Di questi tempi di cambio paese, vi proponiamo un articolo che Aleexpat aveva scritto vari anni fa, ma che è ancora, assolutamente valido. Cosa c’è dietro a una tavola expat? Come sviluppiamo i rapporti con la cucina del paese ospitante, come l’avviciniamo, quanto la integriamo nel nostro quotidiano? E come manteniamo vive le nostre fantastiche ricette e i sapori della meravigliosa cucina italiana?
Quando ci si trasferisce in un nuovo paese, si entra in contatto con nuove realtà, tradizioni e culture in maniera graduale. Tuttavia, a meno di voler morire di fame, una delle prime necessità resta il mangiare, e quindi il cibo, il ristorante e il piccolo negozio di alimentari all’angolo diventano le nostre prime esperienze dirette con la cultura e la cucina locale.
Pur non essendo grandi cuoche, è difficile non farsi tentare da sapori etnici o esotici, e il desiderio di scoprire profumi, colori e sapori della cucina locale, avrà presto la meglio – anche se, soprattutto all’inizio, ci sentiremo combattute tra due desideri contrastanti. Uno ci spingerà a concentrare tempo ed energie tentando di adattarci alla cucina locale, mentre l’altro si manifesterà in una forte spinta che viene dal nostro DNA made-in-Italy, che ci dice che la cucina italiana è sempre e assolutamente la migliore, e non possiamo abbandonarla per nessuna ragione al mondo. Con pazienza e buona volontà, troveremo presto un equilibrio.
“L’altra” cucina è sempre un’avventura interessante e arricchente, anche quando scopriamo che non è poi così lontana dalle nostre tradizioni e capiamo che in alcuni casi è anche più saporita e facile da preparare della nostra. Leggendo i vari topic nella sezione culinaria dei forum italiani di Expatclic, si può fare come per magia un giro del mondo che non vi lascerà deluse.
Con un volo nella fantasia, ci troviamo presto con ricette da far venire l’acquolina in bocca e il brontolio allo stomaco. Che bella sensazione: immaginiamo di mangiare una baguette calda e croccante per le strade di Parigi, mentre i nostri bambini addentano una chouquette.
In Svizzera è quasi impossibile non farsi tentare dal cioccolato, per non parlare della fonduta, specialmente se siete grandi fan del formaggio.
Restando in Europa, l’Olanda mette in mostra chioschi di arringhe crude con cipolle (qualcosa che ci vuole un po’ a digerire…ammesso di riuscirci!) e altri vendono delle irresistibili appelflappen: involtini di mela dolci al punto giusto. A Berlino sarete tentate dalle bratwurtz, salsicce di maiale, da mangiare all’aperto in inverno, con mostarda calda e il naso ghiacciato. La Spagna e la sua movida ci fanno sognare la paella, cucinata in mille modi diversi: dal più tradizionale con pollo e peperoni, o gamberi, o calamari, al più moderno con fagioli e carciofi.
I paesi arabi e l’Africa del Nord ci parlano di spezie e del sapore agrodolce delle “mille e una notte”: i nostri palati vengono stuzzicati dai falafel, polpette di ceci e coriandolo, dallo shawarma, il tipico panino arabo riempito di carne tagliata direttamente dal grill che gira, e dall’hummus e dalle foglie di vite arrotolate.
L’India ci porta verso sapori ben definiti che sono piccanti e delicate allo stesso tempo, e difficili da condensare in pochi piatti.
La cucina giapponese ha pesce e riso come ingredienti di base, è raffinata e sofisticata, e si mostra in superbe presentazioni dei suoi piatti.
In America del Sud, e più precisamente in Perù, il ceviche è considerato un patrimonio culturale nazionale: sembra che risalga a più di duemila anni fa. E’ fatto di pesce crudo freschissimo, marinato in succo di limone, e con l’aggiunta di cipolla e aji, il peperone peruviano che è alla base di un altro delizioso piatto, l’aji di gallina.
Altri paesi, però, ci rivelano realtà differenti: la nostra curiosità viene sì stimolata, ma ci manca spesso il coraggio di provare ricette i cui sapori sono molto, molto lontani dai nostri gusti.
Il Kenya ci offre la carne di zebra, in Australia e in Congo è molto facile trovare il coccodrillo nei menu dei ristoranti (una carne bianca, magra…l’ho provato ed è molto simile al pollo!). Sempre in Australia mangiano il canguro e l’emù (una specie di struzzo locale). A Stoccolma mangiano il cervo, in Sudafrica il filetto di antilope (e dato che ne esistono molte speci, avete la scelta tra lo springbok o il blesbok).
C’è anche ampio spazio per gli stomaci extra forti: in Tanzania i kumbi kumbi sono grasse termini grigliate sul fuoco fino ad abbrustlire, in Australia il bush è pieno di delicatezze: formiche, larve e coleotteri sono considerati ricchi in proteine e meno inquinati del cibo del supermarket. Potete mangiarli cotti o crudi…con una bella dose di coraggio!
In questo melting pot di tradizioni gastronomiche, la nostra splendida cucina italiana emerge forte e orgogliosa. La cucina italiana è riconosciuta globalmente. Penso che la possiate trovare anche nei luoghi più remoti del pianeta. Certo, a volte è maltrattata: gli spaghetti sono conditi con il ketchup (orrore!) e alla pizza si può aggiungere di tutto, per i gusti più concreti (uno special è l’ananas, per fare la tipica pizza hawaiana, e addirittura le fragole, il pollo e il pesto!). Persino le nostre splendide lasagne a volte sono difficilmente riconoscibili dopo un improbabile trattamento, specialmente se accompagnate da un cappuccino invece che da un bicchiere di vino!
Ma a questo punto possiamo intervenire per liberarci dall’orrore, e cominciare la nostra battaglia in quanto conosciamo la cucina perfettamente e non possiamo accettare che venga così brutalizzata. Perchè la cucina italiana è fatta di ingredienti semplici e genuini, e rispetta le tradizioni locali che ci portano dal nord al sud lungo tutto il paese, tra una grandissima varietà di piatti e di sapori.
Per questa e per molte altre ragioni – nostalgia, voglia di casa, o per i nostri bambini (e a volte anche per i nostri schizzinosi mariti), molte di noi affrontano il nuovo paese armate di tanta pazienza e corrono alla ricerca di quei negozietti, del supermarket particolare, di quel botteghino speciale, che ci permetteranno di ricreare la nostra solita pasta e i sughi di tutti i giorni, e di ridurre in modo semplice la distanza tra le abitudini locali e le nostre.
Un argomento interessante lanciato qualche tempo fa sui forum italiani chiedeva quale cibo italiano ci manca di più, quello che siamo sempre pronte a mettere in valigia anche se affrontiamo ore di viaggio, o ci tocca sfidare ferree regole doganali.
Il risultato è stato chiaro: il Parmigiano Reggiano è il vincitore indiscusso. Senza di lui, la cucina ha davvero poco sapore! Quasi a pari merito ci sono lo Stracchino, le cui imitazioni ci lasciano senza parole, l’olio d’oliva extravergine e il prosecco.
Ma ci mancano anche il caffè (di quella marca particolare), i Baci Perugina, i dadi e lo lievito per dolci, il pesto fatto con il basilico di Pra, la mozzarella di bufala e la burrata. E naturalmente gli affettati, che, secondo le statistiche nazionali, sono i nostri prodotti più esportati ma spesso non più freschi quando arrivano a destinazione…e che ci obbligano a spendere un sacco di soldi per soddisfare la nostra gola!
Eppure, per la nostra stupenda cucina, siamo pronte a fare questo…e molto ancora.
Buoni espatri a tutte!
Alessandra Giacchi (Aleexpat)
Perth, Australia
Tanti anni fa…