Home > Testimonianze > Le amiche e amici in patria dopo l’espatrio
amicizia

Il rapporto con le amicizie che si lasciano “alle spalle” quando s’intraprende il cammino dell’espatrio è un argomento molto delicato. Per stimolare la discussione su questo importante aspetto delle nostre vite di espatriate, abbiamo raccolto le testimonianze di tre di noi, Claudiaexpat, Giuliettaexpat e Silviaexpat, tre punti di vista e tre vissuti diversi, sperando che vi identifichiate in questi racconti, o che possiate arricchirli con la vostra esperienza.

L’equipe di Expatclic

Claudiaexpat

Anche se sono passati più di vent’anni da quei momenti, ricordo con precisione i sentimenti legati alla mia prima grande partenza (per il Sudan, nel 1989). Ricordo soprattutto il fervore degli amici e amiche nel prepararmi una degna festa d’addio, ricordo l’aspettativa che circondava questo mio nuovo periodo di vita, e persino i regali che ho scartato due sere prima di imbarcarmi sul volo della Sudan Airways – tutti azzeccati, partecipati, spiritosi, tipo un piccolo ventilatore manuale a forma di fiore, una pila da minatore (per leggere di notte quando andava via la luce), dei pantaloni larghissimi e leggerissimi, per affrontare il clima caldo e la vita in una capitale musulmana. Alcune delle persone riunite intorno al tavolo quella sera le ho perse di vista, con altre sono ancora in stretto contatto, con altre ancora il rapporto è andato sbiadendo, fino a ridursi a qualche sporadico messaggio.

E’ evidente che quando si va a vivere in una realtà totalmente diversa da quella sullo sfondo della quale erano nate e si erano sviluppate amicizie, è normale che venga a mancare un terreno comune di intesa, di condivisione, di attività. E che se si vuole mantenere vivo un rapporto, sulla base dell’affetto reciproco, bisogna darsi da fare perché ciò avvenga.

La cosa che mi ha sempre stupita, forse colpendomi in maniera più netta durante i primi espatri, è che a ogni ritorno in patria per le vacanze, mi rendevo tragicamente conto che quello che avevo da raccontare non interessava per niente le amiche alle quali parlavo. E non mi sto riferendo a semplici conoscenti, ma in molti casi proprio a quelle persone con le quali si vorrebbe condividere tutto, ma proprio tutto, compresi i sentimenti che maturano lontani da casa.

Io tornavo carica di esperienze nuove, di emozioni da raccontare, di aneddoti a mio avviso interessanti e coinvolgenti, e mi rendevo conto che gli amici intorno a me erano contenti semplicemente di avermi tra loro, ma non particolarmente interessati a mettere insieme i pezzi della mia vita lontana dalla nostra comune città.  Parlando con altre espatriate, ho avuto conferma del fatto che chi resta in patria fa molta fatica a trovare la pazienza per ascoltare una vita con la quale non ha appigli tangibili. Ricordo che un’amica espatriata in Kenya mi diceva che dopo un po’ che raccontava le sue avventure alle amiche milanesi, vedeva il loro occhio cominciare a vagare per la stanza, in una palese manifestazione di difficoltà di concentrazione. Anche se non è difficile capire perché una persona possa far fatica a seguire dei racconti con i quali non trova nessun appiglio reale, ho sempre trovato questa cosa un pochino offensiva e sicuramente per me di difficile gestione.

amiche

Io e Ingrid al Mar morto l’anno scorso

Col passare del tempo ho trovato più facile rapportarmi a persone che, al pari mio, vivevano un’esperienza di espatrio (ad esempio la mia grandissima amica di sempre, Ingrid, tedesca espatriata in Italia), che non alle amiche e amici di anni, che continuavano nella loro vita milanese (cosa ovvia e lecita, del resto) senza riuscire a darmi un pochino di spazio nel momento in cui rientravo.

Naturalmente poi, come tutto, anche questi sentimenti sono andati sviluppandosi e cambiando nel corso degli anni, così come sono cresciute e cambiate le persone che erano sedute al tavolo per la mia festa d’addio più di vent’anni fa.

C’è stata una fase durante la quale ho rinunciato a raccontare di me, e mi sono sforzata di vivere il rapporto in maniera transitoria, su basi comuni, magari parlando del passato, o di amici di vecchia data, o di argomenti di attualità italiana. Più avanti ho avuto una sorta di rigetto per questo atteggiamento di chiusura nei confronti di storie che venivano da lontano (e che erano, guarda caso, le mie storie) e ho smesso di darmi da fare per cercare di riallacciare i rapporti nel momento in cui tornavo.

Più recentemente ho considerato che forse il mio errore era di non riuscire a capire che è difficilissimo, se non impossibile, calarsi in certe realtà quando non le si vive sulla propria pelle. E che forse le orecchie di mercante di molti amici e amiche di fronte alle mie storie venivano proprio dal fatto che questi si sentivano privi di mezzi per accoglierle, contestualizzarle e commentarle.

Una cosa è certa: quando si espatria si vive in maniera molto più intensa perché aumentano incredibilmente gli stimoli, le opportunità e i cambiamenti. Tutto questo ci forgia in una maniera molto particolare, che per i nostri amici che restano in patria è molto difficile da comprendere. Soprattutto quando torniamo da paesi nei quali vediamo realtà particolarmente dure, cambiano i nostri valori, le nostre percezioni, cambia il peso che diamo alle cose, e cambia l‘ordine delle nostre priorità.

E’ sbagliato aspettarsi che chi resta in patria, dove le cose accadono in maniera molto più graduale in rapporto alle persone che siamo, e dove manca tutta la fetta costituita dalla sfida che è il mettersi in gioco in un contesto completamente diverso e sconosciuto, possa prontamente comprendere tutti i cambiamenti che sono intervenuti dal momento in cui ci si è lasciati.

E’ invece giusto fare, ma anche aspettarsi, uno sforzo per cercare di colmare il vuoto creatosi con mesi e mesi di distanza. E qui entrano in gioco tanti fattori, come la personalità di ognuno, il peso che abbiamo nelle vite altrui e quello che gli altri hanno nelle nostre, la quantità e la qualità del tempo che riusciamo a spendere insieme durante le nostre notoriamente incasinatissime vacanze.

Ci sono poi strategie, adottate più o meno coscientemente, a volte spinte dalle circostanze, che possono aiutare a tener viva un’amicizia tra due mondi così diversi. Il fatto ad esempio che amici e amiche si sforzino di venire a trovarci ha un’importanza enorme sul rapporto. Io ho amiche (poche) e qualche familiare che hanno conosciuto tutte o quasi le mie case all’estero, che sanno dare un volto ai nomi delle persone di cui parlo, che hanno toccato con mano la mia vita nei vari luoghi.

C’è poi la comunicazione a distanza, il fatto di scriversi, di raccontarsi. Io e mia cugina da anni e anni ci scriviamo tutti i giorni – e se non ci scriviamo è perché siamo veramente occupate. Questa corrispondenza fitta e partecipata, condita da tantissimo umorismo, al punto da diventare in certi momenti davvero terapeutica, ci permette di essere sempre l’una nella vita dell’altra, lei dentro ai miei espatri, alle persone che via via incontro, ai sentimenti che mi agitano, io dentro alla sua routine milanese, alle sue amicizie, ai suoi problemi di mamma alle prese con dei ritmi sfiancanti, etc.

Giuliettaexpat

14 anni fa sono partita, ho lasciato la mia Torino e quella simpatica banda di amici con i quali ne avevamo fatte di cotte e di crude, gli “amici di sempre”, come mi piace chiamarli, quelli che sono un po’ cresciuti con me, con i quali ci siamo trasformati in adulti.

Io sono un’animale sociale, l’amicizia e i rapporti con la gente sono per me l’essenza stessa della vita, senza relazioni con gli altri mi manca qualcosa, non sono una solitaria.

E certo lasciare il mio mondo e “tuffarmi” nel vuoto di un mondo tutto da ricostruire non è stato facile… soprattutto perché se da una parte avevo il bisogno urgentissimo di ricostruire delle relazioni, dall’altra una priorità era quella di mantenere salde quelle che avevo già, anche con la distanza…

All’epoca, non poi così lontana ma lontanissima dal punto di vista tecnologico, non c’era Facebook, non c’era Skype, le telefonate in teleselezione costavano un occhio della testa e le mail sono arrivate un po’ dopo…. Quindi all’inizio è stata tutta questione di volontà.

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Vent’anni fa…

La voglia di comunicare ai miei amici rimasti a casa la mia nuova vita e stare anche a sentire con orecchio attento e interessato quello che avveniva nella loro, la voglia di esserci anche da lontano e di non lasciarmi scappare gli avvenimenti chiave, le lauree, i matrimoni, la nascita dei primi bebè. E nello stesso tempo di coinvolgerli nei nostri avvenimenti speciali, come se li vivessimo insieme nonostante i chilometri…

Certo non è facile, ci vuole volontà da tutte le parti, ma quando le amicizie sono veramente tali non serve la quotidianità a tenerle in piedi. Anzi dopo 14 anni sono quasi convinta che certe amicizie siano ancora belle e intense proprio perché non sottoposte alla routine del quotidiano, del vedersi il sabato sera sempre con gli stessi amici, del trovarsi la domenica al parco tra bambini urlanti a raccontarsi sempre le stesse cose….

Non c’è la quotidianità ma c’è il resto, c’è il piacere condiviso del ritrovarsi dopo tanto tempo, del passare la serata a fare e disfare il mondo come quando avevamo vent’anni…vent’anni fa ! C’è una quotidianità diversa da raccontarci, che cambia e si trasforma e ci fa piacere condividere a parole…

C’è l’appoggio che anche da lontano ci si può dare nei momenti belli e in quelli più duri….

Con Francesca, la mia amica Francesca, abbiamo vissuto per mail le nostre gravidanze: io aspettavo Camilla, la mia numero tre, lei Bianca, la sua numero uno, e mail dopo mail ci siamo raccontate le nostre pance che crescevano, le nostre ecografie, i nostri pensieri e le nostre aspettative, io mi sentivo vicina a lei, e penso lei a me… e così è stato per mesi, poi ci siamo riviste io con un bebè di 20 giorni in braccio lei con un enorme pancione… Camilla e Bianca sono amiche adesso !

amiche

…e oggi!

E così si gioisce insieme anche quando i chilometri sono tanti…. Anche quando i bambini vengono al mondo alla fine dell’estate nel momento in cui noi siamo pronti a ripartire dall’altra parte del mondo e li vedremo nove lunghi mesi dopo… Lorenzo è nato proprio nel momento in cui prendevo il volo per il Giappone per la prima volta, sapevo che non l’avrei visto fino al luglio successivo, ma è stato come se fossimo lì anche noi a gioire con loro.

Dopo 14 anni sono convinta che le amicizie durino indipendentemente dalla lontananza, che le amicizie durano se si crede ad esse,  se si ha voglia di implicarsi anche da lontano, se non si da per scontato il fatto che gli amici siano lì…

Nel tempo poi alle amicizie si aggiungono amicizie, ognuna con le sue particolarità, ognuna nata in modo diverso e per ragioni diverse, ognuna da coltivare con entusiasmo, perché solo cosi arricchirà la nostra vita…

Certo ci sono amicizie che si perdono per strada, vecchie e nuove che siano… ma si sarebbero perse anche fossimo stati dietro l’angolo…

Adesso 14 anni dopo la mia partenza tutto è più facile, il computer aiuta, le mail, Skype, Facebook…. Gli amici sono vicini sempre ovunque uno sia, basta volerlo!

Silviaexpat

Il mio primo vero espatrio non me lo dimenticherò mai. Ero già stata un anno accademico in Siria, ma questa partenza per il Pakistan, così, per amore e (forse) per opportunità professionali, senza un biglietto di ritorno era una cosa nuova… Mi ricordo le mie amiche italiane più care, chi si preoccupava, chi entusiasta guardava sull’Atlante per capire dove cacchio stessi veramente andando… E grande ammirazione per mia madre che mi vedeva partire così davvero all’avventura senza chiedere troppo né farmi venire il cuore troppo grosso…

Una di loro mi accompagnò a Fiumicino, mi abbracciò e mi disse “Io non avrò mai la tua vita, ma tu in qualche modo, laggiù, cerca di vivere la mia…”. E così sono partita, portandomi dietro le sue parole e poi, una volta a Islamabad, Peshawar e Gilgit, ho scritto a lei e alle altre amiche decine e decine di lettere, fax, ogni tanto le chiamavo perfino… e il messaggio era sempre lo stesso, che mi mancavano moltissimo e che avrei voluto che godessero con me di quegli scenari incredibili, del viaggio in Cina, delle valli e delle montagne e delle genti che incontravo…

Al primo espatrio del resto tutto è molto intenso. Nel mio caso poi, non sapevo neppure se quell’esperienza (d’amore prima ancora che d’avventure) sarebbe stata lunga, corta o duratura. Ed è quindi in questo quadro che le amicizie più care mi hanno accompagnato, da lontano, in quei miei primi anni in Pakistan. Anche se assenti, con il pensiero e il loro appoggio, chi più chi meno, mi comunicavano affetto e solidarietà, ascoltando con attenzione le mie lunghe telefonate e soprattutto quando passavo per Roma, una volta l’anno, raccontando tutto del nuovo paese, gli orrori e le gioie, le scoperte e le frustrazioni.

Poi le cose si fecero via via sempre più complicate quando in realtà a quel primo espatrio ne seguì un altro, in India, poi in Armenia, poi di nuovo in Pakistan, nei Balcani, in Africa… Alla fine ci si accorge che non sempre è facile mantenere costanti e vivaci i rapporti con le amiche da cui via via ci allontaniamo, noi nel nostro mondo a loro sempre più sconosciuto, loro in un mondo – l’Italia –  cui noi poi fatichiamo a star dietro.

Carnevale a scuola nel 1971

Credo che questo succeda a molte di noi, soprattutto quando ci troviamo a vivere in paesi magari lontani o ‘difficili’, dove alla fine le nostre amiche non vengono a trovarci, confuse e spaventate anche dai costi, dal clima, dalle vaccinazioni, dalla lontananza… E senza accorgercene le nostre vite iniziano a svilupparsi in parallelo senza più molti punti di contatto. Nascono altri figli e noi non li vediamo se non già in età d’asilo; lo scapolone del gruppo finalmente si sposa e noi ne incontriamo la moglie solo dopo alcuni anni, un’altra si sposta in un’altra città e ne perdiamo le tracce… Inoltre, mentre noi diventiamo superesperte in tecnologia avanzate tra computer, satellitare, email, Skype etc loro, le amiche sedentarie, fanno fatica, non hanno la connessione internet in casa, o non sanno usare Skype, insomma… un divario sempre più grande che allontana nel tempo.

Rimpianti? Beh, sì, molte di noi vivono o hanno vissuto con amarezza e/o tristezza la fine di amicizie storiche, fine che in qualche modo si traduce con la perdita di una memoria condivisa, la scuola, l’adolescenza, il tempo in cui si è cresciute insieme… Proprio quella memoria che invece per molte di noi che lasciano l’Italia definitivamente rappresenta la Memoria di Sé, la Storia che ciascuna di noi si porta dentro. E che non si vorrebbe sradicare per forza, ma che vorremmo continuasse a vivere lì, in Italia – dove siamo nate e cresciute – grazie ai ricordi appunto condivisi con amici e parenti.

Con gli amici di scuola oggi

A questo proposito però devo dire di essere stata anche fortunata: infatti, se con la scelta dell’espatrio certe amicizie si sono ‘dissolte’ e magari altre hanno risentito della lontananza, altre vecchie amicizie sono ricomparse all’orizzonte, magari proprio perché incuriosite dalla mia storia di ‘vagabonda’… Così per esempio è con grandissimo entusiasmo che da qualche anno rivedo a Roma i miei vecchi compagni di scuola delle … Elementari! Che mi riempiono di una gioia di cui neanche loro si rendono conto perché mi ricordano chi sono stata, mi ripropongono insomma una Silvia che alla fine fin da piccolina aveva l’espatrio, l’avventura e l’interesse verso il mondo “scritto negli occhi”… per dirla con uno di loro…

Giugno 2011

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