosto diffusi nelle relazioni virtuali.

 

Sono sui social da tanti anni. Alcuni li amo, di altri ne ho bisogno. Alcuni mi servono per tener vivi i miei progetti e le mie passioni. Dato che ho avuto una vita piuttosto internazionale, e che parlo qualche lingua al di fuori dell’italiano, non mi limito a comunicare sui social solo nella mia lingua madre, e appartengo anche a gruppi di altre nazionalità e culture. Penso quindi di poter affermare con abbastanza sicurezza che alcune interazioni sui social trascendono l’appartenenza culturale. Per spiegare i miei punti, però, mi concentrerò un po’ di più sui gruppi italiani, perché è lì che si è sviluppato il grosso della mia esperienza.

La grande Alessandra Farabegoli, che è stata ospite del nostro Gruppo di Mentoring di Carriera, ci faceva riflettere sul fatto che non è Internet che crea i fenomeni, ma li rende solo visibili, o più visibili, a chi vuole leggerli. Quindi partiamo dal presupposto che quelli che chiamiamo “fenomeni” contengono segnali molto illuminanti su come gli individui gestiscono le loro relazioni e il loro modo di comunicare a prescindere dal luogo in cui si trovino, sia questo reale o virtuale.

E se partiamo dal presupposto che la cultura è l’insieme di codici, regole e comportamenti comuni a un gruppo nella gestione delle sue relazioni, a qualsiasi livello, ne consegue che anche nel virtuale si esprimerà, in qualche modo, quella parte che ci ha forgiato in quanto esseri culturali.

Ad esempio, il concetto di culture dirette e indirette si esprime appieno anche semplicemente nella composizione di un messaggio di posta elettronica: laddove una persona appartenente alla prima dimensione tende a scrivere un messaggio breve, diretto e senza troppi fronzoli, individui plasmati in culture indirette ricorrono a molte più parole, formule formali, emoticon e informazioni non necessariamente utili allo scopo, al solo fine di arricchire il messaggio.

La verbosità è uno dei primi tratti culturali che riconosco sui social. Nei gruppi anglosassoni, i messaggi sui vari Facebook, Linkedin e compagnia, sono in generale più brevi, incisivi e sbrigativi. Sui gruppi di italiani o francofoni, le parole si sprecano. E non sto giudicando: a me piace parlare, scrivere e leggere, però e fuori discussione che lo stile comunicativo dei miei connazionali e dei cugini d’oltralpe è parecchio più verboso di quello dei nostri amici del mondo anglosassone.

Del resto, lo stereotipo dell’italiano chiacchierone, caciarone e anche un filo pieno di sé e arrogante, impera. Come tutti gli stereotipi, esprime solo una parte di verità – lascia cioè fuori tutta quella fetta di popolazione che dà vita a figure completamente opposte.

A guardare però molti modi di porsi di alcuni italiani, non posso far altro che trovare corrispondenze piuttosto veritiere su questa figura. Guardate ad esempio questo:

Questo signore fa parte di un gruppo su cui avevo chiesto un consiglio. Mi erano state indicate diverse figure che potevano aiutarmi a risolvere il mio problema, lui tra questi. Tra i vari commenti, qualcuno aveva aggiunto che non era saggio affidarsi a professionisti su FB. Il signore mi aveva contattata in privato per rinnovarmi la sua disponibilità, e aveva aggiunto di non dar retta a chi mi ammoniva di non usare figure professionali trovate sui social. L’avevo rassicurato circa il fatto che per me i social erano una fonte come un’altra per trovare contatti preziosi.

Poi avevo risolto la faccenda in maniera diversa, e non mi ero premurata di stare a contattare tutte le persone che mi erano state indicate – non mi sembrava onestamente nemmeno il caso, dal momento che non avevo preso alcun tipo d’impegno con loro.

Il fatto che questa persona si sia permessa di contattarmi privatamente per esprimere disappunto (e un giudizio di valore sul mio comportamento) mi ha lasciata basita. E più gli spiegavo, cortesemente, che avevo risolto la cosa in un altro modo, più lui debordava su commenti totalmente senza senso e fuori luogo.

Del resto, nei gruppi che pullulano su FB, la maggior parte delle persone esprime questo tipo di apprezzamenti in maniera totalmente pubblica. Al punto che spesso mi domando se la stragrande maggioranza degli utenti non si unisca a questi gruppi solo per il bisogno di sfogare frustrazioni che non trovano sbocco in altri canali. Sono giunta alla conclusione che è così: il ripetersi costante e quasi ufficializzato del fenomeno dell’aggressività non si spiegherebbe altrimenti.

Il COVID ha sicuramente esasperato questa tendenza, che però esisteva anche prima: in mancanza di canali di sfogo, i social sono il luogo perfetto per dare aria a frustrazioni, aggressività e scontento. Cose, queste, che spesso si sfogano in commenti sprezzanti o derisori:

Il punto che mi sembra importante parlando di interazioni sui social, con focus in particolare sull’espatrio, è che questo tipo di risposte, e in generale l’aggressività che trasuda da molti commenti, non fanno altro che scoraggiare chi scrive, e creare un ambiente tutt’altro che amichevole.

In un gruppo di italiani in Svizzera di cui faccio parte, non passa giorno che non ci sia qualcuno che risponde, in maniera totalmente gratuita e ingiustificata, con toni aggressivi, e si scatena la bagarre. E so che lo stesso accade in tanti altri gruppi di italiani all’estero, alcuni li ho frequentati in passato e per altri mi è stato confermato da chi ne fa parte.

In particolare, in questi contesti virtuali che vengono creati per accogliere, aiutare e facilitare l’ambientamento in nuove realtà, mi sembrerebbe opportuno (e umano) mantenere toni solidali e accoglienti. Spesso, per chi espatria ripetutamente, questi gruppi sono una fonte preziosissima non solo di informazioni pratiche e aggiornate, ma anche di calore umano, comprensione e vicinanza, tutte cose così importanti nei nostri primi tempi in nuovi paesi.

Un’occasione perduta, quindi, quando non si è in grado di interagire sui social in maniera civile e controllando il proprio linguaggio. E includo anche esempi di questo tipo:

Per concludere, mi sembra che i social abbiano apportato dei cambiamenti enormi e di grande valore alle nostre vite in espatrio. Bisogna però essere coscienti del fatto che spesso la complessità delle relazioni umane si trasferisce sui social senza filtri, e sapere quindi discernere, senza farsi troppo affliggere o ferire, quali sono gli ambienti virtuali che più rispondono ai nostri valori e alla nostra personalità, in modo da poter usufruire appieno degli innegabili vantaggi che Internet ha portato alle nostre vite.

 

Claudia Landini (Claudiaexpat)
Milano, Italia
Maggio 2021

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